L’olivo è generalmente considerato resistente ai parassiti del suolo. In terreni favorevoli, però, può subire danni da minuscoli animali pluricellulari vermiformi: i nematodi fitoparassiti, come quelli del genere Meloidogyne, conosciuti come nematodi galligeni. Questi sono tra i più diffusi e dannosi, il loro attacco provoca nelle radici la formazione di rigonfiamenti anomali, che alterano la fisiologia dell’apparato radicale, ostacolando l’assorbimento di acqua e nutrienti.
Vita e comportamento dei nematodi galligeni
L’alterazione del sistema radicale causata dai nematodi ha conseguenze dirette sulla salute e sulla produttività dell’olivo, vediamo nel dettaglio gli effetti di questa infestazione.
I nematodi galligeni presentano una notevole differenza tra maschi e femmine. La loro riproduzione avviene principalmente per partenogenesi, ossia senza fecondazione, motivo per cui la presenza dei maschi è limitata. Il loro sviluppo inizia dall’uovo, al cui interno si forma la larva. Prima di emergere, questa subisce una prima muta e, al momento della fuoriuscita, si trova già al secondo stadio larvale, quello infestante.
Questa larva è mobile, si sposta facilmente nel terreno ed è in grado di individuare i peli radicali, penetrando nei tessuti della radice
Una volta entrata, la larva si sposta verso il centro della radice, dove si insedia per alimentarsi; se è di sesso femminile, completa lo sviluppo rimanendo sedentaria all’interno della radice, mentre, se è maschio, una volta raggiunta la maturità, abbandona la radice e vive libero nel suolo.
Stabilitasi nella radice, la larva femmina inizia a secernere enzimi e proteine capaci di manipolare la divisione e la crescita delle cellule circostanti, che diventano più grandi, ipertrofiche, e formano le caratteristiche galle radicali, che offrono nutrimento e protezione alle larve, permettendo loro di completare lo sviluppo nel loro interno.
Oltre a questa alterazione cellulare, le larve femmine indeboliscono la risposta immunitaria dell’olivo, impedendogli di attivare i propri meccanismi di difesa, come la produzione di fitoalessine e altre risposte difensive.
Quando raggiungono la maturità, le femmine rimangono nei tessuti radicali e, al momento della deposizione delle uova, espongono la parte posteriore del corpo all’esterno della radice, collocando le uova in una massa gelatinosa. Questa sostanza protettiva mantiene l’umidità necessaria per la sopravvivenza delle uova, impedendo che si secchino prima della schiusa, garantendo così la continuità delle generazioni.
Il ciclo biologico è molto rapido: in condizioni favorevoli può completarsi in 25-30 giorni, permettendo lo sviluppo di 3-5 generazioni all’anno, con un conseguente aumento esponenziale della pressione parassitaria nell’ambiente colturale.
Le specie di Meloidogyne più comuni in olivicoltura sono Meloidogyne incognita, Meloidogyne javanica e Meloidogyne. arenaria.
Queste specie differiscono per aggressività e adattabilità, ma tutte sono potenzialmente in grado di compromettere seriamente lo sviluppo e la produttività degli olivi, in particolare in vivaio o su suoli leggeri e sabbiosi.
Effetti sull’olivo
L’infestazione da Meloidogyne non porta necessariamente alla morte immediata della pianta, ma a un suo indebolimento, riducendo la crescita e la produttività. Le piante giovani o in vivaio sono più vulnerabili e, in caso di infestazioni gravi, possono morire o manifestare blocchi vegetativi evidenti.
Nella maggior parte dei casi, l’olivo convive con il nematode, le radici diventano ipertrofiche, deformate e meno funzionali.
Nell’olivo si osservano una crescita stentata, una riduzione della superficie fogliare, ingiallimenti, cascola precoce dei frutti. Tutti questi sintomi possono essere confusi con carenze nutrizionali o stress idrico. Una diagnosi corretta richiederebbe l’osservazione diretta delle radici, alla ricerca delle galle tipiche, e, nei casi dubbi, l’analisi nematologica del suolo e delle radici.
Gestione delle infestazioni
Una volta avviata l’infestazione da nematodi galligeni su olivi adulti, non esistono trattamenti chimici risolutivi a basso impatto.
Una strategia biologica efficace per contenere l’infestazione consiste nell’utilizzo di piante Brassicacee con potere nematocida, come la senape bruna (Brassica juncea) e il rafano oleifero (Raphanus sativus var. oleiformis).
Queste piante, una volta coltivate, trinciate e interrate fresche, rilasciano composti volatili tossici per i nematodi, simulando l’effetto dei fumiganti chimici ma in modo naturale.
Per ottenere un risultato efficace, la semina va effettuata tra le file degli olivi, scegliendo il periodo più adatto alla zona, che potrebbe essere la fine estate o inizio autunno nelle regioni temperate o fine inverno o inizio primavera nelle aree più calde. Quando le piante raggiungono la fioritura, devono essere trinciate finemente e interrate entro poche ore per evitare la dispersione dei composti attivi.
La biofumigazione sarà più efficace se il terreno è umido e se, subito dopo l’interramento, si procede con un’irrigazione di almeno 30-40 mm d’acqua, preferibilmente in giornate calde, per stimolare il rilascio dei composti volatili.
Nei vivai e negli oliveti giovani, dove la pressione dei nematodi è più elevata, si possono adottare strategie localizzate, come la semina di Brassicacee attorno al tronco su piccole porzioni di terreno o pacciamatura verde trinciata, utilizzando senape o rafano freschi provenienti da altre aree, da mescolare al terreno superficiale per amplificare gli effetti nematocidi.
Per favorire una maggiore biodiversità microbica nel suolo e ridurne nel tempo la densità delle popolazioni di nematodi galligeni è possibile utilizzare compost maturi e letami ben umificati, acidi umici e fulvici, prodotti a base di funghi e batteri antagonisti, come Bacillus firmus e Purpureocillium lilacinum. Pure formulati a base olio di neem, aglio e piretro naturale, contribuiscono alla riduzione della pressione parassitaria.
Conclusioni
I nematodi galligeni del genere Meloidogyne rappresentano una minaccia spesso sottovalutata per l’olivicoltura, in particolare nelle fasi giovanili o nei vivai, ma anche in impianti adulti situati su suoli leggeri o stressati. La loro presenza compromette la funzionalità delle radici, riduce l’efficienza nutrizionale e idrica delle piante e, nel tempo, ne mina la produttività.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli