L’ondata di caldo che ha investito le aree olivicole italiane durante questa fase di primo ingrossamento delle olive rappresenta un pericolo per il loro sviluppo.
Le temperature che superano i 33-34°C, spesso accompagnate da venti caldi e secchi, mettono sotto stress l’intero sistema pianta-suolo-atmosfera, con ripercussioni significative sulla fisiologia dell’olivo e sulla produttività finale.
L’effetto combinato di calore e vento
In condizioni normali, gli olivi sono in grado di affrontare situazioni di moderata siccità grazie a meccanismi fisiologici adattativi che riducono la perdita d’acqua.
La combinazione di alte temperature e forte ventilazione, però, accelera l’evapotraspirazione, ovvero la somma della traspirazione delle foglie e dell’evaporazione dal suolo, determinando una rapida diminuzione dell’umidità disponibile nello strato esplorato dalle radici.
Anche se, inizialmente, i terreni erano mediamente ben idratati, l’intensa evaporazione e la traspirazione causata dal caldo e dal vento potrebbero far esaurire rapidamente le riserve d’acqua disponibili per le radici, compromettendo l’equilibrio idrico ed energetico della pianta.
Le foglie, nel tentativo di proteggersi dalla disidratazione, chiudono gli stomi, compromettendo la fotosintesi e riducendo la produzione di assimilati fondamentali per la crescita del frutto. Le alte temperature poi modificano la fluidità delle membrane cellulari, costituite principalmente da lipidi, che diventano instabili e perdono la loro funzione di barriera. Questo porta a una maggiore perdita d’acqua e, nei casi più critici, a necrosi localizzate.
Olive piccole e sensibili: il rischio della disidratazione
Le olive, in questa fase, sono di dimensioni contenute e molto esposte ai raggi solari diretti. Quando le temperature superano i 33-34°C, la superficie dell’oliva può raggiungere valori ancora più elevati e, in condizioni di forte insolazione, la temperatura della sua superficie può raggiungere e superare i 40°C, con effetti deleteri sui tessuti epidermici.
Le drupe perdono turgescenza e, in alcuni casi, possono manifestare raggrinzimenti e fenomeni di senescenza accelerata o necrosi dei tessuti esposti.
Tecniche agronomiche per mitigare lo stress da caldo
Per fronteggiare questi stress, gli olivicoltori possono adottare diverse strategie di protezione che rafforzano le difese fisiologiche delle piante e limitano la perdita d’acqua:
- corroboranti a base di glicina betaina: questo osmoprotettore naturale aiuta le cellule a trattenere acqua, stabilizzando le membrane e migliorando la tolleranza alla siccità;
- estratti di alghe marine: ricchi di fitormoni, polisaccaridi e oligoelementi, stimolano le difese naturali della pianta e ne aumentano la resistenza agli stress ambientali;
- distillati di legno: derivati dalla pirolisi della biomassa legnosa, fungono da bioattivatori, migliorando la vitalità generale delle piante e la loro efficienza metabolica;
- polveri di roccia (caolino, bentonite, zeolite, talco, calce agricola): applicate sulla chioma, riflettono parte della radiazione solare e abbassano la temperatura delle superfici fogliari e fruttifere, contribuendo a ridurre la traspirazione e a proteggere i tessuti dai danni termici.
L’importanza della gestione idrica
Oltre alle strategie fogliari, è fondamentale una gestione razionale dell’acqua.
Irrigazioni di soccorso mirate possono aiutare la pianta a superare le fasi più calde, evitando stress idrico e garantendo una produzione più equilibrata. Monitorare l’umidità del suolo e intervenire tempestivamente può fare la differenza nel mantenere la vitalità dell’oliveto, soprattutto nelle stagioni più critiche.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli