Le Dop e le Igp italiane con la distintività dei territori d’origine, rappresentano un volano importante per la crescita competitiva dell’agroalimentare nazionale e per il rilancio del turismo enogastronomico lungo lo stivale. Questo il messaggio portato a Cibus da Cia-Agricoltori Italiani e Italia Olivicola con una retrospettiva sul settore e le opportunità da capitalizzare.
Per Cia e Italia Olivicola è arrivato il momento, infatti, di dare gambe al testo unico europeo sulla qualità per tracciare, fattivamente, la strada sul fronte della valorizzazione e della promozione, partendo da un vero patto tra agricoltori e cittadini.
Il primato italiano
Nel focus il primato italiano nel comparto, una leadership per numero di produzioni certificate, 855 tra cibo e vino, e un fatturato di 20 miliardi, rispetto ai 3.500 prodotti registrati Ue per un giro d’affari di 80 miliardi. Ma non basta, Cia e Italia Olivicola guardano ai quasi 9 miliardi di euro di valore all’origine del comparto cibo Dop e Igp, per un fatturato al consumo finale superiore ai 17 miliardi di euro, pari a una crescita del 6%. Inoltre, il valore aggiunto su cui lavorare sta anche nel 76% degli italiani che acquista prodotti alimentari certificati almeno una volta al mese, come in quel 45% di cittadini che non riconosce l’origine in uno specifico territorio.
La conquistata riforma del Regolamento Ue sulle Indicazioni geografiche rappresenta un importante passo in avanti nella salvaguardia e nella promozione dei prodotti Dop e Igp. Ora, per essere davvero efficace nella sua attenzione alla qualità e all’innovazione rispetto a trasparenza e a sostenibilità, deve saper puntare sulla centralità del rapporto tra produttori e consumatori. Il richiamo di Cia e Italia Olivicola è a quell’alleanza stabile in grado di accrescere il peso decisionale dei due anelli della filiera agroalimentare.
“Dobbiamo condividere con il Paese un’operazione trasparenza – ha detto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. Il caro-vita va affrontato anche favorendo iniziative per una corretta informazione rispetto alla reale formazione dei prezzi dal campo allo scaffale, per una maggiore consapevolezza nelle scelte di acquisto che metta a fuoco la tracciabilità, ma anche il legame con l’autenticità e l’unicità di specifiche zone geografiche. Tutto ciò -ha aggiunto- fa parte della qualità che si acquista e, in assoluto Dop e Igp costituiscono un significativo elemento di valorizzazione dei sistemi produttivi e dei territori”.
Il ruolo e i numeri dell’olio di oliva certificato
Oggi l’olio da olive Dop e Igp italiano vale 85 milioni, con una riduzione del 4%. La produzione certificata è pari a 13 mila tonnellate, con un aumento del 3,6%. Il valore al consumo è diminuito del 5,7%, ed è pari a 142 milioni di euro, mentre il valore all’export è di 62 milioni, inferiore del 0,3% rispetto al precedente rapporto. Gli operatori della filiera sono in totale 23.418 e 50 sono i prodotti tutelati dalle Indicazioni Geografiche.
“Le denominazioni di origine nel mondo dell’olio extravergine di oliva sono il futuro – ha dichiarato il presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo -. Oggi rappresentano solo il 4% del mercato, ma è significativo che la quantità certificata cresca di anno in anno. Scontiamo anche poca organizzazione, soprattutto sul fronte commerciale: 4 denominazioni fanno il 74% del mercato. Purtroppo, troppo spesso, sono state utilizzate dalla GDO e dell’industria olearia come grimaldello per conquistare spazi a scaffale, più che nuovi consumatori. I 23 mila olivicoltori che certificano meritano rispetto e uno sbocco commerciale di successo, un’adeguata valorizzazione per la qualità e la tipicità degli oli Dop/Igp e non speculazioni al ribasso. Va invertito il trend, anche grazie al marchio Terre del Sole.”
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