L’olio extra vergine di oliva ha un’azione nutraceutica, non tanto perché classificato come “extra vergine”, ma piuttosto perché è un prodotto caratterizzato da “molecole bioattive” come l’acido oleico, l’alfa-tocoferolo (o vitamina E) ed i composti fenolici (in particolare i secoiridoidi, unici nel mondo vegetale).
Non tutti gli oli, classificati come extra vergini, hanno un’azione salutistica per l’ampia variabilità del contenuto di acido oleico (che possono variare dal 55% all’ 85%), dei composti fenolici (40-1200 mg/Kg) e dell’alfa-tocoferolo (23-751 mg/Kg).
L’olio di oliva è considerato un elisir salutistico da millenni, infatti la prima conferma è riportata nel papiro di Ebers, dove, già nel 1550 a. C., veniva utilizzato nelle gastriti, nelle scottature, nelle piaghe e nel trattamento delle rughe.
Cleopatra d’Egitto (69-30 a.C.) usava l’olio di oliva negli unguenti come antirughe. Quelli maggiormente noti erano: l’olio di cedro, l’olio libico e l’olio di lillà, ma anche l’unguento a base di olio di oliva, mirto, alloro, maggiorana, giglio, trigonella era tra i favoriti. In un papiro è riportata una ricetta di cosmetica con la funzione di idratare e nutrire la pelle mediante un oleolito, a base di olio di oliva, bacche di cipresso, cera e grani di incenso.

Ippocrate (460-377 a.C.), riteneva importante l’uso farmacologico dell’olio di oliva in almeno 60 condizioni patologiche, dalle ustioni alla cura delle ferite e piaghe, dalle malattie dell’orecchio a quelle ginecologiche, perfino nelle dermopatie, come emolliente e lassativo, come antielmintico ed anti-scabbia.
Lucio Giunio Moderato Columella (4-70 d.C), in De Re Rustica (Liber VI, IV,2), suggerisce l’olio in 26 diverse misture per la cura delle malattie del bestiame, come quella di tritare il marrubio con olio e vino oppure l’aglio pestato con l’olio, di curare i tagli utilizzando pece ed olio (VII) oppure negli ascessi, dopo l’incisione, di fasciarli con bende imbevute di pece liquida ed olio (XI). Inoltre il rimedio consigliato per la scabbia era una miscela ottenuta macinando, Dictamnus albus L., zolfo e morchia cotti con una miscela di olio ed aceto (XIII). Nelle ferite degli animali è riportato l’utilizzo, come cicatrizzante, della pece liquida ed olio (XXVI).
Plinio il Vecchio (24-79 d.C.) scrive che l’olio di oliva veniva impiegato nel trattamento delle febbri, come antielmintico, emolliente e lassativo, nonché come base per preparare 48 diversi fitomedicamenti.
Altre tradizioni, che tramandavano l’utilizzo di olio di oliva, nel quale erano precedentemente macerate bacche ed erbe, risale al trattato “De materia medica” di Pedanius Dioscorides, medico-farmacista, vissuto ai tempi di Nerone nel I secolo d.C. Questa pietra miliare della farmacologia riporta su 4740 preparazioni medicinali, la maggior parte unguenti a base di olio d’oliva oppure da usarsi puro, per i disturbi gastrici. Una curiosità: per Dioscorides l’olio di oliva funzionava anche contro i “veleni mortiferi” che non siamo riusciti ad interpretare.
L’olio di oliva, per uso medico, era ricavato da olive acerbe, denominato omphacium (cioè acerbo): mescolato alla polpa del pane, era posizionato sulle ferite, come protezione, dopo accurata detersione con vino rosso. L’oliva, per estrarre l’olio omphacium, era raccolta precocemente, era limpidissimo, maggiormente capace di dissolvere i principi attivi delle erbe medicinali, base perfetta sia per i profumi che per i medicinali.
Secondo Columella il miglior olio, per i preparati, era la varietà Culminea, mentre non adatta la Sergia e la Licinia.
Che l’olio di Venafro fosse eccellente è testimoniato anche da altri autori, quali Plinio G. Secondo Senior, Quinto Orazio Flacco, Stradone di Amantea e Publio Virgilio Marone. Anche altri oli erano ritenuti buoni, quello di Sibari, di Taranto, del Piceno, della costa ligure e della Sabina, mentre pessimi erano quelli africani.

