Mosca dell’olivo, i tanti motivi dell’infestazione nel centro-nord

Si preannuncia una campagna olearia particolarmente critica in molte regioni italiane. La massiccia presenza della mosca dell'olivo è la punta di un iceberg dovuto a diversi fattori. Ecco quali.
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Il 2025 si annuncia come uno degli anni più difficili per i danni provocati dalla mosca dell’olivo in larga parte del centro-nord Italia. Fenomeno ancor più accentuato in zone, come il Nord-Est, dove la produzione continua ad essere scarsa, inferiore anche del 40% rispetto alle annate storicamente considerate normali.

Capirne i fenomeni non è semplice. Di certo, oltre alle anomalie climatiche che hanno permesso alla mosca di svernare e dunque essere ancora più presente, vi è un fattore umano e gestionale da tenere in considerazione, in particolare la disaffezione crescente degli olivicoltori.

In presenza di annate produttive negative, l’olivo tende a non essere più percepito come risorsa economica o fonte di gratificazione, ma come un onere gestionale sempre meno sostenibile. Anche perché le spese cominciano ad essere significative per tutte quelle attività agronomiche che correttamente si dovrebbero svolgere

Ne deriva un abbandono progressivo: gli oliveti non sono completamente trascurati, ma vengono gestiti con minore frequenza e attenzione, compromettendo la quantità produttiva e paesaggistica.

Le potature si diradano, dilatandosi a intervalli di due, tre, talvolta quattro anni. Le chiome si sviluppano in modo disordinato e verticale, spostando la fruttificazione verso le porzioni più alte e meno accessibili. Una quota significativa delle olive resta così non raccolta, diventando terreno fertile per nuove infestazioni da parte della mosca olearia (Bactrocera oleae), che può completare una o due generazioni primaverili.

Questo abbandono gestionale, spesso silenzioso e non dichiarato, si configura al tempo stesso come causa e conseguenza della crisi produttiva. La minore cura porta a una riduzione delle rese, che a sua volta indebolisce la motivazione all’investimento, innescando un circolo vizioso di progressivo impoverimento agronomico.

Fioritura compressa e allegagione insufficiente

La fioritura dell’olivo, in molti areali, si è manifestata con un avvio tardivo e una conclusione precoce, con una durata complessiva ridotta a circa 10 giorni, rispetto ai 15–20 che caratterizzano annate considerate “normali”. Tale compressione temporale ha ridotto la finestra utile per la fecondazione, generando un disallineamento tra disponibilità di polline e ricettività dei fiori. Ne è derivata una cascola precoce e diffusa, con una percentuale elevata di frutti derivati da ovuli non fecondati, detti comunemente olive passerine.

Queste presentano dimensioni ridotte, sono per lo più soggette a cascola o risultano incapaci di accumulare quantità significative di olio. La conseguenza diretta di questi andamenti è un calo quantitativo della produzione stimata, con difformità di maturazione.

Fitofagi e ridotta efficacia dei mezzi di difesa

Alla criticità fisiologica dell’annata si somma una pressione entomologica crescente. La cimice asiatica (Halyomorpha halys) ha causato necrosi locali nelle giovani drupe, con interruzioni nello sviluppo, conseguente cascola e un generale indebolimento della pianta per la sottrazione di linfa.

Parallelamente, la mosca dell’olivo ha beneficiato di un inverno mite e della presenza di olive residue sugli alberi: condizioni che hanno favorito l’anticipo del ciclo riproduttivo, con una o due generazioni primaverili, e l’incremento della popolazione ovidepositrice nelle generazioni estive. Il contenimento del dittero risulta oggi più complesso, anche a causa della progressiva esclusione dei principi attivi storicamente efficaci, come gli organofosforici.

I formulati attualmente disponibili, pur più rispettosi dell’ambiente e della salute degli operatori, presentano una minore azione abbattente sull’insetto bersaglio e una persistenza ridotta.

Questo indebolimento della strategia fitosanitaria favorisce anche la proliferazione di fitofagi secondari, quali la Margaronia (Palpita unionalis) e Euzophera pinguis, contribuendo a delineare un quadro difensivo sempre più fragile. La somma dei danni diretti e indiretti si traduce in una produttività complessiva compromessa.

Patologie fungine e filloptosi

La ridotta gestione colturale, in particolare l’assenza di potature regolari, sta determinando chiome eccessivamente dense e poco arieggiate, con la formazione di microclimi umidi all’interno della vegetazione, condizioni ideali per la diffusione di patogeni fungini.

Tra i più diffusi vi sono: l’occhio di pavone (Spilocaea oleagina), responsabile di necrosi fogliari circolari seguite da filloptosi, e la piombatura (Pseudocercospora cladosporioides), che provoca un progressivo imbrunimento delle lamine fogliari e la loro caduta anticipata.

La conseguente perdita di superficie fotosintetica compromette l’accumulo di riserve, indebolendo la pianta e riducendone la capacità di sostenere fioriture e allegagioni nei cicli successivi.
In tal modo, il problema fitosanitario non si esaurisce nel singolo anno, ma si proietta sulle stagioni future, generando una spirale di debolezza vegetativa e produttiva che aggrava ulteriormente la crisi del comparto.

Ripercussioni sulla filiera

Il drastico calo della produzione e la presenza di olive danneggiate dalla mosca nel centro nord Italia hanno ricadute dirette sull’intera filiera olearia. I frantoi, per mantenere l’attività, sono spesso costretti a reperire olive da altre regioni, in particolare dal sud e segnatamente da Puglia e Calabria. Se da un lato questa pratica consente di garantire una precaria continuità operativa, dall’altro altera gli equilibri economici locali, esponendo in particolare l’olivicoltura del Nord al rischio di un progressivo impoverimento.
In questo scenario, l’abbandono degli oliveti e la disaffezione degli olivicoltori non rappresentano soltanto cause della riduzione produttiva, ma ne diventano anche conseguenze, alimentando un circolo vizioso che mette in discussione la sopravvivenza stessa della filiera in molti areali.

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

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Tags: abbandono oliveti, in evidenza, Mosca dell'olivo, parassiti

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