La Toscana olivicolo-olearia si appresta a celebrare una campagna come non se ne ricordava da tempo, sia per quantità che per qualità. E con i frantoi ormai attivi dalla costa all’entroterra, in ogni provincia le sensazioni sono davvero confortanti.
Se ne fa interprete Fabrizio Filippi, alla guida della Ol.Ma. in provincia di Grosseto (una delle maggiori realtà olearie nazionali) e presidente del Consorzio Igp Toscano.
“Finalmente una annata tra il discreto e l’ottimo – dichiara – e con una produzione uniforme in tutta la regione. Quantità importanti di olive che si presentano ad oggi perfettamente sane. Il caldo estivo ci ha messo a dura prova, ma lo ha avvertito anche la mosca. Non ci sono state segnalazioni di significativi attacchi e neanche ora si registra una ripresa”.
Stime decisamente sopra la media
Alla Ol.Ma. si è cominciato a molire a fine settembre con la raccolta anticipata del Maurino che, come spiega Filippi, “ha una forbice di maturazione molto stretta e riuscire a raccogliere in tempo consente di avere oli che fanno la fortuna di molti produttori”.
A livello produttivo la stima regionale è ottimistica: “Possiamo dire che, alla fine, ci avvicineremo a 200 mila quintali di prodotto toscano” confida Filippi, un valore decisamente superiore alla media degli ultimi anni che si attesta attorno ai 150 mila quintali (fonte Ismea).
In crescita l’Igp Toscano
Quanto all’Igp Toscano, fiore all’occhiello delle certificazioni nazionali, si punta quasi a raddoppiare i livelli della passata campagna. “Passeremo da 20 mila quintali di prodotto certificato a 35 mila. Una importante crescita che comunque non riuscirà a soddisfare il mercato”. Se ne faranno carico gli oltre 8.000 soci del Consorzio di Tutela, con circa 300 frantoi e oltre 400 imbottigliatori. Previsti numeri in crescita, naturalmente, anche per le quattro Dop presenti: Chianti Classico, Terre di Siena, Lucca e Seggiano.
Tra abbandono e nuovi impianti
Insomma, una annata importante che però non fa dimenticare le criticità che la Toscana dell’olio si trova ad affrontare. In una regione dove sono presenti 74.000 ettari di oliveti, con oltre 15 milioni di piante – una ottantina le varietà censite – e 36 mila aziende coinvolte, (fonte Regione Toscana), il fenomeno dell’abbandono degli oliveti si sta facendo preoccupante. Secondo una stima Coldiretti sarebbero 4 milioni gli olivi in stato di abbandono.
“Un danno non solo economico – evidenzia Filippi – ma con risvolti negativi sotto il profilo ambientale e sociale, perché si perde il paesaggio caratterizzante la nostra regione. I terrazzamenti con oliveti fanno parte della storia agricola della Toscana, sono opere d’arte. Penso ai monti pisani o alle colline di Arezzo e Cortona.
Va da sé che, se questi oliveti sono stati abbandonati, dobbiamo anche domandarci il perché. Certamente vanno trovati gli strumenti per provare un loro recupero, anche se necessariamente incrementare la produzione di olio toscano, come il mercato richiede, impone di realizzare nuovi impianti, oltre ad ammodernare quelli esistenti.
Oggi – conclude il presidente del Consorzio Igp Toscano – credo che la via maestra sia quella di puntare non certo su superintensivi, ma su intensivi con varietà toscane, dove la garanzia dell’origine possa essere suggellata anche dalla qualità certificata dai marchi Igp e Dop. Lo spazio c’è, penso a molti terreni oggi seminati a cereali che hanno anche una ottima vocazione olivicola e possono essere convertiti. Sarà importante avere anche la determinazione giusta”.