Sono 619 mila le aziende con oliveti, con una media di 2 ettari a testa tenendo conto che la superficie olivata in Italia è di 1,1 milioni di ettari, di cui quasi 300 mila a biologico. Numeri diffusi da Ismea nello studio della filiera olivicola appena pubblicato, a firma dell’analista Tiziana Sarnari, che certifica come la fase agricola di questo settore si conferma importante per il numero di soggetti coinvolti.
L’occasione ha permesso di analizzarne i punti di forza e di debolezza, ma anche le opportunità e le criticità che la fase agricola dell’olivicoltura presenta al giorno d’oggi. Interessante pertanto illustrarne i contenuti, così come evidenziati, per avere un quadro generale esaustivo che certamente sarà elemento di riflessione ed analisi da parte di istituzioni e associazioni di categoria.
I punti di forza
- Presenza di importanti aree vocate alla coltivazione dell’olivo sia per quantità sia per qualità del prodotto
- Potenzialità elevata di differenziare la produzione, per varietà (oltre 500), modalità produttive, origine, ecc. nel massimo rispetto della biodiversità
- Valore ambientale, paesaggistico, storico, culturale ed antropologico degli oliveti
- Estensione territoriale della coltura e importante contributo in termini occupazionali anche secondo la logica della sostenibilità
- Attenzione crescente alle produzioni di qualità (Dop/Igp, bio, Sqnpi)
- Know-how elevato
- Filiere di prodotto olivicolo tracciate (ca. 400) con 8.000 aziende agricole coinvolte
I punti di debolezza
- Frammentazione della struttura produttiva (ridotte dimensioni aziendali) e diffusione dell’olivicoltura in zone difficili; scarsa mobilità fondiaria
- Uso della risorsa acqua e difficoltà nell’ammodernamento degli impianti olivicoli esistenti
- Ritardo nel recepimento delle innovazioni tecnologiche e mancati investimenti; applicazione dei risultati della ricerca scientifica a macchia di leopardo
- Oscillazioni delle produzioni in termini qualitativi e quantitativi e presenza di vaste aree con produzione di lampante
- Scarso ricambio generazionale
- Presenza diffusa di un’olivicoltura non “imprenditoriale” ma sociale
- Costi di produzione ancora da ottimizzare
- Ruolo poco incisivo delle organizzazioni dei produttori nella concentrazione dell’offerta e nella valorizzazione del prodotto
- Scarsa capacità di aggregazione
- Scarsa infrastrutturazione digitale
- Abbandono deli oliveti marginali o condotti in modo non professionale
- Difficoltà di accesso al credito
Le opportunità
- Sensibilità crescente del consumatore verso le produzioni di qualità in senso ampio
- Disponibilità di nuove tecnologie per Olivicoltura 4.0 (che consente la stabilizzazione delle produzioni e la gestione della qualità e la biodiversità)
- Possibilità di estendere la produzione in aree più a Nord del Paese come conseguenza dei cambiamenti climatici
- Rinnovata coscienza della tutela e pianificazione del territorio
- Sviluppo dell’oleoturismo e della diversificazione delle attività (normativa in forte evoluzione)
- Promozione della filiera corta anche tramite piattaforme digitali (market place)
Le minacce
- Competizione internazionale crescente sui costi di produzione e sulla qualità
- Rischi di aumento dell’ampiezza delle oscillazioni produttive, di aumento dei fabbisogni idrici e di diffusione di fitopatie per le tradizionali produzioni del Sud a causa dei cambiamenti climatici
- Livellamento verso il basso dei prezzi internazionali dei prodotti “base”
- Sistemi finanziari globalizzati