La favola del Marocco, tanto nel calcio quanto nell’olio

Mercato alimentare nel mondo
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Alzi la mano chi non ha tifato, o quantomeno non abbia parteggiato per il Marocco in questa seconda fase dei Mondiali di calcio! Ma come per il calcio, la favola del Marocco è bella da raccontare anche per l’olio di oliva. E se sabato in Qatar la formazione marocchina si giocherà la finale tra il terzo e quarto posto con la Croazia, in campo olivicolo quel gradino mondiale del podio è lì a due passi e presto, magari non quest’anno, potrebbe contenderselo proprio con l’Italia, o più probabilmente con la Turchia o la Tunisia (atteso che la Spagna si conferma incontrastata leader e per questa annata la Grecia sale al secondo posto).
E già, perché il Marocco dell’olio in questi ultimi anni ha compiuto grandi passi in avanti, ottenendo 200 mila tonnellate di olio nella precedente campagna e continuando ad investire su nuovi oliveti con sistemi moderni di allevamento, grazie ad un forte programma statale con la strategia PMV (Piano Marocco Verde) che punta a trasformare il settore agricolo in una vera e propria leva di sviluppo socio-economico del paese e che coinvolge in maniera importante anche il settore delle olive da mensa. Coinvolte complessivamente 480 mila aziende agricole che proprio dall’olivicoltura traggono la principale fonte di reddito La varietà principale è la picholine marocchina che interessa il 90% del patrimonio olivicolo. Oggi lo stato africano ha superato 1,2 milioni di ettari di oliveti, il 50% in più rispetto ad un decennio fa, dunque più dell’Italia che, in base all’ultimo censimento, scende per la prima volta sotto il milione di ettari. Le esportazioni sono cresciute di quasi il 50% nei primi mesi dell’anno, toccando i 42,3 milioni, ovviamente con i paesi dell’Unione Europea principali acquirenti, con una buona dose anche di olio di sansa di olive, il cui export ha raggiunto il 140%.
Anche il Marocco ha ovviamente pagato a caro prezzo caldo e siccità di questa annata, con gli effetti della siccità che sono stati particolarmente duri in due delle più importanti regioni produttrici di olive: Marrakech-Safi et Fès-Meknès. Ma l’aridità dei terreni è un tema che il paese sta affrontando in maniera incisiva, con investimenti che hanno portato innovazioni tecnologiche per ridurre l’irrigazione del 50%, garantendo una elevata produzione di olive.
Inoltre, con il supporto dell’Unione Europea, le istituzioni locali e la Fao hanno condotto sessioni di formazione e campagne di sensibilizzazione sull’olio d’oliva nelle regioni produttrici del paese, con migliaia di agricoltori e frantoiani che hanno partecipato ai corsi e agli eventi sia su tecniche agronomiche che di estrazione dell’olio. Sempre secondo la Fao la strada da fare è ancora lunga, ma i progressi sono costanti. Ed anche per quanto riguarda l’olio di qualità e le sue proprietà salutistiche, aumenta la sensibilità di operatori e consumatori, sia per una costante campagna di promozione, sia perché, come paese musulmano, i marocchini credono nei benefici dell’olio d’oliva, perché di olive e di olio si fa menzione più volte nel Corano.
Maurizio Loroni, responsabile commerciale Pieralisi nel paese del nord Africa: “È una realtà in profonda evoluzione e, gli antichi metodi agricoli che ancora sopravvivono nelle regioni più estreme del paese, stanno lasciando il passo a moderne tecniche colturali laddove si concentrano i nuovi allevamenti di olivi. Nei territori dove maggiori sono stati gli investimenti, come quello nelle regioni di Fes-Meknes o di Marrakech, la meccanizzazione sta coinvolgendo tutte le attività agronomiche degli oliveti. Anche per i frantoi si sta assistendo ad un profondo ricambio. Qui partivamo da circa 11 mila impianti, la stragrande maggioranza dei quali arcaici, le cosiddette maâsra, con l’asino a girare le presse e l’olio prodotto, di mediocre qualità, utilizzato per l’autoconsumo dall’agricoltore e dai suoi parenti. Oggi ve ne sono almeno 500 che hanno sistema continuo a due o tre fasi con decanter orizzontale ed altrettanti semimoderni con presse idrauliche. È un processo lento ma costante che sta coinvolgendo almeno un buon 30% dell’olivicoltura marocchina. E Pieralisi ovviamente fa la sua parte, perché accanto alla resa, assolutamente prioritaria, sta prendendo campo anche il concetto di qualità. Molti oli di questo paese del nord Africa hanno vinto premi prestigiosi ed il maggior valore aggiunto dato da un extravergine di qualità anche qui viene fortemente percepito da un crescente numero di produttori”.

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