Olivicoltura: l’efficacia delle polveri di roccia contro caldo e mosca

Con temperature costantemente superiori ai 32 gradi, l'olivo è sottoposto a forti stress, con necrosi delle olive piccole e, alla lunga, con effetti sull'olio prodotto. Ecco una strategia agronomica di difesa che ha positivi effetti anche sui parassiti
AIPO
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Giugno sta registrando temperature negli oliveti italiani superiori ai 32 – 33°C , dato che non rappresenta più un’eccezione, ma una nuova normalità climatica. Questo innalzamento termico porta a un aumento dell’evapotraspirazione, ovvero la perdita di acqua dal terreno e dalle piante, creando possibili stress idrici.

Quando, poi, la foglia è direttamente esposta alla luce solare, la sua temperatura diventa più alta rispetto all’aria circostante e, ancora più, se la foglia ha una bassa capacità di traspirazione, come quella dell’olivo, che gli permette di sopravvivere in ambienti con precipitazioni scarse, ma a scapito della produttività.

Per far fronte a questi problemi da alcuni anni si utilizzano polveri minerali a base di caolino, calce, betonite, talco, zeolite, che sono entrate nella pratica agronomica per la gestione sostenibile dell’oliveto. Queste polveri di roccia agiscono principalmente attraverso un effetto schermante e, una volta applicate sulla superficie fogliare e sulle olive, riflettono la luce, limitando il riscaldamento dei tessuti fogliari, anche di 5-6°C.

Da considerare che nella prima fase di sviluppo le piccole olive sono sensibili agli stress termici e, in condizioni di elevata temperatura esterna, aumenta anche quella loro interna, che può portare a danni strutturali a livello cellulare, con conseguente necrosi dei tessuti e dell’oliva stessa.

L’esposizione a temperature elevate influisce anche sulla olive in corso di maturazione, portando a una riduzione della percentuale di acido oleico e un aumento relativo degli acidi grassi saturi (palmitico, stearico, miristico). Questo potrebbe portare a modificare le proprietà sensoriali dell’olio, che perderebbe parte della sua morbidezza e del sapore delicato.

Le polveri di roccia

La riflessione della radiazione solare delle polveri di roccia protegge le olive da fenomeni di scottatura, impedisce l’ingiallimento prematuro delle foglie e limita la disidratazione dei tessuti.

Sebbene non siano classificabili come fitofarmaci, le polveri di roccia contengono eventuali infestazioni e infezioni da parassiti, in particolare, nei confronti della mosca dell’olivo, grazie a una combinazione di più meccanismi.

L’applicazione di polveri di roccia (come il caolino Agrobioclay ) esercita un effetto repellente e antideponente nei confronti della mosca dell’olivo, agendo su diversi meccanismi di interazione tra l’insetto e la pianta ospite. La copertura delle drupe modifica la colorazione del frutto, compromettendo la percezione visiva e quindi la capacità dell’insetto di individuare il sito ottimale per l’ovideposizione.

Parallelamente, l’imbrattamento riduce la diffusione dei segnali chimici attrattivi, alterando la dispersione degli idrocarburi volatili, toluene ed etilbenzene, naturalmente presenti nelle olive a mezza maturazione, e di composti come acetaldeide ed etilene, prodotti dai frutti in fase di maturazione o in condizioni di stress fisiologico.

Questi segnali chimici, normalmente coinvolti nell’attrazione della mosca, vengono schermati dal deposito di particelle minerali, riducendo sensibilmente la probabilità di ovideposizione. In aggiunta, il contatto diretto con le polveri di roccia compromette la funzionalità degli insetti attraverso diversi meccanismi. L’effetto abrasivo e disseccante danneggia la cuticola, causando disidratazione e, in alcuni casi, la morte dell’insetto.

Al tempo stesso, le polveri interferiscono con le strutture sensoriali olfattive e gustative, alterandone la capacità di percezione dell’ambiente e della pianta ospite.

Questi effetti disturbano gli insetti fitofagi, tra cui alcuni lepidotteri, come la Margaronia, e coleotteri, come l’Oziorrinco, rendendo le polveri minerali strumenti polivalenti nelle strategie di difesa integrata.

La quantità necessaria

Per garantire un’azione efficace e duratura, è necessario pianificare gli interventi un primo trattamento va effettuato a inizio estate con dosi di circa 45-50 kg/ha. Vanno seguiti interventi ogni 2-3 settimane, in funzione delle piogge e della persistenza della pellicola protettiva, con dosaggi di mantenimento pari a 25-30 kg/ha.

L’applicazione deve essere il più possibile uniforme, con particolare attenzione alla parte superiore della chioma, più esposta alla luce solare diretta. È consigliato l’uso di atomizzatori ad alta pressione con ugelli finemente regolati. In alcuni casi, le polveri possono essere miscelate con corroboranti, estratti vegetali o microrganismi utili.

L’adozione delle polveri di roccia in olivicoltura non solo migliora la resistenza della pianta agli stress climatici e la difesa contro gli insetti, ma comporta anche vantaggi ambientali significativi. Essendo prodotti di origine minerale, queste polveri non lasciano residui su olive o suolo, sono ammessi nei disciplinari di agricoltura biologica, non hanno azione sistemica o selettiva su impollinatori, predatori naturali o lombrichi.

Alcuni studi suggeriscono anche un’azione indiretta contro patogeni fungini, come l’occhio di pavone, la lebbra, la piombatura grazie alla minore umidità relativa sulla superficie fogliare trattata e al cambiamento del pH che diventa più alcalino, quindi meno favorevole allo sviluppo di miceti patogeni.

Conclusioni

Le polveri di roccia rappresentano uno strumento agronomico di grande attualità per l’olivicoltura in un contesto climatico caldo e siccitoso, coadiuvando a contrastare anche i parassiti.

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

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Tags: Aipo, caolino, in evidenza, oliveti, olivicoltura, polveri di roccia, Zeolite

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