Non solo l’olio ma anche le foglie di olivo erano apprezzate per le proprietà antinfiammatorie, diuretiche, ipoglicemizzanti, astringenti, antipertensive, anti gotta e cicatrizzanti; venivano usate per realizzare pomate (assieme al vino) contro le infiammazioni cutanee e come rimedio alle ulcerazioni. Le ceneri delle foglie erano utilizzate in impacchi, contro le infiammazioni oculari.
La morchia, che sedimentava negli orci, se mescolata con aceto, vino o vino di miele, era impiegata contro il mal di denti o applicata localmente, contro la gotta e l’artrite. La si utilizzava, infine, anche per curare la rogna dei mammiferi.
Anche Galeno di Pergamo, dal cui nome derivano i “preparati galenici”, consigliava l’olio come base e veicolo di sostanze dell’erboristeria e cita l’olio di oliva nelle 150 pagine dei suoi ricettari come sostanza utile ad alleviare sintomi legati a varie patologie: dagli spasmi ai dolori dopo il parto, dal mal d’orecchi e mal di pancia ai tremori. Curiose le ricette galeniche: “per far crescere li capelli: Recipe cape, e brucciale in una tecchia, e poi falle bollire in oglio comune, e ungi il luogo nudo, che cresceranno, ed è prouato”; “per combattere li tremori: recipe sugo di artemilla, siue artemisia, e mescola con oglio buono, e scalda l’uno con l’altro, e così caldo ungi la sera, e la mattina, più volete guarirà”; “dolori che viene alle donne dietro il parto: recipe foglie di caule, foglie di mirrha, e di mercorella, tanto dell’uno, quanto dell’altro, e cuocile in oglio, e fanne impiastro, e caldo mettilo sopra il petenecchio, e sopra la natura, manderà via gli dologi, e purga la natura”.
L’olio rancido veniva utilizzato come componente di misture per impedire gravidanze indesiderate e, questo “primitivo anticoncezionale”, dell’antica Roma, veniva utilizzato in situ, creando un ambiente sfavorevole alla vitalità degli spermatozoi. Era composto da “olio di oliva rancido, miele, olio di mirto, resina di cedro, cerussa (biacca o bianco di piombo), resina gommosa di galbano, mescolati con il vino”.
Cicerone (106-43 a.C.) nel De agricoltura, definisce anche gli aspetti salutistici dell’olio di oliva definendolo pinguis liquor olivae.
Durante il Medioevo e nel Rinascimento veniva utilizzato come febbrifugo, per alleviare le infezioni ginecologiche, come emolliente e diuretico.
Ancora nel Medioevo era prescritto dal Monacus Infirmorum (lo speziale delle abbazie) che preparava il “Balsamo del Samaritano” (emulsione di olio di oliva, vino e albume d’uovo), per il trattamento delle scottature, delle piaghe e per calmare i pruriti, anche da punture d’insetti. L’olio di oliva era impiegato caldo sulla fronte, accompagnato da un segno di croce, ritenendolo efficace contro il mal di testa e l’emicrania.
La Scuola Medica Salernitana (nel IX-XII secolo) lo riporta come farmaco ipotensivo e diuretico, assieme all’infuso di foglie di olivo.
Nelle farmacie non mancava mai il vaso dell’Oleum. Nell’800 era usato in caso di otite, piorrea, nevrite, distorsioni, nell’estrazione delle spine dalla pelle, nel massaggio dei bambini rachitici, per ammorbidire i duroni dei piedi, nei geloni (eritema pernio), per contrastare la caduta dei capelli e infine come purgante.
L’olio rappresenta il mondo antico, difatti i popoli nomadi del Mediterraneo uscirono dalla barbarie quando, divennero stanziali, ed impararono a coltivare l’olivo, la vite ed il grano (Tucidide 460-404 a.C.).
Il lardo e lo strutto rappresentano il Medioevo, portato con le invasioni barbariche degli Ostrogoti, Goti e dei Longobardi; era il simbolo della civiltà nomade e pastorale denominata anche la “civiltà dei barbari”.
Il burro rappresenta il mondo moderno: la sua produzione industriale inizia nel 1878, con l’implementazione delle centrifughe di Gustavo Laval – Svezia. Il burro rimane il grasso preferito in Nord Europa mentre l’olio è elettivo nel Sud del continente.
Già da oltre un secolo le analisi hanno confermato che l’olio ha una composizione fisiologica simile a quella del latte materno e del tessuto adiposo umano.

Keys, ideatore della “Razione K” e della “Dieta Mediterranea”, ha posto l’accento sul fatto che, nell’isola di Creta, dove gli abitanti fanno uso esclusivo di olio di oliva, la mortalità per coronaropatie era del 2,5%, un decimo delle popolazioni anglosassoni consumatrici di grassi alimentari, principalmente di origine animale.
Oggi le proprietà dei componenti bioattivi dell’olio EVO sull’organismo umano, possono essere indagate con tecniche omiche, come l’epigenomica (studia i processi di rimodellamento della cromatina, come l’acetilazione o la metilazione…), la trascrittomica (valutazione dei livelli di trascritti di RNA), la proteomica (studio dell’interazione tra proteine), la metabolomica (metaboliti come espressione genica), la fluxomica (misura della velocità di una reazione metabolica) e la nutrigenomica (studio delle interazioni tra le molecole degli alimenti ed i cambiamenti epigenetici del DNA).
Con questi nuovi metodi di indagine si è verificato che l’olio EVO influenza molti geni della cellula, come ad esempio MCP (monocyte chemoattractant protein), IL7R (interleukin-7 receptor), IFNc (interferone), TNFa (tumor necrosis factor-alfa), ADBR2 (recettore beta-adrenergico B2), CXCL-10 (Motif Chemokine Ligand 10), MCS-F (macrophage colony-stimulating factor), IL -1ß (interleuchina 1 beta), COX-2 (ciclossigenasi), VEGF,MMP-2 (matrix metalloproteinase) ecc., geni implicati nell’espressione a risposte infiammatorie, ossidative, angiogenetiche e dismetaboliche.
L’olio extra vergine d’oliva, di qualità salutistica, non è un farmaco, ma un “alimento funzionale” prezioso per le sue molecole bioattive, con un ruolo fondamentale nella prevenzione di diverse malattie, in particolare quelle cardiovascolari, infiammatorie, neurodegenerative e di alcuni tipi di tumori. Il suo consumo regolare, all’interno di una dieta equilibrata, è un’ottima pratica per preservare la salute e migliorare l’invecchiamento.
Vujovic A. L’olio di oliva tra storia e scienza. Francesco Tozzuolo Editore. Perugia 2020.














