“Serve un patto di solidarietà con la grande distribuzione per riconoscere all’olio di quest’anno almeno un prezzo di 6 euro al chilo”. Il presidente dell’Aifo, Associazione italiana frantoiani oleari, Elia Pellegrino (nella foto) lancia un appello al mercato dell’industria e del commercio ed auspica che vi sia un’apertura in nome dell’unità della filiera.
“L’aumento dei costi e la bassa produzione – aggiunge Pellegrino – sono varianti da cui non si può prescindere. Per l’area del nord barese, in particolare la Bat dove si concentra il 7% della produzione nazionale, in larghissima parte destinata all’ingrosso, riconoscere 6 euro al chilo significa consentire ai frantoiani di remunerare gli olivicoltori con una media di 75/80 euro al quintale di olive e riuscire così a coprire i costi di produzione per entrambi”.
I conti sono presto fatti: con una resa ad olio di 15 chili al quintale di olive, l’ipotesi di acquisto a 6 euro al chilo consente al frantoiano di incamerare 90 euro, vale a dire i 75/80 euro per l’acquisto delle olive e 10/15 euro di costi di molenda.
“Diversamente – riconosce il presidente Aifo – non se ne viene fuori. Aggiungo: considerate le 87 mila tonnellate di Evo italiano in giacenza dello scorso anno che ha rappresentato una campagna buona per quantità ed ottima per qualità, la giusta miscelazione tra gli oli nazionali delle due campagne, con prezzi di 6 euro per questa campagna e 5 per quella passata, permetterebbe un prezzo complessivo all’ingrosso di 5,50 euro al chilo che non penalizzerebbe l’olio italiano sullo scaffale rispetto a quello proveniente da altri mercati. Perché questo è l’altro problema: alzare troppo il prezzo dell’Evo nazionale rischia di diventare un pericoloso boomerang per tutti”.
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