Varietà olivicole minori, come valorizzare un patrimonio di biodiversità

Olivicoltura: il nostro Paese detiene circa il 30% del patrimonio olivicolo globale. Ma molte cultivar sono ancora tutte da scoprire
Tecnica e Ricerca
Views: 988

di

Secondo l’ultimo censimento del Ministero dell’Agricoltura (MASAF ex MIPAAF), in Italia sono registrate ben 737 varietà di olivo. Considerando che a livello mondiale se ne contano circa 2.700, il nostro Paese detiene circa il 30% del patrimonio olivicolo globale. Un dato che forse non colpirà tutti, ma che in realtà ha un valore straordinario.

Proprio per questo è fondamentale concentrarsi sulle varietà locali. È evidente che un comparto così strategico debba anche generare numeri importanti: per questo l’intensificazione degli impianti, la meccanizzazione specializzata e i sistemi irrigui moderni sono strumenti essenziali. In tal senso, il Piano Olivicolo Nazionale rappresenta un supporto chiave per accompagnare i produttori verso l’ammodernamento, rendendo l’olivicoltura italiana più competitiva rispetto ad altri areali produttivi leader.

Tuttavia, se da un lato le cultivar autoctone non sempre garantiscono rese elevate, dall’altro rappresentano una ricchezza qualitativa spesso apprezzata a livello internazionale. Vale davvero la pena lasciarle cadere nell’oblio varietale? Siamo certi di conoscere fino in fondo le caratteristiche agronomiche e qualitative delle nostre 737 varietà?

E se non fossero neppure tutte? Grazie a progetti di genotipizzazione condotti da enti di ricerca, emergono costantemente individui che non corrispondono a nessun profilo genetico noto. Un’ulteriore testimonianza di quanto sia ampia e preziosa la biodiversità olivicola italiana. La sua tutela e valorizzazione non sono solo un diritto, ma un dovere.

Un esemplare di Pennulara in Calabria

Innovare, sì, ma senza dimenticare la storia e la vocazione olivicola del nostro Paese. La biodiversità rappresenta un formidabile strumento di difesa contro i patogeni: la variabilità genetica è una risorsa strategica per affrontare le sfide sanitarie dell’olivicoltura. Gli insegnamenti dell’agronomia ci ricordano il valore della lotta agronomica, ovvero l’impiego della resistenza genetica naturale di una varietà per contrastare malattie specifiche. Non dimentichiamo le fondamenta!

Esempi virtuosi di valorizzazione delle varietà autoctone:
• Taggiasca (Liguria) – Simbolo della Riviera Ligure, nota per le olive da mensa e per un olio delicato e fruttato, apprezzato anche all’estero.
• Grignano (Veneto) – Valorizzata nei Monti Lessini e nel veronese, dà un olio profumato e armonico.
• Moraiolo (Umbria e Toscana) – Tra le più rappresentative del Centro Italia, produce oli dal gusto deciso, con note amare e piccanti.
• Raggiola (Marche) – Autoctona della provincia di Pesaro e Urbino, recentemente riscoperta per le sue qualità sensoriali.
• Pennulara (Calabria) – Tipica dell’alta fascia ionica crotonese, in comuni come Caccuri e Castelsilano. Negli ultimi anni è stata rivalutata per le sue qualità uniche.
• Tonda di Filogaso (Calabria) – Originaria del comune omonimo in provincia di Vibo Valentia. Nel 2024 è stato prodotto il primo monovarietale (marchio Elitè), già premiato in contesti nazionali come Bibenda all’interno dell’evento “Oli Estremi – Un viaggio tra Montagne, Mare e Natura”.
• Casaliva (Trentino/Lombardia) – Cultivar simbolo del Lago di Garda, soprattutto nella sponda trentina e bresciana, parte fondamentale della DOP Garda.
Tonda Iblea (Sicilia) – Proveniente dai Monti Iblei (Ragusa e Siracusa), è nota per un olio dal profumo erbaceo e sentori di pomodoro verde.

E questi sono solo alcuni esempi: il panorama varietale italiano è ancora largamente da scoprire, e rappresenta un enorme potenziale per rafforzare il valore del Made in Italy, anche nel settore oleario.

Tra le attività da portare avanti per la valorizzazione delle varietà autoctone:
• Inserimento in disciplinari DOP/IGP
• Partecipazione a concorsi internazionali
• Progetti di biodiversità e conservazione genetica
• Collaborazioni con presìdi Slow Food
• Attività di marketing territoriale e turismo oleario

L’olivicoltura italiana non è solo produzione agricola: è cultura, identità e biodiversità. Le varietà minori, spesso dimenticate o sottovalutate, rappresentano un capitale genetico e culturale inestimabile che merita attenzione, studio e investimento. In un mondo agricolo sempre più standardizzato, saper valorizzare la diversità non è una scelta nostalgica, ma una strategia lungimirante.

Essere custodi del gusto significa proteggere le radici, ma anche saperle reinterpretare in chiave contemporanea: con l’aiuto della ricerca, dell’innovazione e del racconto territoriale, possiamo trasformare ogni cultivar autoctona in un ambasciatore di eccellenza italiana.

Solo così potremo continuare a produrre non solo olio, ma storie, paesaggi e valori da esportare nel mondo. E soprattutto, da tramandare alle generazioni future.

www.thomasvatrano.com

Per rimanere sempre aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter qui!

Tags: biodiversità, in evidenza, oliveti, olivicoltura, varietà olivicole

Potrebbe piacerti anche

Scarti di frantoio efficaci contro la tignola dell’olivo
Oliveti da sradicare per insediamenti? Ecco un esempio virtuoso!

Potresti leggere