Prezzo e valore: come cambia la domanda di olio extra vergine

Domanda rigida e domanda elastica tra i consumatori: non sempre al ribasso del prezzo coincide un aumento degli acquisti. Ecco perché
Economia
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Francesca Gambin e Roberta Ruggeri
Ufficio Economico AIPO

A inizio novembre, il calo delle quotazioni dell’olio extra vergine di oliva italiano all’ingrosso ha scosso il mercato e ha posto un interrogativo fondamentale alla Grande Distribuzione (GDO): “Ora che l’olio costa meno, in che misura i consumatori aumenteranno i loro acquisti?”.

Questo interrogativo è il cuore del concetto economico di “elasticità della domanda”, il “termometro” che misura la sensibilità del consumatore che, a fronte di un calo del prezzo, può provocare un maggiore aumento nei volumi di vendita.

A ben guardare, però, nel mondo dell’olio d’oliva questa sensibilità non è uguale per tutti. La risposta del consumatore dipende dal valore percepito del prodotto, se lo considera l’olio d’oliva un semplice ingrediente per cucinare o condire, oppure un “prodotto identitario” e irrinunciabile da assaporare.

La domanda rigida: il consumatore identitario

L’olio extra vergine 100% italiano di alta gamma, che in frantoio o a scaffale supera i 12 euro/litro e si spinge fino ai 18–19 euro, ha una “domanda rigida” (o anelastica). La quantità venduta varia poco al cambiare del prezzo, perché chi lo acquista lo fa per il gusto, i benefici per la salute e la tracciabilità. Per questa clientela “rigida”, il prezzo conta, ma non è decisivo, difficilmente cambia marca o aumenta i volumi solo grazie a uno sconto.

Se il prezzo scende troppo rapidamente, ad esempio a 10-13 €/litro, il consumatore “rigido” potrebbe non solo non aumentare gli acquisti, ma percepire il calo come una perdita di valore, quasi un segnale di minor qualità o di ridotta differenziazione.

La domanda elastica: il consumatore sensibile al prezzo

Il principale beneficiario del ribasso è il consumatore con “domanda elastica”, che, probabilmente, aumenterà gli acquisti.
Questo segmento “elastico” acquista solitamente l’olio extra vergine di oliva da 5 a 8 €/litro, spesso ottenuto da miscele di oli comunitari ed extracomunitari. Ora, allo stesso prezzo o poco più, può permettersi un prodotto percepito come superiore, come un Extra Vergine 100% italiano.

La convenienza in GDO

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Per le catene di distribuzione, abbassare il prezzo dell’extra vergine di fascia media o base è una mossa vincente, in quanto anche una piccola riduzione percentuale provoca un aumento dei volumi venduti, dando così “elevata elasticità”. Le catene usano proprio questa “elevata elasticità” per adattare i loro “prezzi civetta”, sapendo che uno sconto sull’olio extra vergine aumenta le vendite di tutto il resto del carrello.

Le conseguenze per il mercato (effetto cannibalizzazione)

Il ribasso dell’extra vergine, anche quello non italiano, si ripercuote sulla fascia bassa del mercato che perde attrattiva, come l’olio vergine d’oliva, l’olio d’oliva e l’olio di sansa. Questo perché il consumatore coglie l’occasione per “salire di livello” e abbandonare i sostituti più economici, cannibalizzando di fatto le vendite di olio vergine d’oliva, dell’olio d’oliva e di sansa. Questo fenomeno costringerebbe la GDO a mantenere i prezzi di questi ultimi oli sopra di un certo limite, per farli sopravvivere senza perdere completamente la loro redditività.
In conclusione, il ribasso non è solo un fatto di prezzo, è un invito a riportare l’extra vergine nella quotidianità del carrello..

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Tags: in evidenza, olio di oliva, olio extra vergine di oliva, prezzo dell'olio

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