Metti due sorelle frantoiane ed un olio di oliva vegano, anzi il primo e finora unico olio di oliva vegano in Italia (e forse nel mondo). Ingredienti assolutamente originali per raccontare una storia altrettanto originale.
Siamo in Toscana, a Montepulciano, nome che evoca più il vino Nobile che l’olio extravergine di oliva. Il quale olio, a ben vedere, in questa terra la sua nobiltà la può rivendicare a pieno titolo, forte di un invidiabile patrimonio varietale.
Le sorelle sono Alessandra ed Emanuela Buraschi, al timone del frantoio di famiglia avviato 58 anni orsono dal padre Otello che alle due figlie ha trasmesso la passione. Loro ci hanno aggiunto scelte innovative che le hanno portate a produrre, nell’impianto Pieralisi, ben sei diversi tipi di olio: spiccano tre Igp – che sono l’Igp Toscano tradizionale e le menzioni speciali riconosciute di Igp Toscano Montepulciano per due tipologie di olio – un biologico, un italiano e, la curiosità finale appunto, un olio vegano.
Ma che significa olio vegano e come è venuto in mente di realizzarlo?
“Quello che ci ha spinte ad avventurarci nel mondo vegano – raccontano le due sorelle – è stato il desiderio di voler rispettare la vita, di escludere tutte le forme di sfruttamento e crudeltà verso gli animali. La produzione del nostro olio extravergine di oliva vegano ha comportato una lavorazione più complessa in ragione di una qualità molto elevata delle cultivar e una resa inferiore in termini di estrazione di olio. Il risultato: un olio ricchissimo di polifenoli, di vitamine e di antiossidanti. Insomma, un elisir per la salute ed il benessere”.
Ma, in pratica, quali sono i presupposti per definirlo vegano?
“Nei vari passaggi che vanno dall’oliveto al confezionamento finale non ci sono prodotti che, in tutto o in parte, possono avere origine animale. Ad esempio, molti concimi vengono preparati anche con scarti di carne da macelleria, oppure i concimi fogliari hanno sangue di animali. Ma anche il filtraggio dell’olio, che noi per altro ripetiamo due volte, è generalmente composto da filtri realizzati spesso con parti di stomaco di animale. Ecco, tutte queste componenti le abbiamo messi da parte, privilegiando solo ed esclusivamente materiali naturali non di origine animale”.
Obiezione scontata: si fa presto a dire vegano, ma chi lo attesta?
“Con Icea, che è uno dei primi organismi per il rilascio di certificazioni biologiche, abbiamo predisposto un protocollo di controllo che seguiamo scrupolosamente e che ci permette di classificare vegano l’olio che rispetta determinate caratteristiche produttive”.
La risposta dei consumatori?
“Va detto che siamo partiti con la commercializzazione dell’olio vegano solo due anni fa, con un quantitativo modesto, circa 20 quintali. Lo vendiamo in frantoio perché qui svolgiamo anche attività esperenziali, come degustazioni di oli, corsi di assaggio, percorsi gustativi, corsi di cucina toscana. E tra chi ci viene a trovare, compresi turisti stranieri ed italiani, vi sono vegetariani e vegani che hanno dimostrato di apprezzare questo prodotto e la filosofia che lo racchiude. Ma non sono i soli. Ci sono vegani che giungono appositamente in frantoio per acquistarlo. Parliamo certamente di una nicchia. Ma è una nicchia che ci dà orgoglio”.
Tra gli oli che producete vi anche quello Igp Toscano con la menzione Montepulciano: un’altra originale peculiarità, giusto?
“Esattamente, l’Igp Toscano prevede che possano essere indicate sottozone. E dunque abbiamo certificato l’Igp Toscano Montepulciano che proponiamo in due versioni: Corinna, dal nome di nostra nonna, con le olive quasi per la totalità di varietà Correggiolo provenienti dall’oliveto dove era nata, e Crepaldo, dal nome di una antica pieve o badia, caratterizzato dai profumi e sapori delle tre varietà per antonomasia della Toscana, il Moraiolo, il Leccino e il Frantoio”.
Veniamo al frantoio in rosa: non pesa l’assenza di un maschietto per i lavori più pesanti?
“No, abbiamo una aiutante stagionale, anche essa donna, e portiamo avanti senza difficoltà il nostro lavoro, scaricando cassoni, seguendo l’intero processo di trasformazione fino al confezionamento finale. C’è da lavorare, è sì faticoso, ma alla fine sono belle soddisfazioni.”
Scopriamo che Alessandra, oltre ad essere assaggiatrice, ha acquisito anche il diploma di tecnico di frantoio ed è fresca sommelier dell’olio, mentre Emanuela, pur non vantando gli stessi titoli, maneggia le macchine del frantoio con disinvolta maestria. Entrambe con l’obiettivo di guardare al futuro per cogliere nuove entusiasmanti sfide.
Sfoglia gratuitamente L’OlivoNews cliccando qui.