Le foglie dell’olivo rappresentano un autentico archivio chimico vivente. La loro lunga durata fisiologica, fino a tre anni nelle cultivar più longeve, consente di conservare nel tempo le tracce dei trattamenti fitosanitari effettuati nel corso delle stagioni.
Sebbene l’attenzione scientifica si concentri prevalentemente sui residui presenti nelle olive e nell’olio, la persistenza dei residui sulle foglie costituisce un ambito di ricerca emergente, capace di fornire informazioni preziose per la difesa integrata, la valutazione ecotossicologica e la tracciabilità fitosanitaria delle pratiche aziendali.
Meccanismi di persistenza e natura dei residui

La capacità di una sostanza fitosanitaria di legarsi alla superficie cerosa della foglia dipende da quanto è attratta dai grassi rispetto all’acqua e si misura con un parametro chiamato “log P”: più è alto (sopra 3), più la sostanza tende a restare aderente alla foglia e a resistere al dilavamento.
La particolare conformazione della foglia, con cellule sporgenti e microfessure cerose, forma piccoli spazi protetti in cui i fitofarmaci tendono a concentrarsi e a resistere più a lungo agli agenti atmosferici.
In queste microzone si forma una sorta di “film protettivo” di prodotto fitosanitario, che si rilascia lentamente nel tempo, può mantenere per settimane o mesi, con concentrazioni tali da non uccidere subito gli organismi sensibili, ma da indebolirli progressivamente. Gli effetti possono includere una minore vitalità, difficoltà nel movimento, nella riproduzione, nell’orientamento o nella capacità di reagire agli stress ambientali.
In inverno, la degradazione delle sostanze attive rallenta, perché i processi chimici e biologici sono meno attivi. Se a questo si aggiunge una bassa umidità, la cuticola fogliare diventa più spessa e rende ancora più difficile la dispersione dei fitofarmaci.
Al contrario, durante la ripresa vegetativa primaverile, l’aumento dell’attività enzimatica e la rigenerazione fogliare accelerano la trasformazione dei principi attivi, generando metaboliti secondari, spesso inattivi o a tossicità ridotta.
Anche il modo in cui un prodotto fitosanitario si muove all’interno della pianta influisce sulla sua permanenza. Le sostanze sistemiche, come le strobilurine o i neonicotinoidi, entrano nei tessuti vegetali e vengono smaltite più velocemente. Al contrario, i prodotti che agiscono per contatto si comportano un po’ come una pellicola protettiva, si fermano sulla superficie della foglia e possono restare lì a lungo.
Nell’olivo, dove si usano spesso sostanze come rame, deltametrina o spinosad, è normale trovare residui anche dopo mesi, soprattutto sulle foglie più interne o meno esposte alla pioggia. Per questo motivo è importante distinguere tra due tipi di residui, quelli superficiali, che possono essere rimossi facilmente dalla pioggia o da un lavaggio, e quelli più profondamente legati alla foglia, che si fissano alla sua superficie cerosa o ai tessuti interni e restano lì a lungo. Questi ultimi sono più difficili da eliminare e possono conservare tracce dei trattamenti anche dopo mesi, costituendo un archivio persistente di sostanze attive e dei loro metaboliti.
Sul piano fitosanitario, questi residui a lungo termine possono modificare la microflora epifitica, alterando l’equilibrio dei microrganismi antagonisti naturalmente presenti sulla lamina fogliare. In diverse ricerche, l’accumulo di rame e piretroidi ha ridotto la biodiversità microbica, aumentando la suscettibilità a patogeni opportunisti.
Possibile trasferimento dei residui fogliari all’olio

Il rischio di trasferimento è generalmente basso, solitamente inferiore all’1% del residuo iniziale presente sulle foglie, ma può aumentare in presenza di materiale vegetale contaminato in quantità significative o in caso di trattamenti recenti. La variabilità dipende da più fattori, come la tipologia di sostanza attiva, la sua persistenza e lipofilia, la percentuale di foglie presenti nella massa molita e le condizioni fisico-chimiche del processo di estrazione.
Il rischio aumenta quando la raccolta avviene in modo meccanico senza un’adeguata defogliazione o quando le foglie trattate sono accidentalmente conferite insieme alle olive.
Conclusioni
Le foglie dell’olivo, grazie alla loro lunga durata e alla struttura complessa, rappresentano una risorsa preziosa per osservare come i prodotti fitosanitari si comportano nel tempo, direttamente in campo. Analizzando i residui presenti sulle foglie, è possibile unire in un’unica visione aspetti fitosanitari, ecotossicologici e agronomici, ottenendo indicazioni utili sia per migliorare la difesa integrata, sia per garantire una tracciabilità più precisa delle pratiche aziendali. Guardando al futuro, la definizione di metodi analitici condivisi e la creazione di banche dati territoriali sulla persistenza fogliare potrebbero diventare strumenti chiave per una gestione dell’olivicoltura più consapevole, sostenibile e basata su evidenze scientifiche.
Cosa resta sulle foglie: una mappa dei fitofarmaci
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Sostanza attiva |
Categoria |
Log P stimato |
Tipo di azione |
Note agronomiche e fitosanitare |
| Deltametrina | Piretroide | 6.2–6.4 | Contatto | Elevatissima lipofilia; fortemente adsorbita dalle cere; persistenza prolungata su foglie interne o ombreggiate. |
| Spinosad | Naturale (spinosine A e D) | 3.5–4.0 | Contatto/Ingestione | Residui stabili ma relativamente biodegradabili; ammesso in agricoltura biologica; minor persistenza in ambienti umidi. |
| Rame (ossicloruro, idrossido, poltiglia bordolese) | Inorganico | — | Contatto | Non lipofilo; forma film protettivo persistente; accumulo progressivo nel suolo e sulla cuticola. |
| Trifloxystrobin | Strobilurina | 4.5–4.8 | Translaminare | Elevata affinità per la cuticola cerosa; lenta degradazione; azione preventiva ottimale. |
| Tebuconazolo | Triazolo | 3.5–3.7 | Sistemico parziale | Buona affinità cerosa; mobilità xilematica moderata; residui fogliari di media persistenza. |
| Flupyradifurone (Sivanto Prime) | Butenolide | 1.5–2.2 | Sistemico | Bassa lipofilia e ridotto rischio di accumulo; elevata mobilità nella linfa. |
| Acetamiprid | Neonicotinoide | 0.8–1.4 | Sistemico | Scarsa affinità con cere epicuticolari; residui fogliari limitati, ma alcuni metaboliti mostrano persistenza ambientale. |
Osservazioni
Le sostanze con log P > 3 (come deltametrina, spinosad, trifloxystrobin e tebuconazolo) hanno alta affinità lipidica → quindi possono aderire fortemente alla cuticola e resistere al dilavamento, mantenendo un potenziale rischio di trasferimento all’olio.
Le molecole più polaresistemiche (come flupyradifurone e acetamiprid) mostrano minor rischio di accumulo fogliare, ma possono persistere in forma di metaboliti secondari, a volte più stabili.
Il rame, pur non essendo lipofilo, è estremamente persistente come residuo fisico e chimico: forma complessi insolubili con le cere e la parete cellulare, diventando un “marcatore cronologico” dei trattamenti.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli





















