I cancri rameali sono un bel problema. È necessario fare attenzione alla loro prevenzione e alla loro cura. Della loro causa ne sono responsabili dei funghi patogeni, singoli o uniti in consorzi fungini (Botryosphaeriaceae, Phoma, Neofusicoccum e altre famiglie).
Questi funghi sono generalmente segnalati come patogeni deboli o opportunisti. Inizialmente possono presentarsi poco virulenti, ma diventano aggressivi approfittando di occasionali indebolimenti delle piante, causati da stress, come quelli idrici o carenze di elementi nutritivi, che le rendono meno resistenti. È da considerare che, l’aumento delle temperature che si è avuto in questi ultimi anni, potrebbe aver reso questi funghi più insidiosi e aggressivi.
I sintomi iniziali dei cancri rameali sono dati da iniziali depressioni della corteccia, depressioni che assumono un colore bruno rossastro e una forma quasi ovale, si sviluppano longitudinale e tendono a lacerarsi. In seguito, questi avvallamenti imbruniscono e necrotizzano, si fessurano e si squamano.
La pianta, in questi punti d’infezione, tende a formare dei calli cicatriziali, tentando di arginare l’avanzare della malattia. Il tessuto infetto ispessisce e diventa spugnoso, poi inaridisce, si piega e si attorcigliarsi con facilità.
I disseccamenti sopraggiungono in breve tempo per la perdita di funzionalità dei vasi linfatici, che interrompono gli scambi idrici e nutrizionali tra le radici e la parte superiore del ramo infetto. A volte la corteccia lacerata si solleva, formando dei singoli indurimenti acuminati, quasi a forma una catena di spine.
Se si taglia trasversalmente la parte più giovane del ramo colpito, l’alburno, si rilevano, lungo i vasi linfatici, delle striature marrone. Se si seziona trasversalmente il ramo o la branca, in corrispondenza dei cancri, si osservano che le striature marrone formano una caratteristica forma a ‘V’, che si estendono sino a raggiungere il midollo centrale.
In questo caso la pianta non solo va incontro a disseccamenti delle porzioni colpite ma, nei casi più gravi ed estesi, potrebbe interviene anche alla morte. Le foglie sopra la parte infetta appassiscono e diventano di colore ruggine, non si staccano ma rimangono saldate al ramo, cadono in autunno lasciando i rami spogli. Negli oliveti colpiti si possono osservare, particolarmente nei mesi di ottobre e novembre, piante che mostrano clorosi fogliare e, sovente, muoiono improvvisamente.
L’infezione, una volta entrata nell’oliveto, sembra si diffonda grazie alle ferite da potatura e da raccolta, che potrebbero rappresentare una facile via d’accesso; non si esclude il concorso d’insetti, come la Cecidomia, la Cimice asiatica o altri che, con il loro apparato boccale pungente e succhiante, provocano anch’essi microferite da nutrizione.
I cancri rameali portano a un generale deperimento della pianta e rapidi disseccamenti dei rami e di parte della chioma, come pure di parte dell’apparato radicale, dove si formano delle zone secche e necrotiche, che limitano l’assorbimento e il passaggio delle sostanze nutritive.
I sintomi di lesioni da cancri rameali anche nelle radici sono dati dalla presenza di olive con polpa raggrinzita, simile a una disidratazione per carenza idrica e, questo, anche se hanno avuto sufficienti apporti di acqua. Per evitare la malattia è importante disinfettare gli attrezzi da lavoro e controllare gli alberi periodicamente, per prevenire e curare eventuali lesioni causate da fattori atmosferici.
Per impedire la diffusione di questa malattia, vanno asportati i rami infetti, almeno a 10 – 15 cm sotto la zona colpita, che andranno allontanati dall’oliveto. Prevenzione è data anche da interventi fitosanitari nel post raccolta, utilizzando prodotti rameici o il fosfonato di potassio.
Negli oliveti dove è stata accertata la presenza dei cancri rameali, si consiglia, alla ripresa vegetativa e/o dopo la potatura, di attuare un trattamento con dodina. A seguire, in prefioritura, compiere un intervento con tebuconazolo + trifloxystrobine, poi, ad allegagione avvenuta, con difenoconazolo, rifacendolo al primo ingrossamento delle olive. Questi interventi sono utili a contenere le popolazioni anche altri parassiti fungini, come l’occhio di pavone, la piombatura e la lebbra.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli