“È un progetto che basa la propria impalcatura sulla sostenibilità e sul farm to fork, che garantirà il consumatore non solo sulla qualità della produzione e sulla piena tracciabilità, ma anche per certificargli che tutti i passaggi di lavorazione sono stati fatti nel rigoroso rispetto delle norme che tutelano il lavoratore e l’ambiente. E per tutti i produttori coinvolti rappresenta una grande opportunità commerciale per aumentare i volumi di vendita attraverso la piena valorizzazione delle loro olive e dell’olio che ne deriva”.
L’agronomo Manlio Cassandro (nella foto) – chiamato a sviluppare il progetto di filiera olivicola di Aproli (OP con 1.300 soci e 6 mila ettari di oliveti tra le province di Bari e della Bat) in collaborazione con Aifo (Associazione italiana frantoiani oleari) – evidenzia le peculiarità di una iniziativa che, secondo alcune stime, potrebbe sviluppare investimenti complessivi per 50 milioni, concorrendo al bando delle filiere agroalimentari del Pnrr che, come noto, ha un budget complessivo di 850 milioni (da 4 a 50 milioni il finanziamento per ciascun progetto).
Attraverso tale accordo di filiera interregionale i soggetti aderenti potranno effettuare investimenti negli oliveti, nei frantoi, nella realizzazione di impianti per la valorizzazione dei sottoprodotti e la produzione di energia, nella logistica, nell’e-commerce. Dal 40 al 50% il contributo pubblico per le spese ammissibili, per un investimento minimo di 100 mila euro per gli interventi connessi alla produzione primaria (nuovi oliveti, costruzione o ammodernamento edifici rurali, acquisto di macchinari per impianti irrigui o energetici) e di 400 mila euro per quelli legati alla trasformazione e commercializzazione (strutture, impianti, macchinari e attrezzature).
“Il bollino Aifo che caratterizzerà l’olio messo in vendita da questo contratto di filiera – continua Cassandro – sarà sinonimo di piena sostenibilità, permettendo al consumatore di avere tutta una serie di informazioni utili sul prodotto, a partire dal fatto se l’olio è biologico o in produzione integrata, con la certificazione ministeriale della rete della legalità, con un sistema di tracciabilità che si basa sulla tecnologia blockchain e soprattutto con l’ulteriore certificazione di sostenibilità ISCC Plus, uno degli standard più ricercati dalla grande distribuzione”.
E c’è un ulteriore valore aggiunto che questo contratto di filiera offre: “La piena riconoscibilità di questo marchio – aggiunge Cassandro – sarà trasmessa in una campagna di comunicazione in ambito nazionale che, come prevede il bando, durerà ben quattro anni”.
Il progetto, che si avvale del supporto scientifico del Crea e del Distretto Tecnologico Abruzzese, guiderà le aziende in un percorso di sostenibilità e ricerca che passa dal disciplinare di produzione a strumenti di agricoltura di precisione, con l’obiettivo di ridurre l’impatto idrico, gli interventi antiparassitari e tutte quelle azioni che rappresentano costi inutili per l’ambiente e le produzioni. “Non mancheranno – aggiunge Cassandro – azioni per valorizzare gli scarti di lavorazione, come un impianto di produzione di biometano da realizzare tra Andria e Canosa, oltre ad interventi per potenziare la logistica in una logica di stoccaggio intelligente che avrà anche come effetto quello di calmierare gli effetti speculativi.
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