Il parallelismo tra il costo giornaliero del consumo di olio extravergine d’oliva rispetto a quello di un caffè (ad oggi sei volte maggiore) che avevamo espresso nel recente articolo “È un bene di lusso un olio di oliva a 22 centesimi al giorno?” è stato puntualmente ripreso da Anna Cane (nella foto), presidente della Filiera Olivicola Olearia Italiana (Fooi) nell’interessante convegno promosso da Italia Olivicola a Bari. Puntualmente ripreso, dicevamo, per un ragionamento complessivo estremamente lucido e condivisibile sulle prospettive del mercato dell’olio extravergine di oliva. Che qui proviamo a sintetizzare.
Anna Cane, che è anche presidente di Assitol, vale a dire l’Associazione italiana dell’industria olearia, ha evidenziato che la situazione a scaffale appare molto critica e che il consumatore, pur non avendo ancora visto nei prezzi tutto l’aumento della materia prima, sta già rallentandone l’acquisto. E se il consumatore rallenta l’acquisto, è il ragionamento della Cane, ci si trova di fronte a due problemi.
Il primo di ordine sociale, perché impatta sulla salute. L’olio extravergine di oliva non è un alimento qualunque, ma ha proprietà salutistiche che ne fanno un caposaldo della dieta mediterranea, che è l’alimentazione considerata più corretta per la salute umana. Se nella tavola del consumatore viene a mancare questo alimento, ha aggiunto la presidente Fooi, a medio-lungo termine avremo un problema sanitario.
Il secondo problema di ordine economico, o meglio di corretto valore per un’equa remunerazione di tutta la filiera. E questo problema deve trasformarsi in opportunità. Se infatti, sostiene Anna Cane, saremo capaci tutti insieme – tirando in ballo anche le istituzione che devono fare campagne specifiche sui benefici dell’olio di oliva – di vendere un prodotto ad un prezzo elevato oggi, allora avremo l’opportunità di elevare il valore del prodotto anche quando la produzione tornerà ai livelli normali. Magari “spaccando” l’olio extravergine di oliva da tutto il resto dei grassi, e dunque considerandolo un prodotto “premium” e non una “commodity”. Se riusciamo a comunicare bene tutto ciò, ha ribadito la presidente Fooi, il valore del prodotto in futuro non tornerà ai 4 euro come in passato, ma si potrà posizionare a scaffale a 8/9 euro. Un prezzo, ha chiosato, che per il consumo quotidiano pro-capite che se ne fa dell’olio extravergine, resterà comunque molto più basso di un caffè.
Al riguardo ha anche evidenziato come di questi tempi nei supermercati gli scaffali del burro si siano affollati, di come molte famiglie abbiano spostato sui grassi animali i loro consumi, specialmente in quelle regione dove vi era una tradizione in questo senso, magari riportando in auge la ricetta della nonna che utilizzava lo strutto.
Dobbiamo tutti insieme mantenere alta l’immagine dell’extravergine, ha poi concluso, per cercare di difendere il consumo sostenibile a casa del consumatore, facendogli capire che, con un carrello della spesa più attento alla dieta mediterranea, da una parte il portafoglio non è svantaggiato, mentre dall’altra la salute è fortemente avvantaggiata.
Concetti condivisi da tutti gli altri relatori alla tavola rotonda moderata da Alberto Grimelli direttore di Teatro Naturale, e cioè Benedetto Fracchiolla di Finoliva Global Service, Elia Pellegrino presidente di Aifo e Marcello Dragoni consulente Italia Olivicola.