Scoperto il secondo frantoio più grande dell’Impero Romano, ecco dove

Eccezionale ritrovamento di un impianto oleario con ben 12 presse risalente al sec. III d.C. Prestigiosa università italiana a capo della ricerca
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L’Università Ca’ Foscari di Venezia è direttamente coinvolta in un’importante missione archeologica internazionale nella regione di Kasserine, in Tunisia. Gli scavi, concentrati nell’area dell’antica città romana di Cillium, al confine con l’attuale Algeria, si concentrano su imponenti strutture legate alla produzione di olio d’oliva, tra cui due frantoi, uno dei quali è stato identificato come il secondo frantoio romano più grande dell’intero Impero. Non si tratta in realtà di una vera e propria “scoperta”, ma della continuazione di una missione archelogica su un sito già conosciuto, che comunque offre agli archeologi spunti estremamente interessanti.
L’Università Ca’ Foscari ha preso la codirezione della missione insieme ai partner internazionali della prof.ssa Samira Sehili (Institut National Patrimoine/Université La Manouba, Tunisia) e della prof.ssa Fabiola Salcedo Garcés (Universidad Complutense de Madrid, Spagna).
La campagna di scavo, a cui partecipa dal 2025 il professor Luigi Sperti, vicedirettore del Dipartimento di Studi Umanistici e direttore del CESAV ( Centro Studi Archeologia Venezia ) di Ca’ Foscari, si concentra su due antichi oliveti situati nel cuore del massiccio del Jebel Semmama.
Il territorio, caratterizzato da alte steppe e da un clima continentale, con forti escursioni termiche e scarse precipitazioni raccolte nei pozzi, offriva le condizioni ideali per la coltivazione dell’olivo, risorsa fondamentale per l’economia dell’Africa romana, “che fece della Tunisia il principale fornitore di olio di Roma”, secondo l’ateneo veneziano.

Questa regione di confine dell’Africa Proconsolare, abitata nell’antichità dai Musulamii, un popolo di origine numida, fungeva da punto d’incontro e centro commerciale per le autorità romane, i coloni veterani e le comunità locali. Gli scavi nel sito hanno rivelato resti di strutture in uso tra il III e il VI secolo d.C.

Tra i principali siti indagati c’è Henchir el Begar, identificato con l’antica Saltus Beguensis, centro di una vasta tenuta rurale situata nel distretto di Begua, appartenuta nel II secolo d.C. al vir clarissimus Lucillius Africanus . Il sito è noto per una celebre iscrizione latina (CIL, VIII, 1193 e 2358) che registra un senatus consultum del 138 d.C., che autorizzava l’organizzazione di un mercato bimestrale, evento di grande importanza nella vita sociale, politica e religiosa dell’epoca.

L’insediamento, che si estende su circa 33 ettari, è suddiviso in due settori principali entrambi dotati di frantoi, di un bacino di raccolta dell’acqua e di diverse cisterne.

Secondo l’università, il primo ospita il più grande e imponente frantoio romano della Tunisia, nonché il secondo più grande dell’intero Impero Romano, con un monumentale torcularium composto da dodici presse a trave. Il secondo, invece, ospita un secondo piano con otto presse dello stesso tipo.

Queste strutture furono operative tra il III e il VI secolo d.C., attestando un lungo periodo di produzione continua. L’area comprende anche un vicus rurale dove vivevano i coloni e forse parte della popolazione locale. Numerosi molini e macine in pietra sono stati rinvenuti in superficie, documentando una produzione mista di cereali e olio, rivelando la duplice natura agricola del sito.

Recenti studi geofisici, condotti utilizzando il georadar, hanno inoltre individuato una fitta rete di strutture residenziali e di reti stradali, evidenziando un’organizzazione complessa e articolata dello spazio rurale.

Veduta aerea di Henchir el Begar
La missione archeologica è il risultato di una collaborazione scientifica internazionale iniziata nel 2023 su iniziativa della professoressa Samira Sehili dell’Università La Manouba (Tunisia) e della professoressa Fabiola Salcedo Garcés dell’Università Complutense di Madrid (Spagna). La co-direzione, guidata dal professor Luigi Sperti dell’Università Ca’ Foscari dal 2025 e, con il riconoscimento istituzionale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rafforza la collaborazione scientifica internazionale e apre nuove prospettive di ricerca congiunta tra Tunisia, Spagna e Italia, nel quadro del crescente interesse per l’archeologia produttiva, in particolare quella dell’olio d’oliva, prodotto caratteristico delle civiltà mediterranee ancora oggi.
«Questa missione offre una prospettiva inedita sull’organizzazione agricola e socioeconomica delle regioni di confine dell’Africa romana», ha sottolineato il professor Luigi Sperti, che ha aggiunto: “l’olio d’oliva era un prodotto fondamentale nella vita quotidiana degli antichi Romani, che lo utilizzavano non solo come condimento in cucina, ma anche per la cura personale, nello sport e nella medicina e persino – se di scarsa qualità – come combustibile per l’illuminazione. Analizzare la produzione, la commercializzazione e il trasporto di questo prodotto su così vasta scala rappresenta un’opportunità eccezionale per coniugare ricerca, promozione e sviluppo economico, a conferma dell’importanza dell’archeologia come ambito di eccellenza fondamentale per il nostro Ateneo”.

 

Articolo tratto da Mercacei.com – Foto: Università Ca’ Foscari Venezia

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Tags: Frantoio, in evidenza, olio di oliva, olio Tunisia, oliveti, olivo

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