di Leonardo Seghetti
Accademico dell’Accademia Nazionale
dell’Olivo e dell’Olio
Negli ultimi anni si sta sempre più assistendo ad una modificazione del clima che genera preoccupazioni su tutta la filiera, dai produttori agricoli ai consumatori. L’olivicoltura non è da meno, anche se recenti studi confermano come la pianta dell’olivo è quella che meglio si adatta a tali instabilità meteorologiche.
Fatti evidenti non si possono negare: le piogge non sono più regolari e ben distribuite, spesso come in questi ultimi anni assistiamo a vere e proprie bombe d’acqua che a volte si protraggono per giorni e giorni. Sulla carta “fanno volume idrico” come millimetri caduti, poi per lunghi periodi la pioggia diventa un miraggio. Ancor piò evidente è stata la lunga e forte calura, come in questo ultimo anno da record termico dell’ultimo secolo e mezzo, dove abbiamo assistito a giornate molto calde con poca escursione termica giorno-notte.
Tali fenomeni sono stati visibili e percepiti da tutti gli attori con semplici osservazioni, a partire da gelate tardive e grandine che si vanno a sommare ed incidere fortemente sulle produzioni agricole, compreso il comparto olivicolo (nel caso della grandine soprattutto nell’olivicoltura da mensa).
Come detto in precedenza, l’olivo resiste più delle altre piante a queste calamità, grazie anche alla grande biodiversità varietale espressa dalle oltre cinquecento cultivar sparse su tutto il territorio nazionale. Questo conferma l’adattabilità alla coltivazione dell’olivo in territori quasi impensabili come il Piemonte, Veneto, Friuli e Trentino, anche se in dette regioni c’erano e ci sono esempi di antica coltivazione.
In pratica, questo anno solare ha creato grandi problemi che hanno disorientato in particolare il piccolo produttore, il quale spesso si affida alla tradizione e, soprattutto, al sentito dire. In realtà bisogna saper prendere delle decisioni e riappropriarsi dei saperi sia passati sia presenti, che la scienza oggi propone in modo sempre più sostenibile.
Certo è che la grande insolazione e, soprattutto, la forte calura protratta per un periodo lungo ha inciso fortemente sulla produzione olivicola e di conseguenza sulla qualità del suo prodotto principe, l’olio. A macchia di leopardo si è assistito ad una scarsa allegagione, causata principalmente da piogge e freddo nel periodo della fioritura. Escludendo le diverse patologie, con il passare del tempo si è assistito ad un raggrinzimento dei frutti (specie per le cultivar precoci), ed un ridotto accrescimento della drupa con un peso minore, evidenziato da un rapporto polpa nocciolo molto basso ed un contenuto di acqua nelle olive inferiore. Queste problematiche sono confermate in frantoio a partire dalla fase di frangitura, dove la pasta di olive appare secca durante il trasporto nelle gramole tanto da spaccarsi. Ciò ha comportato una resa in olio al frantoio molto bassa (nella prima decade di ottobre da nove a dodici Kg/cento chili di olive) e spesso una qualità dell’olio non perfettamente idonea, con un leggero sentore di fruttato, tendenzialmente maturo e con percezione di legno. Anche le sensazione boccali e trigeminali dell’amaro e piccante sono risultate attenuate. Inoltre le olive attaccate dalla Bractocera olea (mosca dell’olivo), vista anche l’alta temperatura alla raccolta, hanno evidenziato sentori fermentativi con incremento della acidità oleica dell’olio, oltre all’aumento del numero dei perossidi.
Oltre queste semplici deduzioni visive, sono necessarie alcune considerazioni, facilmente applicabili per ridurre le negatività evidenziate. Se la mosca ha fortemente attaccato le drupe è obbligatorio anticipare la raccolta e ridurre il tempo che passa dalla raccolta alla molitura. Le cassette e bins con olive non devono assolutamente sostare sotto i raggi solari per ridurre eventuali riscaldamenti delle olive. Se le olive sono fortemente raggrinzite con un rapporto polpa/nocciolo basso e soprattutto si osserva l’annerimento, difficilmente riusciranno a riprendere l’acqua poiché la maturazione si può considerare oltrepassata. Se le olive sono sane perché trattate o particolarmente resistenti si può anche attendere, avendo cura di quanto detto in precedenza.
Da queste semplici osservazioni, appare che i territori italiani sono diversi e diverse sono le cultivar e ciò rappresenta una forza, certo che è necessario migliorare la tecnica agronomica, magari chi non ha acqua disponibile, può applicare semplici regole della aridocoltura, ma soprattutto osservare il mondo vivente che ci circonda. Perché resta sempre vero, come scritto alcuni millenni addietro, che all’olivo spetta il primo posto tra le piante.