Ma quale “sovranità alimentare”! Non c’è pace tra i nostri olivi

Le conclusioni della trasmissione tv "Indovina chi viene a cena!
Economia
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Durante la trasmissione televisiva “Indovina chi viene a cena”, la giornalista Sabrina Giannini ha sviscerato uno dei mantra che riecheggia in tutto il mondo: il “Made in Italy”. Con occhio critico l’inchiesta sottolinea come l’agricoltura italiana, culla di tradizione e genuinità, non riesca a valorizzare a pieno i piccoli-medi produttori di materie prime di alta qualità tagliandoli fuori, nella maggior parte dei casi, ad esempio, dai finanziamenti europei. I piccoli produttori, per far fronte ai prezzi concorrenziali dell’import, trovano la forza cooperando al fine di garantire prodotti di qualità senza speculazioni sul consumatore finale nel rispetto della legalità.

Puntando la lente di ingrandimento sul comparto olivicolo-oleario l’ultimo report di Ismea evidenzia la polverizzazione delle aziende olivicole italiane caratterizzate da un rapporto azienda/ettari pari a 1,87 ettari; nel dettaglio più del 40% ha una superficie olivetata inferiore ai 2 ettari e solo il 2,5% supera i 50 ettari. Per l’Italia mirare ad una produzione massiva come quella spagnola rappresenta una strategia poco competitiva in partenza, dato che le produzioni in Spagna dagli anni ’90 ad oggi sono quasi triplicate passando da 590 mila a 1,4 milioni di tonnellate (siccità e riscaldamento globale permettendo). Per contro, in Italia negli ultimi 25 anni si è assistito ad un calo produttivo attestandosi nelle annate di carica a poco più di 300 mila tonnellate annue. Da una parte l’interesse crescente per il superintensivo con lo scopo di massimizzare il numero di piante ettaro, meccanizzare le pratiche colturali ed abbattere i costi di produzione; dall’altra piccole produzioni ettaro che valorizzano l’unicità del patrimonio varietale italiano e quindi la biodiversità, una “ricchezza gratuita”. Solo in Italia si vantano più di 500 cultivar in grado di delineare profili sensoriali unici nel mondo degni del notorio Made in Italy. Mentre la provincia di Jaen, in Spagna, che rappresenta la capitale dell’olio di oliva, vanta 60 milioni di olivi prevalentemente di solo due varietà, la Picual e l’Arbequina.

A rimarcare l’unicità degli oli di alta qualità è Maurizio Servili, ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Perugia, esperto di qualità dell’olio ed innovazione tecnologica in frantoio, spiega come gli oli extravergini di qualità si distinguono da tutti gli altri: “Non tutti gli EVOO sono uguali; se esenti da pesticidi, ftalati ed altre sostanze nocive non fanno male alla salute, ma per fare bene un olio EVO deve contenere alti livelli di acido oleico, vitamina E e composti fenolici”.  Prosegue chiarendo che le caratteristiche qualitative indispensabili per un olio di alta qualità sono l’amaro e il piccante dal punto di vista gustativo ed i pregi olfattivi di erbaceo e/o floreale. La percezione di amaro e piccante è correlata alla concentrazione dei composti fenolici in particolare dell’oleocantale, oleacina e le forme agliconiche dell’oleuropeina e ligustroside. Pertanto, i fenoli dell’olio hanno un’azione anti infiammatoria e contribuiscono in maniera significativa alla prevenzione delle malattie cardiovascolari come aterosclerosi ed infarto.

La trasmissione avanza puntualizzando che le principali industrie imbottigliatrici di olio in Italia siano nelle mani di multinazionali straniere. Tuttavia, fra queste si distingue l’azienda Monini. A tutela della qualità e della produzione italiana si erge come portavoce Zefferino Monini, CEO dell’azienda, che promuove i loro recenti progressi nell’olivicoltura nazionale e mostra in prima persona la propria dedizione nell’assaggio quotidiano degli oli costituenti le loro miscele e prodotti marchio IGP e DOP con l’intento di esaltare la qualità di ogni singola bottiglia rispettando le aspettative del consumatore finale.

Il quadro della situazione sintetizzato dall’inchiesta giornalistica evince che, nonostante la buona novella della “sovranità alimentare”, la verità è che siamo lontani dall’essere autosufficienti in vari comparti alimentari, olivicoltura in primis. Ritrovarsi soggiogati dalla variabilità frenetica dei prezzi non rende giustizia al lavoro onesto spesso condotto a livello familiare. Si rivendicano la trasparenza lungo la filiera, la dignità degli agricoltori e lavoratori stagionali e la ridistribuzione equa dei sostegni europei affinché le giovani generazioni intraprendano con entusiasmo e guizzo imprenditoriale il settore agro-alimentare.

Tags: in evidenza, indovina chi viene a cena, Sovranità alimentare

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