Gli ultimi riconoscimenti, in ordine di tempo, sono arrivati dal Canada e dalla Grecia . Ma nel ricco palmares del Frantoio Romano di Ponte (Bn) – superati i 400 premi per l’alta qualità dell’olio – spiccano anche titoli dal Giappone e da Dubai.
Insomma, paese che vai apprezzamento che trovi per un extravergine che registra nell’inconfondibile amaro-piccante della varietà autoctona Ortice la propria identità, assommata alla passione e alla professionalità con cui Alberto Romano, quarta generazione di una famiglia legata a doppio filo con l’olivicoltura, gestisce il frantoio. “Rigorosamente tutte macchine Pieralisi – chiarisce subito – fin dal lontano 1955 con le prime presse Virtus, e chi se le dimentica!, per poi passare agli inizi del nuovo millennio al ciclo continuo e arrivare ad oggi con le nuove gramole serie Oro e il decanter Spi”.
Quasi 10 mila quintali di olive lavorate nell’ultima campagna – tra quelle ottenute dai propri terreni, quelle acquistate e quelle conto terzi – con punte di 45 quintali ora. All’alta qualità ne ha destinati 1.400 per una produzione di circa 200 quintali di extravergine. “Un’annata al 50% – chiarisce Alberto – per siccità e condizioni meteo sfavorevoli”. Condizioni che non hanno però pregiudicato l’eccellenza, nel solco di una tradizione che vede il Frantoio Romano protagonista nei più prestigiosi premi nazionali ed internazionali.
“Soddisfazioni che condividiamo con ben 45 aziende del territorio che ci forniscono olive secondo un nostro preciso protocollo”. E già, perché questo intraprendente frantoiano si è praticamente costruito una filiera in casa. Mette a disposizione delle aziende olivicole il proprio tecnico di fiducia che segue tutte le fasi agronomiche degli oliveti fino al puntuale conferimento delle olive. Poi, in frantoio, è il “manico” di Alberto a far la differenza, creando una batteria di monovarietali tra Ortice nelle versioni base, riserva e bio, Ortolana, Racioppella e Pecholine, oltre ad un pregiato blend anche in versione biologico. Tutti con marchio proprio, più una residuale parte che conferisce ad altri frantoiani per le loro produzioni.
E dal mercato la risposta è assolutamente positiva, non solo in Italia: “Il 35% del nostro olio finisce all’estero – spiega Alberto – tra Giappone, Stati Uniti, Canada e, per quanto riguarda l’Europa, Danimarca, Germania e Svizzera”. Paesi dove i profumi ed i sapori della valle del Sannio, quella posta alle pendici del Taburno, giungono intensi ed intatti, rendendo ancora oggi più vive le parole di Virgilio: Iulat olea magnum vestire Taburnum, il Taburno deve essere coperto di olivi.