Condivido con i lettori di Olivo News il quesito posto da Juan Penamil, a capo del gruppo editoriale spagnolo Mercacei con cui collaboriamo da tempo, adattandolo alle cifre italiane. “Può considerarsi di lusso un prodotto per il quale spendiamo a testa 22 centesimi al giorno?” E cioè, per intenderci, sei volte meno di un caffè?
La risposta dettata dal buon senso non può che essere: “certamente no!” Perché, allora, certa stampa generalista, che solo da poche settimane si è accorta del vertiginoso aumento dei prezzi, non trova altro che considerare ormai un lusso consumare l’olio di oliva, innescando inevitabilmente nel consumatore – che già è dubbioso del suo – la spinta ad indirizzarsi verso altri oli vegetali?
L’analista di Ismea Tiziana Sarnari è stata molto chiara nella sua relazione tenuta nei giorni scorsi ad Agrilevante, alla fiera di Bari: “Il consumo pro-capite di olio è sceso da 10 a 8,2 litri l’anno” a fronte di un prezzo dell’olio di oliva che è esattamente raddoppiato, passando a scaffale da 4,5 a 9 euro litro.
Intendiamoci, producendo l’Italia 250 mila tonnellate di olio di oliva di media e consumandone esattamente il doppio, è evidente che sul prezzo della Grande distribuzione organizzata incida l’olio straniero, che ha subìto un notevole incremento dettato dal forte calo della produzione, specialmente in Spagna, mercato in cui noi italiani ci approvvigioniamo.
Ma fermiamoci per un attimo alla produzione italiana (al netto di un 35% di autoconsumo prodotto da aziende che hanno meno di 1,5 ettari) che, ci ricorda l’analista Ismea, è purtroppo tendenzialmente in calo, con una media degli ultimi 4 anni inferiore alla media dei dieci anni precedenti.
Ebbene l’olio 100% italiano che è giustamente riconosciuto migliore di quello straniero, ma che oggi viaggia più o meno sullo stesso prezzo – intorno ai 10 euro – è davvero così “pesante” nel carrello della spesa? Con la ricordata media di 8,2 litri l’anno pro capite, il costo a persona sarebbe in dodici mesi di 82 euro, appunto 22 centesimi al giorno. Ed in quei 22 centesimi, attenzione, non c’è solo un condimento/alimento, ma un valore salutistico che, come riconosciuto da tutti i ricercatori, ha talmente tante proprietà benefiche che trovano riscontro, così numerose, solo nel latte materno.
Benedetto Fracchiolla, presidente di Fin Oliva Global Service, società di produttori, cooperative e associazioni con oltre 100 mila tonnellate di olio italiano commercializzate ogni anno, sempre ad Agrilevante ha riconosciuto che il prezzo non potrà mantenersi sempre così elevato, ma ha aggiunto che questa deve essere una occasione per cambiare paradigma: “Una occasione per non tornare indietro, a prezzi che fino ad un anno fa erano assolutamente ingestibili per i produttori, con la conseguenza, per altro, di un sempre crescente abbandono dei terreni. È il momento di assicurare, insomma, il giusto riconoscimento agli olivicoltori che da sempre sono l’anello più debole della filiera. Olivicoltori che, tra l’altro, finora non hanno beneficiato affatto dell’aumento dell’olio di oliva, visto che, quando i prezzi hanno cominciato a lievitare, loro avevano già da tempo conferito le proprie olive”.
Dunque, mantenere un giusto prezzo che riconosca alla parte finale della filiera il lavoro e gli accresciuti costi di produzione, è la strada da seguire. Senza dimenticare, perché a questo punto i margini ci sono, un conseguente riconoscimento economico anche alla componente dei frantoiani che, come ricordato dal presidente Aifo, Elia Pellegrino, hanno in questa fase oggettive difficoltà di liquidità finanziaria. E per frantoiani intendiamo sia quelli che moliscono per la produzione di olio sfuso, sia quelli che puntano ad un olio artigianale di qualità, con una naturale differenza di prezzo. Rafforzando in ogni caso la comunicazione al consumatore, perché se il consumatore abbandona l’olio di oliva per altri oli vegetali a basso prezzo, poi recuperarlo diventa difficilissimo.
Ed è qui che una interprofessione – sulla falsa riga di quella spagnola, dove olivicoltori, frantoiani e industria olearia lavorano insieme, parlano ad una sola voce e sul cui modello punta il sottosegretario Patrizio La Pietra come confermato ad Olivo News proprio ad Agrilevante – ed è qui si diceva che l’interprofessione può recitare una parte importante, sia per una equa ridistribuzione del valore, sia per favorire campagne di comunicazione in cui gli aspetti salutistici dell’olio di oliva vengano fortemente rafforzati. Spiegando al consumatore che – anche rimanendo i prezzi fermi a questi livelli – 22 centesimi al giorno per un alimento che è buono e che fa bene alla salute vale la pena spenderli, magari rinunciando, a conti fatti, ad un caffè a settimana!