Maggiore redditività chiudendo circolarmente la filiera dell’olio

Il valore aggiunto dei sottoprodotti: scopriamo quello del paté
Economia
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Le opportunità di riutilizzo dei sottoprodotti oleari si stanno diversificando, aprendosi ad orizzonti più ampi rispetto al passato, grazie all’affinamento di nuove tecnologie stimolate da un contesto attuale in continuo fermento, dove sostenibilità ed economia circolare rappresentano tasselli centrali nelle realtà produttive così come nella vita di tutti i giorni.

Secondo questa filosofia, nel 2012, una visione lungimirante dell’azienda Pieralisi portò all’introduzione della tecnologia di estrazione dell’olio di oliva detta “multifase”, vale a dire un estrattore centrifugo conosciuto anche come DMF o Leopard focalizzato, da una parte nella produzione di olio extravergine di alta qualità, dall’altra nella generazione di sottoprodotti con applicazioni più competitive. Il mosto oleoso in uscita dal decanter multifase viene separato dalla sansa, caratterizzata da un grado di umidità molto ridotto che agevola significativamente il suo reimpiego per l’estrazione dell’olio di sansa e/o come fonte energetica; mentre l’altra fase è rappresentata da un paté di olive semisolido e denocciolato che contraddistingue questo sistema di estrazione da tutti gli altri presenti sul mercato. Nel corso degli anni il mondo della ricerca si è dedicato alla valorizzazione del paté riscontrando, tra svariati riutilizzi, delle applicazioni vantaggiose ed esclusive nell’industria alimentare e zootecnica.

L’esclusività riguarda le sue caratteristiche compositive che rendono il paté competitivo rispetto ad una sansa a due o a tre fasi, in termini di digeribilità (bassa concentrazione di lignina e fibre) e composizione chimica, grazie alla presenza di vitamina E, acidi grassi mono- e polinsaturi e specialmente all’elevata concentrazione dei composti fenolici bioattivi. Questo perché la stragrande maggioranza dei polifenoli confluisce nei sottoprodotti oleari ed in particolar modo nelle acque di vegetazione che, in questo caso, rappresentano la componente maggioritaria del paté insieme alla polpa di olive, pertanto, il valore aggiunto del paté non può essere sottovalutato. Portando degli esempi concreti, di recente, dalla collaborazione tra il mondo della ricerca (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia) e l’industria privata è stato messo a punto un brevetto per il processo di produzione di una crema di olive a partire dal paté, sottoprodotto dell’estrattore centrifugo multifase o “DMF”. Una crema di olive spalmabile che potrebbe presto arrivare sugli scaffali del supermercato costituendo un nuovo prodotto ricco in sostanze fenoliche bioattive, a basso contenuto di grassi, un buon livello di fibre e, quindi, con interessati proprietà salutistiche.

Numerose ricerche testimoniano l’efficacia del paté come ingrediente addizionato nella formulazione di alimenti per il consumo umano, previo opportuni trattamenti di stabilizzazione microbica, in grado di svolgere un’azione antiossidante ed antimicrobica con effetti salutistici comprovati. In particolar modo è adatto nei prodotti da forno come pane, taralli, cracker, etc. Inoltre, il settore della trasformazione e conservazione della carne di origine animale si sta orientando verso l’impiego di additivi alimentari naturali in sostituzione dei nitriti e nitrati, additivi chimici devoluti all’azione antimicrobica, antiossidante e di stabilizzazione del colore, un fattore selettivo nella scelta del consumatore. Questo mercato si sta attualmente orientando verso i composti fenolici ottenuti dalle acque di vegetazione ove anche il paté può rappresentare una soluzione molto competitiva sia in termini di economia green sia per l’elevato contenuto in composti fenolici bioattivi, come ad esempio i derivati dell’oleuropeina e del ligustroside, che sono affini alle sostanze grasse e, pertanto, in grado di proteggere in maniera efficace il grasso della carne dai processi ossidativi. Il sottoprodotto paté potrebbe esplicare la stessa azione anche nei cosiddetti prodotti “plant-based”, vale a dire la carne di origine vegetale.

Altrettanto nobile e convalidato da studi accademici è l’utilizzo del paté nell’alimentazione zootecnica. In questo caso la valenza è duplice in quanto l’aggiunta del sottoprodotto, tal quale o attraverso una miscela con foraggi, nei mangimi di animali ruminanti o monogastrici, migliora effettivamente la loro dieta alimentare con incrementi evidenti nella qualità del latte e della carne in termini di concentrazione di grassi monoinsaturi rispetto ai saturi, di stabilità ossidativa ed aumento della concentrazione dei polifenoli e della vitamina E; il tutto senza interferire nella resa produttiva dell’animale.

Rispetto ad altri settori dell’industria alimentare dove l’applicazione di una economia circolare, che si direziona verso un’adeguata valorizzazione economica dei sottoprodotti, risulta più avanzata, nel settore oleario ci sono importanti margini di miglioramento, a partire dalla consapevolezza dell’enorme valore aggiunto dei suoi sottoprodotti, ed in particolare del paté. La circolarità del sistema si raggiunge attraverso una soluzione economicamente sostenibile ed un mercato recettivo. Attualmente risulta cruciale rafforzare il sistema di filiera verso uno o più destini comuni, magari anche ispirandosi a delle nicchie imprenditoriali sparse a macchia d’olio nel Paese che sono state in grado di generare redditività e circolarità autonomamente.

 

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Tags: Dmf, in evidenza, Leopard, paté

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