La visita a un frantoio è un’esperienza ancora poco praticata tra i turisti, con ampi margini di crescita legati anche al contenuto healthy dell’esperienza e all’inserimento dell’olio Evo come prodotto di bellezza e di cura della persona, dalla tavola alle spa e ai centri benessere.
È quanto emerge dal primo Rapporto sul turismo dell’olio, elaborato da Roberta Garibaldi (nella foto) professore universitario e già autrice del Rapporto annuale sul turismo enogastronomico su iniziativa delle associazioni Città dell’Olio e Unaprol-Coldiretti. Secondo il Rapporto, il 15% dei turisti italiani ha già preso parte, negli ultimi tre anni, alla visita in un’azienda olearia, percentuale che sale al 19% nel caso del turista orientato alle esperienze enogastronomiche. In particolare, solo l’11% della fascia d’età 18-24 anni e solo il 10% della fascia 25-34 vi ha preso parte, mentre tra gli over 65 anni la percentuale sale al 23%. A fronte di questa “concretizzazione minoritaria”, i dati del Rapporto fanno emergere il forte appeal dell’olio extravergine e dei suoi luoghi di produzione, ma anche della cultura dell’olio, tra i turisti.
“Questi dati colpiscono se confrontati coi dati di interesse che abbiamo mappato, che dimostrano una potenzialità di sviluppo davvero altissima, con l’offerta che può pensare di diversificarsi in base agli interessi degli italiani – ha spiegato l’autrice del Rapporto Roberta Garibaldi. – La leva principale che spinge il turista a prendere in considerazione una visita in frantoio o in azienda olivicola è la shopping/tasting experience”. Il 72% degli intervistati vorrebbe acquistare il prodotto a prezzi interessanti (74% tra i turisti enogastro) e il 70% amerebbe degustare l’olio e le differenti tipologie prodotte in azienda in abbinamento a prodotti e cibi del luogo (72% tra i turisti enogastro). Molto consistenti anche le risposte legate alle esperienze di turismo attivo: il 70% vorrebbe vedere come si produce l’olio, il 64% desidera partecipare alla raccolta delle olive e il 65% sogna una cena a lume di candela tra gli oliveti. Inoltre, il 57% amerebbe provare dei centri benessere che offrono trattamenti legati all’olio e il 70% vorrebbe provare, al ristorante, diverse tipologie di olio in abbinamento ai vari piatti degustati durante la cena. Da evidenziare, infine, il forte collegamento tra olio e patrimonio storico italiano: il 73% dei turisti enogastronomici vorrebbe visitare un frantoio storico, il 72% ambirebbe al soggiorno in una dimora storica con oliveto e orciaia al proprio interno e il 59% vorrebbe poter visitare un museo nazionale dedicato all’olio extravergine di oliva.
“Il turismo dell’olio è una grande opportunità per dare “valore” al prodotto finito olio extravergine di oliva. Dobbiamo raccontare l’olio e far percepire il plus di valore che l’olio extravergine di oliva ha, non solo in quanto alimento nutraceutico, ma anche e soprattutto per i valori che interpreta e rappresenta: paesaggio, ambiente, storia, cultura, biodiversità” ha commentato Michele Sonnessa, presidente Città dell’Olio, associazione con quasi 500 Comuni aderenti, per lo più sotto i 5.000 abitanti e in aree interne dove l’abbandono degli oliveti è un fenomeno purtroppo frequente”.
“La presentazione del Rapporto 2023 conferma che l’oleoturismo è un importante strumento di crescita per le imprese della filiera – ha aggiunto Nicola Di Noia, direttore di Unaprol e Amministratore Unico della Fondazione Evooschool. – I flussi di turisti sempre più attenti alla sostenibilità ambientale, alla tutela del paesaggio, ad una sana alimentazione, possono trovare proprio nelle imprese olivicole esperienze che richiamano questi valori, legate all’olio EVO di qualità. Per cogliere queste opportunità, prosegue Di Noia, occorre un cambio culturale. Bisogna formare nuovi professionisti del settore, in grado di lavorare sull’accoglienza dei clienti, sullo sviluppo di nuovi servizi e di utilizzare le nuove tecnologie. La formazione è una delle leve principali per chi vuole approcciare allo sviluppo dell’oleoturismo”.