Tolto il vino, che fa partita a sé, fra tutti i prodotti agroalimentari italiani certificati Dop o Igp, l’extravergine di oliva è secondo solo dietro ai formaggi per numero di denominazioni (ben 49) e per operatori (23.147), ma impietosamente all’ultimo posto per valore della produzione: appena 91 milioni di euro nel 2021. Lo rileva il rapporto Ismea – Qualivita diffuso oggi, vale a dire l’indagine annuale che analizza i valori economici e produttivi della qualità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole certificate.
Giusto per dare un ordine di grandezza, gli aceti balsamici certificati hanno registrato un valore alla produzione quasi 5 volte superiore a quelli dell’olio di oliva (ben 407 milioni, con appena 6 denominazioni e 635 operatori in tutto). Ad essere ancora più impietosi, tralasciando gli improponibili valori delle prime 10 Dop agroalimentari italiane (guidate da Parmigiano Reggiano e Grana), dal rapporto emerge che, tanto per citare due esempio, la Pasta di Gragnano Igp o la Bresaola della Valtellina Igp viaggiano su livelli quasi tre volte superiori all’intera produzione olivicola certificata italiana.
Numeri che inducono a riflettere sul peso specifico che l’olio d’oliva ha sul sistema agroalimentare certificato nazionale.
A voler vedere se non il bicchiere mezzo pieno, almeno qualche indice positivo, va detto che il valore della produzione dell’olio extravergine certificato è cresciuto del 27,9% nel 2021 rispetto all’anno precedente, con un +26.2% di aumento per il valore al consumo. Questo grazie ad un aumento di produzione certificata che ha raggiunto le 13 mila tonnellate (+33%). In crescita anche l’export, per un valore complessivo di 66 milioni, con un apprezzabile +27,7%.
Analizzando le singole certificazioni, è la Toscana ad avere il migliore impatto regionale con 29 milioni con la sua Igp, seguita dalla Puglia con 22 (grazie alla ripresa della Terra di Bari Dop) e dalla Sicilia con 19 (Val di Mazara Dop e Sicilia Igp). Insieme registrano quasi il 77% del valore nazionale, distanziando Liguria (6,1 milioni), (Umbria 3,6), Veneto (2,7) e Lazio (2,5).
L’analisi Ismea – Qualivita evidenzia come, malgrado una crescita del valore delle IGP regionali, resta ancora marginale il peso del comparto certificato sul settore dell’olio nazionale.
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