“Abbiamo produttori olivicoli davvero illuminati. E anche quest’anno lo hanno dimostrato”. Marco Oreggia (nella foto) – sommelier, assaggiatore abilitato di vino e olio, giornalista, critico enogastronomico, editore e tanto altro – è il padre di Flos Olei, considerata la principale Guida internazionale. Nell’edizione 2023 sono censite circa 500 aziende produttrici di olio in rappresentanza di 56 paesi. Insieme a Laura Marinelli ha saputo costruire uno strumento che racconta la geografia olearia mondiale, dimostrandoci come l’extravergine – laddove la latitudine concede alla drupa di maturare – sappia diventare ovunque una eccellenza grazie ad aziende, macchine e, soprattutto, tanto cuore. Ed è dunque con lui che abbiamo voluto raccogliere le prime sensazioni di questa nuova campagna olivicola.
Marco Oreggia, siamo in dirittura di arrivo con la molitura di olive: che bilancio trarre?
“Un’annata certamente difficile per le ondate di calore, la siccità e l’attacco della mosca. Ed è stata l’occasione per confermare la grande professionalità di chi opera in questo settore, che ha saputo interagire sia nella fase agronomica che in quella tecnologica, garantendo alta qualità”.
Partiamo dall’attività in campo.
“Dove l’elemento caratterizzante è stato la raccolta fortemente anticipata. Mai visto che nel centro Italia si cominciasse già a settembre. Il rischio della mosca ha consigliato di avviare subito la raccolta, con rese certamente più basse, ma produzione pienamente salvata. Ottima scelta, rispetto magari all’hobbista legato alla tradizione, che ha raccolto ad ottobre e inizio novembre, pagando in alcuni casi una invaiatura avanzata e gli effetti dell’attacco del parassita. Al riguardo va anche aggiunto un altro aspetto”.
Vale a dire?
“Questa campagna è stata la prima senza l’utilizzo del dimetoato, che è un prodotto discutibile specialmente per come veniva gestito da taluni, ma che rispondeva efficacemente contro la mosca e che, se utilizzato con il giusto anticipo come facevano i professionisti del mestiere, non lasciava residui. Questo ha comportato che gli olivicoltori hanno dovuto trovare soluzioni alternative efficaci, mettendo poi in campo ulteriore capacità e perizia anche per decodificare tutto le altre problematiche che l’annata stava comportando negli oliveti, a partire da calore e siccità”.
In fase di trasformazione invece?
“Qui il lavoro è stato ancor più difficoltoso perché arrivavano in frantoio olive con alte temperature che portano inevitabilmente ad un fruttato più basso a livello olfattivo e gustativo. Bravi i produttori a mantenere l’equilibro, pur in presenza di olive disidratate. E ho testimonianze dirette che non sia stato affatto facile, anche per i frantoiani più esperti, ottenere il giusto raffreddamento delle olive o della pasta con queste settembrate ed ottobrate così calde. Cicli di lavaggio prolungato in acqua fredda delle olive, frangitore raffreddato, protoreattore in gramolazione o scambiatore di calore sono accorgimenti e soluzioni che hanno permesso di attenuare il problema, permettendo alle olive di entrare a 18/20 gradi e mantenere il processo attorno ai 25”.
In conclusione?
“In conclusione, resto sempre più convinto, ed a maggior ragione dopo questa campagna, che siano troppo bassi i prezzi degli oli di qualità. Lo ripeto da tempo e mi stupisco che quest’anno, con le minori rese e i costi di produzione schizzati alle stelle, gli aumenti del prezzo dell’extravergine di alto livello sia stato così contenuto”.
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