Con l’arrivo degli oli nuovi in frantoio, inizia il momento decisivo della classificazione. Per ottenere l’ambita denominazione Extra Vergine d’Oliva (EVO), il prodotto deve superare un doppio binario di controlli, come stabilito dalla rigorosa normativa europea vigente (Regolamento Delegato (UE) 2022/2104): da un lato, le analisi chimiche che ne stabiliscono i limiti minimi legali, dall’altro, la valutazione sensoriale (Panel Test) che ne certifica l’identità e l’assenza di difetti. L’olio deve essere perfetto sotto entrambi gli aspetti.
È fondamentale comprendere che i difetti sensoriali non compaiono per magia; sono la diretta conseguenza di alterazioni chimiche e processi degradativi avvenuti nell’oliva o durante la lavorazione.
Il binario chimico

Per primo si valuta l’acidità libera, che indica la quantità di acidi grassi liberi presenti nell’olio. I trigliceridi, molecole che costituiscono la struttura principale dell’olio, sono fragili, se le olive sono danneggiate o mal conservate, gli enzimi (lipasi) rompono i legami trigliceridici attraverso il processo di idrolisi, liberando acidi grassi e innalzando l’acidità. Anche l’olio già estratto, se conservato in condizioni non ottimali o con il tempo, può subire degradazioni che portano a un aumento dell’acidità.
Per legge, l’acidità massima tollerata per l’extra vergine è 0,8%, espressa come acido oleico; valori più alti, sino al 2%, portano a classificare l’olio d’oliva come vergine, oltre come lampante.
Secondariamente i perossidi, la determinazione dei quali segnala l’inizio dell’ossidazione. Per legge, il limite massimo consentito è 20 meq O₂/kg sia per l’olio extra vergine che per quello vergine. Valori superiori a questa soglia portano alla classificazione come olio lampante, non idoneo al consumo diretto. Le successive trasformazioni dei perossidi generano composti responsabili del difetto sensoriale di rancido.
Infine, i Valori K (K232, K270 e Delta K) sono esami spettrofotometrici che rivelano l’ossidazione secondaria e sono essenziali per smascherare oli invecchiati o sofisticati.
Il K232 (limite max 2,50): rivela l’ossidazione precoce (i dieni), legata a olive danneggiate o a processi di lavorazione non ottimali (gramolazione), e può preannunciare difetti come il vermato o il cotto.
Il K270 (limite max 0,22): rivela l’ossidazione più avanzata (i trieni), crescendo durante la conservazione e fungendo da sentinella contro l’aggiunta fraudolenta di olio rettificato.
Il Delta K (limite max 0,01) è l’indicatore finale di manipolazione, segnalando alterazioni strutturali anomale.*
Fermentazioni non visibili
Introdotto dal Regolamento (UE) 2022/2104, il parametro degli Etil Esteri degli Acidi Grassi (EEAG) è un indicatore fondamentale per riconoscere oli ottenuti da olive mal conservate o che hanno subito fermentazioni (come nel difetto avvinato/inacetito). Gli EEAG si formano quando l’etanolo, prodotto dalla fermentazione degli zuccheri presenti nella polpa e nella buccia delle olive, reagisce con gli acidi grassi liberi. Valori elevati di EEAG segnalano un degrado della materia prima e forniscono la prova chimica a supporto del giudizio sensoriale negativo.
I sapori dell’olio d’oliva e i claims salutistici

Tra i composti fenolici più rilevanti per l’extra vergine d’oliva troviamo l’oleaceina e l’oleocantale, entrambi fenoli secoiridoici ad elevata attività antiossidante, antinfiammatoria e neuro protettiva.
L’oleaceina è uno dei principali responsabili del gusto amaro, è considerata il più potente antiossidante dell’olio d’oliva.
L’oleocantale è responsabile della sensazione piccante in gola, stimolando in modo specifico un recettore del dolore e del calore.
Studi scientifici mirati hanno dimostrato una correlazione positiva tra la concentrazione di oleocantale e oleaceina nell’olio e l’intensità percepita degli attributi di piccante e amaro.
Questo rafforza l’evidenza che gli oli extra vergini d’oliva che presentano un profilo sensoriale più intenso e marcato, con un amaro e un piccante elevati, sono tipicamente quelli con una maggiore concentrazione di composti bioattivi.
Di conseguenza, un olio d’oliva con attributi organolettici intensi può offrire maggiori benefici per la salute e una migliore stabilità ossidativa nel tempo. Insieme ai tocoferoli, questi composti costituiscono la frazione bioattiva più rilevante.
Per quanto riguarda i claims salutistici in etichetta, resta invece valido il requisito del Regolamento (UE) 432/2012, che stabilisce un tenore minimo di almeno 5 mg di idrossitirosolo e derivati (tra cui Oleaceina e Oleocantale) per 20 g di olio (circa 250 mg/kg).
Il binario sensoriale
L’analisi chimica fornisce i numeri, ma è il Panel Test, la valutazione organolettica condotta dal Panel di assaggiatori ufficiali, a dare il giudizio finale, che è vincolante. Per essere Extra Vergine, l’olio deve avere una mediana dei difetti pari a zero.
Tra i maggiori difetti troviamo:
Rancido: deriva dall’ossidazione avanzata dei trigliceridi e degli acidi grassi insaturi, presenza di aldeidi come nonadienale, esadienale, chetoni e acidi carbossilici secondari.
Avvinato/inacetito: nasce dalla fermentazione delle olive, che produce acido acetico e acetato di etile.
Muffa/Umidità: causata da fermentazioni, presenza di butanolo, esanolo, acido butirrico.
Riscaldo: fermentazione rapida dovuta al calore eccessivo, presenza di acidi volatili (acido lattico, acido butirrico), alcoli e aldeidi derivati da fermentazioni miste.
Le note positive. Oltre all’assenza di difetti, l’olio deve presentare una mediana del Fruttato superiore a zero. Il fruttato è l’aroma di oliva, d’erba e altra frutta o ortaggi. L’Amaro e il Piccante definiscono l’identità dell’olio e ne garantiscono la freschezza.
Concludendo, l’integrità strutturale, quella chimica, e l’integrità sensoriale, panel, sono i due pilastri inseparabili della qualità dell’olio extra vergine d’oliva. Un olio appena franto può avere un’acidità nella norma, ma se il Panel Test rileva la presenza di un solo difetto, come l’avvinato, supportato da valori anomali di EEAG, quell’olio non potrà essere venduto come extra vergine, ma verrà declassato ad olio vergine o lampante.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli





















