C’è ancora molto da lavorare per fare comprendere ai consumatori le qualità dell’olio extravergine di oliva. Lo testimonia l’indagine “Olio Evo: la voce del consumatore” presentata da Unifol, l’Unione delle famiglie olearie al convegno svoltosi questa mattina sul tema “La qualità dell extravergine tra percezione e realtà”.
Su un campione che ha visto oltre 1500 interviste, le risposte hanno evidenziato che l’attributo “amaro” – uno dei tre elementi di qualità dell’extravergine che viene evidenziato nei panel test – dà in realtà la sensazione di medicinale sgradevole o di un caffè senza zucchero, quasi un errore in fase di lavorazione. Fatto questo che tende a scoraggiare l’acquisto.
Stesso effetto lo genera l’altro attributo positivo, il “piccante”, termine che però è accostato a peperoncino o comunque a qualcosa con acidità elevata.
Diversamente il terzo positivo attributo, il “fruttato”, è il termine più riconosciuto e compreso dai consumatori, dà un’idea di gusto piacevole e armonico ed influenza positivamente la scelta d’acquisto.
Da qui l’idea di lavorare più, grazie alle nuove conoscenze scientifiche e alle moderne tecnologie di lavorazione delle olive, a rafforzare ulteriormente il termine fruttato, evidenziando un insieme di sensazioni olfattive che dipendono dalla varietà delle olive e che rimandano a diversi frutti/ortaggi.
Una idea che trova, tra i consumatori intervistati, grande attenzione: l’indicazione delle sensazioni aromatiche in etichetta viene ritenuto infatti più utile per scegliere l’olio più adatto alle esigenze, più chiaro e comprensibile, utile per abbinare il gusto e l’aroma dell’olio dei piatti ed utile per distinguere le diverse qualità degli oli Evo.



















