Con la fine di novembre 2025, si sono manifestati improvvisi e marcati cali di temperatura. Benché le flessioni termiche non abbiano raggiunto livelli di gelo immediatamente letale, il calo al di sotto dei 3 – 5°C pone l’olivo in uno stato di allarme fisiologico.
A questa soglia, infatti, si innesca il processo di acclimatazione al freddo (Cold Hardening), una fase che richiede un abbassamento termico lento e graduale per sviluppare pienamente la tolleranza invernale. Un calo termico repentino a novembre interrompe bruscamente questa acclimatazione, cogliendo i tessuti in una condizione di vulnerabilità e rendendoli meno protetti in caso di gelate successive sotto lo zero.
Il danno da gelo nell’olivo è una delle principali criticità. È innescato dalla trasformazione dell’acqua libera in ghiaccio, un processo che si verifica principalmente nello spazio extracellulare, vale a dire, lo spazio microscopico tra le cellule, chiamato apoplasto.
Quando l’acqua congela nell’apoplasto, i cristalli di ghiaccio che si formano attirano e sottraggono l’acqua liquida dall’interno della cellula (il citoplasma). Questo fenomeno causa una disidratazione prolungata della cellula che, perdendo rapidamente il suo contenuto idrico, può subisce un collasso e portarla a un danno letale.
La massima sensibilità si riscontra nei tessuti giovani, quali germogli e rami in fase di accrescimento. L’elevata percentuale di acqua libera e la minore rigidità delle pareti cellulari di questi tessuti li rendono particolarmente vulnerabili. La rapidità con cui si forma e cresce il ghiaccio può indurre lacerazione fisica delle membrane plasmatiche e disorganizzazione irreversibile delle strutture citoplasmatiche.
È dimostrato che un raffreddamento repentino risulta più dannoso, poiché inibisce l’attivazione efficace dei meccanismi di acclimatazione. Un abbassamento graduale, al contrario, favorisce l’accumulo di soluti crioprotettivi e promuove una parziale disidratazione cellulare controllata.
La nutrizione funzionale in oliveto

Il fosforo è essenziale per la sintesi dei fosfolipidi di membrana e per l’energia cellulare, contribuendo ad abbassare il punto di congelamento intracellulare. Il potassio regola il potenziale osmotico e la risposta stomatica, limitando la disidratazione. Il calcio stabilizza le membrane e la lamella mediana, mentre il boro rafforza la parete e il trasporto di zuccheri. Lo zinco e il silicio completano il quadro, sostenendo gli enzimi antiossidanti e rinforzando le strutture cellulari.
Tra Nord e Sud Italia

In termini pratici, si parla di apporti orientativi pari a 30–60 chilogrammi di P2O5 per ettaro e di 60–120 chilogrammi di K2O per ettaro, distribuiti nel periodo post-raccolta e fino a dicembre.
Il fosforo, oltre a sostenere l’energia cellulare, contribuisce alla stabilità delle membrane e abbassa il punto di congelamento intracellulare, mentre il potassio regola l’equilibrio osmotico e riduce la disidratazione. La finestra operativa si prolunga fino a dicembre e permette un approccio combinato, in cui la nutrizione radicale può essere affiancata da trattamenti fogliari mirati, capaci di rafforzare ulteriormente la capacità dell’olivo di resistere agli sbalzi termici.
Prodotti fogliari
Accanto alla nutrizione interna, che sostiene i meccanismi biochimici di resistenza, esiste la possibilità di affiancare prodotti fogliari con funzione di “termo protettrici” e “osmoregolatori”, composti da polioli a corta catena come il glicerolo o il sorbitolo (ad esempio il prodotto “Cerere” della FCP Cerea), indicati per aiutare la pianta a limitare i danni da stress da freddo.
Un ulteriore strumento di protezione è rappresentato dall’impiego di formulazioni a base di glicoli, come glicole etilenico o propilenico.
Questi composti, applicati per via fogliare, creano un film protettivo sulla superficie vegetale che riduce la dispersione termica e minimizza la perdita di calore per irraggiamento, contribuendo a mantenere un microclima tissutale leggermente più caldo.
In conclusione, la gestione della resistenza al gelo nell’olivo si articola su più fronte: da un lato l’ottimizzazione dei meccanismi biochimici interni, attraverso una nutrizione mirata che varia in funzione delle condizioni geografiche e climatiche; dall’altro l’applicazione di termo protettori e barriere fisiche esterne, come i polioli e i glicoli, che aiutano a modulare la cinetica di congelamento e a limitare la perdita di energia termica. È proprio questa integrazione – calibrata tra Nord e Sud – che può offrire all’olivo una maggiore resilienza di fronte alle sfide del freddo invernale.
Direttore Aipo
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli




















