di Andrea Visca, Gaetano Perrotta, Luciana Baldoni, Ornella Calderini, Annamaria Bevivino
La siccità rappresenta una minaccia crescente per la coltivazione dell’olivo nelle regioni del Mediterraneo, dove la disponibilità idrica è sempre più limitata a causa dei cambiamenti climatici. Gli scenari prevedono un aumento della temperatura e una modifica dei modelli di precipitazione, con conseguente incremento dell’evaporazione, riduzione dell’acqua disponibile nel suolo, oltre incremento della salinità dei terreni.
La capacità delle piante di affrontare condizioni di stress idrico dipende non solo dalle loro caratteristiche fisiologiche, ma anche dalle interazioni complesse con i microrganismi presenti nel suolo e nelle radici, veri e propri “alleati invisibili” che aiutano le piante a resistere quando l’acqua scarseggia.

In particolare, sono stati scelti oliveti situati nell’Italia centrale, nei pressi di Perugia, in due siti sperimentali: Boneggio e Lugnano. I ricercatori hanno analizzato la resilienza e l’adattamento funzionale dei microrganismi presenti nelle radici e nel suolo di quattro cultivar di olivo (Arbequina, Koroneiki, Chemlal de Kabilye e Shengeh, originarie rispettivamente dalla Spagna, Grecia, Algeria e Iran), confrontando condizioni di irrigazione normale con stress idrico prolungato, in diverse stagioni dell’anno.
Le prime due cultivar (Arbequina e Koroneiki) sono state riportate in letteratura come più sensibili alla siccità rispetto alle ultime due (Chemlal e Shengeh). Il progetto, coordinato dall’Università di Perugia, vede la partecipazione di ENEA e di altri partner provenienti dalla Francia, Libano, Marocco, Spagna e Tunisia. Lo studio ha evidenziato che, nel suolo, il microbioma rimane relativamente stabile anche in condizioni di siccità, grazie alla ridondanza funzionale delle comunità microbiche; invece, il microbioma rizosferico ed endofitico cambia: la pianta seleziona i batteri più utili a resistere alla mancanza di acqua, migliorando così la sua tolleranza alla siccità.

Tra i batteri più rilevanti, i generi Solirubrobacter, Microvirga e Pseudonocardia emergono come veri protagonisti della risposta alla siccità. Questi microrganismi svolgono funzioni complementari, tra cui il riciclo dei nutrienti, la fissazione dell’azoto e la modulazione degli ormoni vegetali. La loro presenza suggerisce che possano essere impiegati come base per consorzi microbici sintetici progettati per rafforzare la tolleranza alla siccità delle piante e migliorare la produttività degli oliveti mediterranei.
Attraverso la formulazione di comunità sintetiche (SynComs) che replicano il microbioma identificato, queste soluzioni potrebbero essere applicate direttamente sul campo per supportare la salute e la produttività delle piante in condizioni di stress idrico.
I risultati dello studio offrono nuove conoscenze ecologiche ed un vero e proprio manuale operativo per l’agricoltura sostenibile. Dal punto di vista applicativo, i risultati aprono interessanti prospettive per l’agricoltura mediterranea: dall’integrazione di approcci basati sul microbioma, come consorzi microbici o inoculanti mirati, alla selezione di cultivar capaci di attrarre associazioni microbiche favorevoli, al fine di sostenere la produttività in condizioni di scarsità idrica. La comprensione dei meccanismi con cui i microrganismi supportano le piante apre la strada a strategie naturali per aumentare la resilienza degli olivi, senza ricorrere esclusivamente a interventi chimici o irrigazioni intensive. In questo modo, le interazioni tra pianta e microbioma possono diventare soluzioni naturali per aumentare la produttività e la sostenibilità degli agroecosistemi mediterranei in un clima sempre più arido.



















