Massima prudenza, perché la sperimentazione non è ancora completata. Ma presto, molto presto, potrebbero essere annunciate altre due nuove varietà olivicole resistenti a Xylella Fastidiosa che si andranno ad aggiungere a Leccino e Favolosa (o Fs17). E sarebbe un risultato straordinario perché, con quattro varietà presenti anziché due, si creerebbero le migliori condizioni per scongiurare che un qualsiasi futuro attacco patogeno possa ripetere quello che ha prodotto Xylella. La quale, come noto, approdata in Salento esattamente 10 anni fa, ha avuto drammaticamente vita facile contro le uniche due varietà prevalenti presenti – vale a dire l’Ogliarola Salentina e la Cellina di Nardò – entrambe estremamente sensibili.
L’annuncio lo ha dato ad Agrilevante, la fiera tenutasi a Bari, il responsabile della sede di Bari dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Cnr, Donato Boscia (nella foto), punto di riferimento della ricerca scientifica contro questo batterio.
Boscia, con la sua proverbiale prudenza, non ha voluto svelare i nomi delle varietà che producono olive da olio (e non da mensa, dunque è esclusa la varietà Sant’Agostino che Coldiretti Puglia ha annunciato essere anch’essa resistente al batterio). Da parte sua, però, il noto fitopatologo, si è dimostrato abbastanza fiducioso che l’imminente fine del periodo di sperimentazione, porterà risultati positivi.
L’occasione ha permesso a Donato Boscia anche di confermare un’altra buona notizia: il rallentamento della diffusione a nord della Xylella e l’attenuazione di nuovi disseccamenti nel basso Salento. “Sono entrambe – ha spiegato – indicazioni incoraggianti che sembrano confermare l’efficacia delle strategie di contenimento che puntano a ridurre, da un lato, la popolazione degli infetti vettori e, dall’altro, le fonti di infezioni”.
Nella sua relazione, il fitopatologo ha spiegato come il serbatoio d’inoculo si sia drasticamente ridotto, con conseguente crollo dell’efficacia dei vettori e una forte riduzione delle reinfezioni (reinoculazioni) delle piante infette. “Sono le reinfezioni – ha aggiunto – che sembrano essere alla base del decorso rapido e gravi della sintomatologia sulle piante infette”.
La drastica riduzione del serbatoio di inoculo è dovuto essenzialmente a diversi fattori: innanzitutto una significativa riduzione della vegetazione ad alta carica batteria dovuta al disseccamento degli olivi; secondariamente ad una massiccia rimozione di oliveti danneggiati, spesso sostituiti (oltre 3 milioni di piante) con cultivar resistenti a basso titolo batterico in caso di infezione; altro elemento che ha inciso – e qui ci sta bene anche un “purtroppo” – l’alta frequenza di incendi negli oliveti compromessi o abbandonati; infine il divieto di impianto di cultivar altamente sensibili.
“Bene, dunque – ha evidenziato il patologo – continuare con le strategie di contenimento adottate”. Queste, oltre a prevedere il già detto divieto di impianto di specie o varietà altamente sensibile che previene la creazione di nuova massa vegetale altamente infetta, si sostanziano in alcune precise misure: le azioni di controllo dei vettori, sia delle forme giovanili con le lavorazioni primaverili del terreno che delle forme adulte con trattamenti insetticidi; l’espianto di olivi irrimediabilmente compromessi; la sostituzione, mediante sovrainnesto, delle chiome ancora sane di varietà altamente suscettibili con varietà resistenti; il monitoraggio e la rimozione delle piante infette nelle zone di frontiera dell’epidemia.
“Tutte azioni – ha concluso Donato Boscia – che concorrono a ridurre sia la popolazione degli insetti vettori che le fonti di infezione, contribuendo a rallentare la diffusione del batterio e il decorso della patologia sulle piante infette”.