È da ormai più di dieci anni che in diverse aree olivicole italiane si manifesta una forma anomala di cascola verde delle olive. Un fenomeno che ha messo in discussione equilibri agronomici consolidati, assumendo nel tempo caratteristiche via via più complesse.
Inizialmente localizzato nelle zone più settentrionali, si è progressivamente diffuso, interessando impianti vecchi e giovani con intensità variabile e andamento irregolare: in alcune annate con virulenza marcata, in altre in modo appena percettibile.
I sintomi tipici si osservano già in olive di dimensioni appena superiori al grano di pepe: la base della drupa perde colore, imbrunisce, mostra depressioni nella polpa, mentre la parte superiore resta verde e turgida.
Il picciolo cambia tonalità passando al giallognolo, restringendosi al centro, e il tessuto calicino assume un aspetto spugnoso.
In alcuni casi l’oliva diventa completamente nera, in altri mantiene porzioni verdi; può staccarsi con folate di vento o con la pioggia, oppure rimanere a lungo attaccata, per poi cadere in modo imprevedibile.
Ipotesi eziologiche: patogeni e insetti vettori

La cimice asiatica (Halyomorpha halys), con il suo apparato boccale pungente-succhiante, è stata ritenuta corresponsabile del fenomeno, veicolando patogeni attraverso l’alimentazione e causando necrosi interne alla polpa.
La cascola del 2025: una nuova sindrome fisiologica

Alcune drupe hanno sviluppato un aspetto clorotico e successivamente un imbrunimento parziale o completo, con una cinghiatura evidente che separa le porzioni necrotiche da quelle ancora vitali.
A livello morfologico, il nocciolo si presenta verde e non lignificato, mentre il picciolo risulta idratato e turgido, evidenze che suggeriscono l’assenza di una vera abscissione patologica.
L‘integrità del picciolo e la non lignificazione del seme sono segnali compatibili con una cascola da collasso interno, e non con una causata da interruzione del flusso linfatico per infezioni vascolari.
Cause fisiologiche: ondate di calore

Misurazioni termiche hanno evidenziato che le drupe, esposte all’irraggiamento solare diretto, possono raggiungere temperature interne superiori di 2–3 °C rispetto a quella dell’aria circostante.
Durante le ondate di calore registrate tra giugno e luglio, con temperature medie superiori ai 31–32 °C e picchi oltre i 35 °C, si sono osservati fenomeni compatibili con disgregazione dei vacuoli, denaturazione delle proteine e inibizione della sintesi auxinica.
Tali processi, pur non direttamente misurati, sono dedotti da sintomi fisiologici ricorrenti, come clorosi apicale, necrosi settoriali e distacco precoce della drupa con picciolo integro, e supportati letteratura sugli effetti del caldo sul metabolismo cellulare.
Si ipotizza inoltre che a tali condizioni si sia accompagnata una produzione anticipata di acido abscissico (ABA), fitormone che può indurre la cascola anche in assenza di patogeni.
Tale ipotesi si basa su osservazioni sintomatologiche e su evidenze bibliografiche già note in altre colture fruttifere.
Uno squilibrio ormonale di questo tipo, frequentemente innescato da stress combinati, è documentato anche in altre specie, ma nell’olivo assume particolare rilevanza a causa della sua naturale tolleranza agli stress ambientali, che in questo caso appare superata.
Strategia adattativa della pianta
La cascola osservata nel 2025 si configura presumibilmente come una risposta adattativa della pianta a condizioni estreme di temperatura e disponibilità idrica, che porta al sacrificio dei frutti con minore potenziale evolutivo per preservare l’efficienza fisiologica generale.
Un comportamento che richiama il cosiddetto aborto selettivo, ovvero la capacità della pianta di modulare la propria carica fruttifera in base alle risorse disponibili e agli stimoli ambientali.
In tale contesto, le strategie di contrasto devono essere riconfigurate su base agronomica, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di resilienza dell’olivo.
Strategie per la mitigazione
L’impiego di biostimolanti fogliari – in particolare prodotti contenenti glicina betaina, acidi umici, estratti di alghe e aminoacidi liberi – contribuisce all’osmoregolazione, al mantenimento dell’attività stomatica e alla modulazione dell’evapotraspirazione.Parallelamente, si raccomanda l’applicazione anticipata di polveri di roccia, come caolino, zeolite o bentonite, già prima della fase di accrescimento fruttifero.
Queste sostanze, aderendo alla superficie fogliare e frutticola, riflettono la radiazione solare, riducono la temperatura fogliare fino a 4–5 °C e creano una barriera fisica contro la disidratazione e lo stress foto-ossidativo.
Quando possibile, l’integrazione con pratiche irrigue localizzate, ad esempio subirrigazione o irrigazione a goccia assistita da sensori, può ulteriormente potenziare la capacità di adattamento dell’oliveto.
Appendice tecnica: prodotti consigliati
Biostimolanti fogliari
(per migliorare osmoregolazione, risposta antistress e integrità delle membrane cellulari)
– Biodea – distillato di legno
– Ilsamin N90 (ILSA)
– Megafol (Valagro)
– YieldOn (Valagro)
– Basfoliar Kelp SL ((estratto di Ecklonia maxima)
Polveri di roccia e corroboranti
(per riflettere la radiazione solare e ridurre la temperatura fogliare)
– Agrobioclay®: caolino micronizzato
– Polvere di Roccia Biogard: caolino
– Zeolite attivata + rame
– Propoli + caolino (Cifo)
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli




















