L’annata olivicola 2025 si distingue per l’elevata pressione della mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), che, in diverse aree del bacino mediterraneo, ha raggiunto livelli di infestazione alti, talvolta prossimi al 100% dei frutti.
Questo dittero non compromette soltanto la resa quantitativa, ma incide in modo profondo sulla qualità chimica e sensoriale dell’olio.
Comprendere i processi biochimici, che avvengono nella drupa infestata e le loro conseguenze sulla composizione e sull’aroma dell’olio, diventa fondamentale per preservare la qualità dell’olio.
L’attacco della mosca innesca reazioni biochimiche all’interno della drupa, già prima della raccolta e della molitura. Le lesioni provocate dalle larve, che scavano gallerie nella polpa, compromettono l’integrità del frutto e attivano precocemente processi enzimatici, come lipasi, proteasi e polifenolossidasi; in sostanza, avviano all’interno dell’oliva una sorta di molitura anticipata.

La proteasi, invece, spezza le proteine in frammenti più piccoli, peptidi e amminoacidi, che diventano terreno fertile per fermentazioni indesiderate. La polifenolossidasi, infine, catalizza l’ossidazione dei composti fenolici, trasformandoli in chinoni e melanine, dei pigmenti scuri, che causano l’imbrunimento della polpa e riducono la capacità antiossidante e la durata dell’olio.
Questi processi biochimici, già attivi nell’oliva danneggiata, aprono la strada all’insediamento di microrganismi opportunisti, come lieviti e batteri, che colonizzano le lesioni e accelerano la degradazione della polpa.
Il risultato è un olio che perde freschezza, equilibrio aromatico e stabilità.
Durante la frangitura, gli acidi grassi insaturi, in particolare l’acido linolenico e l’acido linoleico, vengono ossidati attraverso la via della lipossigenasi (LOX), dando origine a diverse molecole aromatiche. Dall’acido linolenico si formano lo Z-3-esenale e lo Z-3-esen-1-olo, aldeidi e alcoli volatili responsabili delle tipiche note verdi e fruttate dell’olio di alta qualità, con sentori di erba fresca, foglia di pomodoro e mela verde. L’acido linoleico, invece, genera composti come esanale e ottanale, dal profilo più pungente e meno fresco.
Nei frutti sani, prevalgono le molecole derivate dal linolenico, mentre nei frutti danneggiati dalla mosca questo equilibrio si altera, così il profilo aromatico perde vivacità, complessità e tipicità, con una netta riduzione delle componenti fresche e fruttate.
A questi fenomeni si aggiungono i prodotti delle fermentazioni microbiche che si sviluppano nelle olive danneggiate.
In particolare si formano degli alcoli, che derivano dalla degradazione degli amminoacidi, e acetato di etile, un composto dall’odore pungente, che nasce dalla reazione tra etanolo e acido acetico.
Queste sostanze alterano il profilo aromatico dell’olio, generando difetti sensoriali come il riscaldo (odore di pasta fermentata) e l’avvinato (note simili all’aceto o al vino alterato).

Anche in tracce, questi composti possono compromettere la conformità dell’olio ai parametri richiesti per la categoria extravergine.
Sul piano chimico-fisico, gli oli ottenuti da olive danneggiate presentano parametri analitici peggiorati, come un’acidità libera più elevata, indici di perossidi e valori di assorbanza UV (K232 e K270) aumentati, mentre si riducono sensibilmente i contenuti fenolici totali.
Anche il tenore di clorofille e carotenoidi si abbassa, accelerando l’irrancidimento foto-ossidativo e il viraggio cromatico dell’olio.
Alla fine ne risulta un prodotto meno stabile, meno profumato e con minore valore nutrizionale.
L’intensità dei danni varia in funzione della percentuale di frutti infestati, il grado di maturazione al momento dell’attacco, i tempi di raccolta e il ritardo nella molitura sono determinanti.
Per contenere i danni causati dall’infestazione della mosca, è fondamentale intervenire tempestivamente con la filtrazione dell’olio. Ma di questo ne parleremo più dettagliatamente in un prossimo articolo.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli



















