Raccolta meccanica delle olive: le ferite invisibili alla pianta

Le percussioni ripetute su rami e foglie da parte di pettini e abbacchiatori durante la raccolta provocano microlesioni nei tessuti dell'olivo. Ecco le cultivar più sensibili e come mitigare il danno.
AIPO
Views: 908

di

L’impiego di pettini e abbacchiatori, elettrici e pneumatici, ha rivoluzionato le tempistiche della raccolta, rendendo più rapide ed estese le operazioni in campo. Questa accelerazione comporta, però, un impatto non trascurabile sulla sanità della pianta. Le percussioni ripetute su rami, foglie e drupe, generate con movimenti oscillatori ad alta frequenza, possono provocare microlesioni nei tessuti vegetali, spesso impercettibili a occhio nudo, ma capaci di indebolire progressivamente la struttura dell’olivo. L’entità del danno dipende in larga misura dalla tecnica di impiego degli strumenti, dalla durata e intensità degli scuotimenti, nonché dalla sensibilità varietale.

Alcune cultivar tollerano meglio lo stress meccanico, altre manifestano necrosi fogliari, caduta anticipata delle foglie e rallentamenti nella lignificazione dei giovani rami.


Si stima che i modelli elettrici operino tra 600 e 1200 battiti/minuto (circa 10–20 Hz), mentre quelli pneumatici possono superare i 2000 battiti/minuto (circa 30–35 Hz). Il rischio di danni aumenta con l’intensità e la durata dell’azione, soprattutto su cultivar a foglia tenera e ramificazione fitta, come Frantoio e Leccino. Alcune cultivar, grazie alla maggiore flessibilità dei rami o alla consistenza delle foglie, mostrano una tolleranza più elevata, ma il problema resta.

Anche le olive non sono esenti, microfessurazioni della cuticola, irrilevanti per la trasformazione in olio, riducono però la conservabilità delle olive da mensa.

La risposta dell’olivo alla raccolta meccanica, tuttavia, non è uniforme, entrano in gioco fattori genetici, morfologici e ambientali. Cultivar come Coratina, Ogliarola Barese o Itrana mostrano una notevole resilienza grazie alla flessibilità dei rami, alle foglie coriacee e alla cuticola spessa, mentre altre, come Pendolino e Maurino, beneficiano di una chioma leggera e di un’architettura aperta che disperde meglio le vibrazioni.

Al contrario, le varietà sensibili, caratterizzate da chioma compatta e fogliame delicato, risultano maggiormente esposte a necrosi fogliare. Anche le olive da mensa a epidermide sottile, come Ascolana Tenera e Bella di Cerignola, presentano una vulnerabilità elevata a microlesioni epidermiche, che compromettono significativamente la shelf-life.
Influisce anche il contesto ambientale, in aree ventilate con suoli sciolti la pianta tende a sviluppare una struttura più elastica, mentre nei terreni compatti e umidi prevale una rigidità che amplifica il rischio di lesioni corticali e fratture sotto la buccia.

Di fronte a questi traumi l’olivo attiva processi di difesa, produce lignina e suberina per isolare i tessuti danneggiati, attiva ormoni della cicatrizzazione, in particolare di etilene e acido jasmonico. Queste risposte, utili nell’immediato, diventano però un costo energetico importante se ripetute ogni anno, con un impatto sulla crescita vegetativa e sulla longevità dell’albero.

Qui entra in gioco la “memoria fisiologica” dello stress, l’olivo, come tutte le specie perenni, registra gli eventi traumatici subiti che, se ripetuti nel tempo, si traducono in un progressivo indebolimento della pianta. Nel medio periodo possono manifestarsi ritardi nella ripresa vegetativa primaverile, riduzione della fioritura e cali di allegagione.
A lungo termine aumenta l’invecchiamento fogliare, si accentua l’indebolimento dei rami portanti e si riduce la longevità produttiva della pianta.

Questi fenomeni rendono evidente che la meccanizzazione non è un’operazione neutra, ma un’azione che incide sulla fisiologia dell’oliveto.

Il rischio fitosanitario non è trascurabile: le microlesioni causate dalla raccolta meccanica possono costituire vie preferenziali d’ingresso per patogeni del legno, come Neofusicoccum mediterraneum e Diplodia seriata, agenti di cancri rameali, e per batteri come Pseudomonas savastanoi, responsabile della rogna dell’olivo.

L’umidità autunnale, che spesso coincide con il periodo di raccolta, favorisce ulteriormente l’insorgenza di infezioni, creando un ambiente ideale per la proliferazione di questi microrganismi.

Le conseguenze agronomiche sono rilevanti, possono portare a una riduzione della fotosintesi per perdita di superficie fogliare attiva, a deviazioni delle risorse metaboliche verso la cicatrizzazione a scapito della produzione, a un aumento del fabbisogno di nutrienti e microelementi per compensare lo stress e sostenere i processi di riparazione.

Strategie di mitigazione del danno meccanico

Per ridurre i rischi da danni meccanici, la raccolta andrebbe attuata al giusto stadio di maturazione, quando l’oliva è naturalmente predisposta al distacco dal peduncolo, così si riduce la resistenza meccanica allo stacco.
In questo momento, il tessuto si indebolisce fisiologicamente, riducendo la necessità di scuotimenti intensi.
Anticipare eccessivamente la raccolta espone la pianta a stress maggiori e aumenta il rischio di danni da percosse e fratture.
Dal punto di vista tecnico, è essenziale regolare la frequenza degli scuotimenti, mantenendola entro limiti tollerabili per la varietà e per la struttura della chioma.

L’adozione di attrezzature di ultima generazione, dotate di vibrazione modulata e testate intercambiabili, consente di adattare l’intensità dell’azione in base alla sensibilità varietale e all’età dell’impianto. Alternare strumenti diversi, come abbacchiatori a pettine e a rastrello, può evitare la concentrazione dello stress su zone specifiche della pianta.

A queste scelte operative si aggiungono interventi post-raccolta mirati; è consigliabile intervenire con trattamenti cicatrizzanti e biostimolanti, come i rameici, che aiutano a prevenire infezioni fungine, il distillato di legno, le alghe, gli aminoacidi, il chitosano, che stimolano e favoriscono la rigenerazione dei tessuti.

L’impiego di microrganismi benefici, come Trichoderma e Bacillus, contribuisce a rafforzare la resistenza della pianta e a proteggere le microlesioni causate dalla raccolta meccanica. Questi microrganismi colonizzano rapidamente le ferite, impedendo l’insediamento di patogeni opportunisti come Colletotrichum, Pseudomonas e Verticillium.
Entrambi i generi producono sostanze bioattive, tra cui lipopeptidi, enzimi litici e siderofori, che ostacolano la proliferazione di funghi e batteri patogeni, favorendo al contempo la cicatrizzazione dei tessuti.

La raccolta meccanica è ormai parte integrante della pratica olivicola, ma il suo impatto sulla fisiologia e sulla sanità della pianta non è trascurabile. Solo un’attenta armonizzazione tra strumentazione, cultivar e ambiente consente di preservare la vitalità dell’olivo e garantirne la durata nel tempo.

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

 

 

Per rimanere sempre aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter qui!

Tags: abbacchiatore, in evidenza, raccolta olive, scuotitore

Potrebbe piacerti anche

Bollettino olivicolo: i rischi di una raccolta anticipata delle olive
Consegna olive entro 6 ore, il Ministero: “Ecco perché la proroga”

Author

Potresti leggere