Francesca Gambin – Roberta Ruggeri
Ufficio Economico Aipo
L’Italia è la patria dell’olio d’oliva, icona della Dieta Mediterranea e simbolo di un’agricoltura che unisce tradizione, innovazione e identità culturale.
L’olio d’oliva non è solo un alimento, è un ecosistema economico e sociale, una filiera articolata che coinvolge centinaia di migliaia di aziende, professionisti, tecnici, istituzioni e territori.
Un patrimonio unico al mondo
Alla base di questa filiera si trova una delle colture più diffuse e rappresentative del paesaggio agricolo italiano: l’olivo. Con circa 1,1 milioni di ettari coltivati e oltre 619.000 aziende olivicole attive, l’Italia presenta uno dei comparti agricoli più frammentati e diversificati al mondo. Questa straordinaria complessità varietale, con oltre 500 cultivar censite, si traduce in una molteplicità di oli con caratteristiche organolettiche modellate da clima, suolo e tecniche agronomiche locali, perciò uniche.
La trasformazione dell’olio d’oliva

Una parte consistente di questa produzione è esportata, con un valore che supera 1,4 miliardi di euro, a conferma della reputazione internazionale dell’olio italiano.
Una filiera dinamica e interconnessa

Ogni bottiglia è anche frutto della creatività di designer, grafici, fotografi, copywriter e social media manager, che raccontano e valorizzano l’autenticità del prodotto italiano nel mondo. Il valore complessivo generato dalla filiera olivicola-olearia si distribuisce in molteplici segmenti produttivi.
La mappa economica della filiera
La PLV (produzione lorda vendibile) ammonta a circa 1,2 miliardi di euro, mentre il valore complessivo generato dalla filiera olivicola-olearia supera i 3,3 miliardi di euro annui, così suddivisi:
| Settore | Peso % stimato | Valore in milioni di € |
| Produzione agricola | 35–40% | 1.155–1.320 |
| Frantoi e trasformazione | 15–18% | 495–594 |
| Ricerca e tecnica | 3–5% | 99–165 |
| Meccanica olearia | 4–6% | 132–198 |
| Logistica e trasporti | 3–4% | 99–132 |
| Packaging e imbottigliamento | 5–6% | 165–198 |
| Commercio | 6–8% | 198–264 |
| Vivaistica | 2–3% | 66–99 |
| Comunicazione e formazione | 2–3% | 66–99 |
| Concimi e fitosanitari | 3–4% | 99–132 |
| Import/export | 4–5% | 132–165 |
| GDO e ristorazione | 8–10% | 264–330 |
I territori protagonisti
Sebbene la produzione di olive sia fortemente concentrata nel Mezzogiorno, le attività di trasformazione, confezionamento ed esportazione coinvolgono l’intero territorio nazionale. La Puglia rappresenta la prima regione per superficie olivetata e quantità raccolta, con oltre un milione di tonnellate di olive. Calabria e Sicilia seguono con volumi produttivi molto elevati e una straordinaria ricchezza di varietà autoctone.
Le regioni del Centro come Toscana, Umbria e Lazio si distinguono per la qualità delle produzioni e la forte presenza di imbottigliatori artigianali e industriali.
Nelle aree del Nord, come Liguria, Lombardia e Veneto, sono specializzate in confezionamento e export, con marchi storici noti a livello internazionale.
Aggregazione e programmazione: OP e AOP
Sul piano organizzativo, nel 2024 si contano 131 Organizzazioni di Produttori (OP) e 3 Associazioni di OP (AOP) riconosciute nel comparto olivicolo.
Queste strutture coordinano programmi operativi cofinanziati per un totale di 34,59 milioni di euro annui, con interventi strategici su innovazione, promozione, sostenibilità e gestione delle crisi.
Ricerca e innovazione
A sostenere lo sviluppo della filiera concorrono anche numerosi progetti di ricerca scientifica e tecnica, tra i più rilevanti, il Progetto Oleario condotto dal CREA analizza qualità nutrizionali, etichettatura, analisi sensoriale e sostenibilità ambientale.
Il programma ministeriale Olivemap è invece dedicato alla mappatura delle superfici olivetate e all’analisi delle Organizzazioni di Produttori.
Iniziative, poi, come “Olio in Cattedra” promuovono la cultura olivicola nelle scuole, formando le nuove generazioni sui valori e le potenzialità di questo settore.
