I tre requisiti di qualità del caolino per l’oliveto e l’olio di oliva

Conformità su diossine e silice libera, pochissime impurità
Tecnica e Ricerca
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Resta un tema di grande attualità l’efficacia del caolino in olivicoltura (anche biologica) per contrastare le ondate di calore, grazie all’effetto “anti-riscaldo” determinato dalla sua capacità di riflettere i raggi solari. Fatto questo che ha stimolato in alcuni la legittima curiosità di chiedersi cosa si intenda per “qualità”  quando si parla di questo prodotto. In altre parole: tutte le tipologie di caolino sono uguali? E chi è che determina se un caolino è migliore dell’altro?

Con Domenico Bucca, tecnico commerciale di Clay & Clay, proprietaria del marchio AgriBioClay, proviamo ad addentrarci su questo tema e capirne di più.

Tra purezza e sicurezza il passo è breve

Domenico Bucca

“Cominciamo subito col dire – spiega – che la qualità non è stabilita da chi vende, ma da una normativa europea, recepita a livello nazionale, che definisce il perimetro entro cui un prodotto può considerarsi tale. Qualunque minerale, per essere tale quando si estrae dalla roccia, deve avere almeno il 60% di quella sostanza. Nel nostro caso, maggiore è la percentuale di caolinite presente, maggiore è ovviamente il livello di qualità. Se la percentuale di caolinite, viceversa, non arriva ad esempio almeno al 60%, non si può parlare di caolino. Contiene sì della caolinite, ma quel prodotto non può definirsi per legge caolino, né essere commercializzato come tale. Inoltre la normativa che regolamenta i corroboranti stabilisce che per essere messe in commercio come tali le polveri di roccia devono essere utilizzate tal quali, ottenute con procedimenti meccanici e libere da elementi di inquinanti”.

È dunque solo un discorso di purezza?
“Più che di purezza, parlerei più in generale di sicurezza. Ad esempio vi sono tipi di caolino, come quello che si usa per ceramica e dunque non per fini alimentari, che ha una percentuale di purezza ridotta ed una elevata presenza di diossine. Le diossine, come ormai hanno imparato bene i consumatori, si fissa sui grassi, e l’olio di oliva è un grasso per eccellenza. La legge stabilisce quale sia la soglia massima di diossine tollerabili (e ovviamente è un valore infinitesimale) e il produttore di caolino deve avvalersi di un soggetto terzo certificatore per dichiarare che è sotto quella soglia. Dire che le diossine siano totalmente assenti è una bugia, perché in molte polveri di roccia tra cui anche il caolino è comunque sempre presente. Ma laddove il caolino è in purezza, il quantitativo di diossine è largamente al di sotto della soglia di legge, mettendo al riparo tutti”.

Una sicurezza che si traduce anche per il produttore olivicolo. Giusto?
“Dirò di più, il produttore che utilizza caolino va incontro ad un altro rischio se acquista un prodotto non di qualità. Parlo del contenuto di silice libera respirabile. Questo deve essere ad un livello estremamente basso per non provocare danni alla salute di chi lo distribuisce negli oliveti. Anche il contenuto di silice libera respirabile va certificato e deve essere dichiarato in etichetta. Valori sopra l’ 1% devono essere dichiarati con l’apposito simbolo perché sono pericolosi per l’operatore che deve comunque utilizzarlo avvalendosi dei dispositivi di protezione individuali come ad esempio la mascherina. E anche in questo caso le regole non le dà il rivenditore, ma sono disciplinate a livello legislativo”.

Gli effetti delle impurità

Abbiamo parlato di ridotto contenuto di diossine e di silice libera respirabile. Ci sono altri parametri per “misurare” la qualità del caolino?
“Un altro aspetto da tener presente, che non riguarda la salute, ma i macchinari utilizzati, è quello legato alla abrasività del prodotto. Un caolino che presenta impurità, particelle grossolane e residui al setaccio in quantità, danneggia la macchina irroratrice, a cominciare dagli ugelli che si intasano, mandando fuori uso la pompa già alla seconda stagione. Una certa abrasività è comunque sempre presente, ma le caratteristiche dei giacimenti di origine e la lavorazione con adeguati macchinari e tecniche può ridurre al minimo la presenza di minerali duri, sempre presenti nel caolino come quarzo, feldspato e mica”.

Consiglio finale?
“Il consiglio che mi sento di dare è che il cliente verifichi sempre i certificati di conformità sul contenuto di diossine e di silice libera respirabile e che accerti la percentuale di purezza del caolino per ridurre il rischio di impurità. Sia che venga usato in queste settimane contro l’eccesso di calore, sia che venga distribuito a settembre quando magari le temperature sono tornate alla normalità e vi è il rischio di un attacco della mosca contro cui questo prodotto è efficace, è sempre opportuno scegliere un caolino di qualità a garanzia dell’efficienza del trattamento, della prevenzione dell’operatore, della salubrità del prodotto, dell’integrità dei macchinari”.

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Tags: caolino, Domenico Bucca, in evidenza, qualità

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