Dopo aver analizzato, nel precedente articolo del 3 novembre scorso, le motivazioni e le pratiche di base della concimazione autunnale dell’olivo, approfondiamo ora gli aspetti tecnici e gestionali di questa fase cruciale, differenziando strategie e dosi nei vari areali italiani.
L’obiettivo è ottimizzare la restituzione dei nutrienti asportati dalla fruttificazione, migliorare la fertilità biologica e accompagnare la pianta verso il riposo invernale in equilibrio fisiologico.
Effettuata subito dopo la raccolta, la concimazione autunnale serve a ricostituire le riserve nutritive esaurite durante la fruttificazione e a favorire l’accumulo di sostanze di riserva nei tessuti legnosi e radicali, in vista della ripresa vegetativa primaverile.
Le temperature miti e l’umidità residua del suolo favoriscono ancora l’assorbimento radicale dei nutrienti, consentendo all’olivo di prolungare la propria attività fotosintetica. Negli ultimi anni gli autunni si sono però allungati e riscaldati, le temperature del suolo restano sopra i 10 °C fino a dicembre, mantenendo l’apparato radicale attivo più a lungo e permettendo alla pianta di accumulare nutrienti sotto forma di riserve energetiche. Quando invece il suolo scende sotto questa soglia, l’attività radicale rallenta drasticamente e la concimazione perde efficacia.
Definizione delle dosi e criteri di calcolo

Un oliveto con produzione media di 40 q/ha di olive asporta indicativamente:
- 20–25 kg/ha di fosforo (P₂O₅);
- 80–100 kg/ha di potassio (K₂O)
Valori di riferimento:
terreni fertili o ricchi di scheletro → 20 kg P₂O₅ e 60 kg K₂O/ha;
terreni mediamente fertili → 25 kg P₂O₅ e 80 kg K₂O/ha;
terreni poveri o sabbiosi → 30 kg P₂O₅ e 100 kg K₂O/ha.
Oltre a fosforo e potassio, può essere utile integrare microelementi (Manganese, Zimco, Boro, Ferro) importanti per fotosintesi, formazione dei tessuti e resistenza agli stress. L’azoto va invece limitato al minimo (10–20 kg/ha al massimo, in forma organica), poiché stimola una vegetazione tardiva e ostacola la lignificazione dei rami che fruttificheranno l’anno successivo.
Scelta dei fertilizzanti e gestione pratica
La scelta dei fertilizzanti deve tener conto sia delle asportazioni produttive sia della capacità del terreno di trattenere e rilasciare gradualmente i nutrienti.
Sono consigliati:
- concimi organo-minerali o pellettati a base di compost o letame maturo, con titoli equilibrati e poveri di azoto;
- fosfato naturale tenero e solfato potassico, spesso arricchiti con zolfo e magnesio per migliorare la disponibilità del potassio;
- ammendanti ricchi di acidi umici o con microrganismi benefici, che stimolano l’attività microbica e la vitalità radicale.
Queste pratiche migliorano la struttura del terreno, aumentano la capacità di trattenere l’umidità e sostengono la fertilità biologica, elementi chiave per la longevità e la resilienza dell’oliveto.
Il ruolo della sostanza organica
Dopo la raccolta, l’apporto di sostanza organica ben maturata svolge una duplice funzione, reintegra gli elementi nutritivi principali e migliora la struttura fisica e biologica del terreno. Il letame bovino maturo è particolarmente efficace: la sua frazione umificata agisce come serbatoio a lento rilascio, migliorando la ritenzione idrica e l’attività microbica.
È fondamentale distinguere tra letame fresco (ricco in azoto, ma instabile) e letame maturo oltre i dieci mesi, più stabile e ammendante. L’interramento autunnale consente una mineralizzazione graduale che sostiene la pianta sin dalle prime fasi vegetative.
Anche i digestati zootecnici e agro-industriali possono essere impiegati: la frazione solida come ammendante autunnale, la frazione liquida per fertirrigazione primaverile.
I concimi organici pellettati, derivati da compost vegetali o animali, sono pratici da distribuire e garantiscono una nutrizione costante; molti contengono acidi umici, estratti algali o microelementi chelati, utili per stimolare l’attività enzimatica e radicale.
Sovescio e rigenerazione del suolo
Dove le lavorazioni lo consentono, il sovescio autunnale rappresenta una pratica agronomica di grande valore. L’impiego di leguminose azotofissatrici (veccia, favino, pisello foraggero), seminate tra ottobre e novembre e interrate in pre-fioritura, arricchisce il suolo di azoto organico e migliora la porosità e la biodiversità microbica. L’interramento superficiale (10–12 cm) attiva la microflora decompositrice, mentre una rullatura successiva ristabilisce il cotico erboso nei sistemi inerbiti.
Differenze regionali e gestione climatica
Le strategie cambiano a seconda dell’areale:
Sud Italia (Puglia, Calabria, Sicilia) → temperature favorevoli fino a dicembre inoltrato consentono concimazioni tardive con prevalenza di compost e potassio per favorire lignificazione e resistenza al freddo;
Campania e Basilicata → clima più variabile: interventi a novembre con concimi a lenta cessione poveri in azoto, evitando eccessi vegetativi;
Centro Italia (Toscana, Umbria, Lazio, Marche) → suoli argillosi: concimare subito dopo la raccolta con fosforo e ammendanti organici;
Nord Italia (Lago di Garda, colline venete, Liguria, Friuli orientale) → clima freddo e umido: concimare precocemente, già a fine ottobre, con formulati a lenta cessione e alta componente organica per migliorare fertilità e equilibrio idrico-biologico.
Conclusione
La concimazione autunnale dell’olivo non è più un intervento standard, ma una pratica che integra nutrizione, struttura e biologia del suolo. In un contesto di cambiamento climatico e di alterazione dei ritmi fenologici, diventa essenziale programmare interventi tempestivi e mirati, capaci di favorire la maturazione dei tessuti, prevenire carenze nutritive e sostenere una produzione costante e di qualità. Una gestione attenta e calibrata sulle caratteristiche del sito consente di migliorare produttività, longevità e sostenibilità degli oliveti italiani.



