Controllo, certificazione e tutela
Sul fronte della qualità, le DOP e IGP italiane sono tutelate da consorzi riconosciuti dal Ministero, che operano in sinergia con un sistema di controllo articolato: panel test, analisi chimiche, verifiche documentali, sopralluoghi in campo, controlli doganali e, quando necessario, interventi delle forze dell’ordine e della magistratura. Attualmente, l’Italia vanta 46 denominazioni DOP e 7 IGP per l’olio extravergine di oliva, a cui si aggiungono 5 DOP/IGP dedicate alle olive da tavola, per un totale di 58 riconoscimenti ufficiali a livello europeo. Di queste, circa 30 sono rappresentate da consorzi di tutela formalmente riconosciuti, che svolgono anche un ruolo attivo nella promozione e nella difesa legale delle denominazioni.
Il sistema di certificazione è affidato a organismi di controllo accreditati (come CSQA, Valoritalia, Bioagricert), mentre la vigilanza e la repressione delle frodi coinvolge una rete di almeno cinque corpi di polizia: l’ICQRF (Ispettorato centrale del Ministero dell’Agricoltura), la Guardia di Finanza, i Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, i Carabinieri Forestali, le Dogane, oltre a possibili interventi delle autorità giudiziarie.
Complessivamente, ogni anno si stima vengano effettuati oltre 15.000 controlli nel comparto olivicolo-oleario, a dimostrazione della rilevanza strategica che questo settore riveste sia sul piano economico sia su quello della legalità e della trasparenza verso il consumatore.
Le olive da mensa
Anche nel mercato delle olive da tavola e delle conserve sott’olio, l’Italia gioca un ruolo importante, esportando verso oltre 60 Paesi e generando un valore compreso tra 300 e 400 milioni di euro annui. Grandi aziende come Citres, Polli, Eurolive e Ortoconserviera Cameranese guidano questo comparto, che beneficia anche della crescente domanda di prodotti gourmet e biologici. L’importazione di olive da trasformazione proviene principalmente da Grecia, Spagna e Tunisia.
L’impatto occupazionale della filiera
Dal punto di vista occupazionale, la filiera si conferma fortemente labour-intensive, con un impatto diretto stimato tra 140.000 e 170.000 unità lavoro.
La distribuzione si articola come segue:
| Settore | Unità lavoro stimate |
| Produzione agricola | 80.000–100.000 |
| Frantoi e trasformazione | 15.000–20.000 |
| Olive da tavola e sott’oli | 10.000–15.000 |
| Logistica e trasporti | 5.000–8.000 |
| Packaging e imbottigliamento | 8.000–10.000 |
| Commercio e GDO | 12.000–15.000 |
| Comunicazione e formazione | 2.000–3.000 |
| Ricerca e tecnica | 1.000–2.000 |
A questi dati si aggiunge un importante indotto, che si stima coinvolga ulteriori 21.000–27.000 unità lavoro, così ripartite:
| Settore | Unità lavoro stimate |
| Meccanica e impiantistica | 6.000–8.000 |
| Packaging, vetro, ceramica | 10.000–12.000 |
| Marketing, design, comunicazione | 5.000–7.000 |
| Totale indotto stimato | 21.000–27.000 |
L’impatto occupazionale complessivo della filiera olivicola-olearia italiana si aggira quindi tra 160.000 e 197.000 persone, a testimonianza della sua rilevanza anche in termini di coesione sociale e presidio del territorio.
Cultura, promozione e visione futura
L’olio extravergine d’oliva è inoltre protagonista di fiere, concorsi e premi di rilievo nazionale e internazionale – come Aipo d’Argento, Sol d’Oro, Ercole Olivario, Flos Olei, Gambero Rosso, Biol, Oro d’Italia – e occupa un posto centrale nella candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO, in quanto componente chiave della Dieta Mediterranea. L’olio italiano, dunque, è molto più di un condimento: è motore economico, simbolo culturale e presidio territoriale. La sua filiera racconta un’Italia operosa, creativa, tecnologica, attenta alla qualità e alla sostenibilità.
Un mondo da proteggere, perché è proprio nella sua complessità e profondità che si cela il vero potenziale dell’Olio d’oliva d’Italia, essere non solo alimento, ma forza trainante dell’economia, della cultura e dell’identità nazionale.



















