L’allarme viene stavolta dall’alta Toscana: la Cecidomia, la Dasinera oleae, complici giornate sempre più miti che ne favoriscono la proliferazione anche oltre la primavera, sembra aver trovato l’habitat perfetto. Salta da una pianta all’altra infettando gli olivi che per istinto di sopravvivenza, bloccando il ciclo vegetativo e lasciano cadere le foglie appesantite e rigonfie. Niente fiori, niente olive, niente olio. In pochi anni il dittero galligeno delle foglie degli olivi è diventato da presenza circoscritta e innocua a calamità per gli agricoltori. Non uccide la pianta ma la rende improduttiva. “In sei anni la produzione nei comuni di Fosdinovo, Casola, Fivizzano, Licciana Nardi è stata azzerata. – spiega Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara – Il contagio si sta lentamente diffondendo anche al resto dei comuni della Lunigiana dove è sempre stata presente in forma non aggressiva e sotto controllo. Le temperature sempre più miti e la presenza ha sicuramente influito sulla sua esplosione. A rischio c’è il futuro della nostra olivicoltura”. Analogo allarme era pervenuto meno di un anno fa dalla Liguria (qui l’articolo di OlivoNews).
Cecidomia, conosciamola meglio – “Si tratta – aveva spiega Enzo Gambin, direttore di AIPO, l’Associazione interregionale produttori olivicoli al nostro giornale in un recente articolo – di un piccolo dittero che attacca le giovani foglie, ma alle volte anche le mignole fiorali. Dopo la deposizione delle uova, che sono di colore arancione e sono visibili sulle foglie e sui giovani apici in accrescimento, le larve della Cecidomia, subito dopo la schiusa, penetrano nei tessuti della foglia e provocano l’anomala crescita degli stessi con la formazione della “galla”, in cui compirà tutto lo sviluppo fino allo stadio adulto”.
La deformazione delle foglie e dei germogli determina una riduzione della fotosintesi clorofilliana e, di conseguenza, un calo della produzione. La Cecidomia delle foglie può svolgere il suo ciclo vitale solo sull’olivo: normalmente compie una generazione l’anno, svernando come larva di seconda età, ma è possibile anche che si possano registrare due generazioni nell’arco dei dodici mesi.
“Esistono più parassitoidi che ne limitano lo sviluppo – continua Gambin – appartenenti all’ordine degli imenotteri. Nel caso di sicura necessità, come intervento di difesa – con l’utilizzo della lotta integrata – si può ricorrere all’Acetamiprid (esempio Epik SL), con cui si può effettuare un intervento contro larve che, al momento della schiusa delle uova, penetrano all’interno dei tessuti della pianta. Per questa avversità è permessa una sola applicazione l’anno. Da considerare che l’Acetamiprid è consentito per un massimo di due trattamenti l’anno, indipendentemente dall’avversità, e serve pure per la mosca dell’olivo; pertanto l’eventuale trattamento è da valutare solo nel caso in cui si siano verificati forti attacchi nell’anno precedente e va comunque messo in atto in prossimità dell’inizio dell’ovideposizione, indicativamente a fine di aprile.
Per la difesa in biologico sono da utilizzare le polveri di roccia, come il caolino che agisce come antideponente: la sua applicazione deve precedere la comparsa delle larve”.
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