È un quadro estremamente preoccupante quello che sta emergendo in Tunisia destinata a diventare quest’anno il secondo maggiore paese produttore di olio dietro la Spagna. Il bassissimo valore dell’olio d’oliva tunisino proposto nei mercati esteri – in particolare a Spagna e Italia che sono i maggiori importatori – toglie qualsiasi margine ai produttori di olive e rischia di mandare in crisi uno dei settori economici principali del paese nordafricano.
Un allarme lanciato in occasione di un incontro internazionale svoltosi ad Hammamet nel corso del quale sono stati presentati i risultati di uno studio condotto su 11 primarie aziende nel corso delle due ultime campagne: quella del 2023-2024, segnata da una forte siccità e da perdite che hanno spinto molti agricoltori a indebitarsi e quella del 2024-2025, decisamente migliore grazie a condizioni meteo favorevoli. La sommatoria di queste due annate ha prodotto per le aziende agricole una redditività nulla o addirittura negativa.
L’andamento dei prezzi è dirompente nella sua drammaticità: secondo l’Osservatorio nazionale dell’agricoltura (Onagri), il prezzo medio della tonnellata di olio tunisino esportato è passato da circa 27.500 dinari (8.037 euro) a marzo 2024 a poco più di 12.500 dinari (3.653 euro) a marzo 2025, praticamente più che dimezzato. Ad agosto la situazione è addirittura peggiorata con un prezzo medio all’export sceso a 12.421 dinari la tonnellata (3630 euro), praticamente una flessione del 50,1% su base annua, decisamente maggiore rispetto alla media della riduzione del prezzo mondiale.
Fatto questo che da un lato ha portato ad una massiccia esportazione di olio – pari a 260.600 tonnellate – in crescita del 41.3% rispetto alla campagna precedente, di cui quasi l’80% extravergine, Viceversa, le entrate del comparto olivicolo sono passate da circa 4,17 miliardi di dinari a 3,06 miliardi, indebolendo uno dei principali polmoni valutari del Paese.
Sul fronte dei prezzi unitari, le rilevazioni indicano che a settembre 2025 il prezzo medio dell’olio tunisino, a seconda della tipologia, oscillava tra 9,28 e 17,9 dinari al chilogrammo (da 2,71 a 5,23 euro), con un ribasso di oltre il 46 per cento rispetto a settembre 2024. Praticamente uguale il prezzo dell’extravergine biologico rispetto a quello convenzionale.
Numeri che hanno messo in ginocchio numerosi agricoltori tunisini con il rischio di un abbandono progressivo nella gestione e raccolta.
Una via d’uscita? Sono state proposte diverse opzioni da parte degli esperti del settore, come evidenzia un reportage dell’Agenzia Ansa: una migliore regolazione dei flussi di esportazione, l’orientamento verso segmenti a maggior valore aggiunto come l’olio imbottigliato e certificato, una maggiore diversificazione dei mercati di sbocco e strumenti di sostegno mirati ai piccoli produttori per aiutarli a superare la fase di prezzi bassi. Parallelamente, le organizzazioni professionali chiedono di rafforzare il controllo sulla qualità e la tracciabilità per prevenire frodi e miscelazioni che possono ulteriormente deprimere i prezzi e compromettere l’immagine dell’olio tunisino. In assenza di tali interventi, cresce il timore che la Tunisia continui a vendere il proprio olio all’estero ad un prezzo inferiore al reale potenziale, con grave rischio di tenuta dei produttori olivicoli.



















