Questi ultimi venti giorni sono stati interessati da piogge a cui sono seguite lunghe ore di bagnatura fogliare e elevati tassi di umidità, superiori al 90%, con temperature comprese tra i 10 e i 17°C. Insomma, una perfetta camera umida per lo sviluppo di parassiti fungini, Occhio di Pavone, in particolare, patologia chiave nella difesa fitosanitaria dell’olivo.
Dai rilievi eseguiti con il metodo della diagnosi precoce “Loprieno e Tenerini”, su campioni di foglie in soluzioni al 5% di idrossido di sodio o di potassio a temperature 28 – 30°C per circa 10 – 15 minuti, si è potuto costatare un’importante presenza di infezioni da Occhio di pavone.
Infatti, nelle foglie sottoposte ad analisi sono risaltate visivamente le classiche piccole macchie grigiastre e tondeggianti, che indicavano i punti dove erano collocate le infezioni del patogeno. Questo metodo di diagnosi precoce, non particolarmente complicata, permette di stabilire con largo anticipo se l’infezione è presente. Ciò consente di capire se è necessario intervenire con agrofarmaci, che possono essere dati dai prodotti rameici, che hanno azione preventiva – se l’attacco è limitato – o con altri agrofarmaci – se l’attacco è consistente – e, questa volta, con sostanze attive ad azione curativa.
Nonostante i limiti e le difficoltà di applicare modelli previsionali, è bene considerare che l’attuale situazione della primavera 2023 desta preoccupazione. Apprensione che è giustificata dal fatto che l’Occhio di pavone causerebbe la caduta delle foglie ora infette prevedibilmente tra luglio e agosto, momento in cui l’oliva starebbe ingrossando e accumulando sostanze, che trasformerà in oli; mentre nella chioma, data la perdita di foglie, si avrebbe una minore sintesi della clorofilla, perciò meno amidi e, di conseguenze, meno energia per la pianta.
La causa diretta dell’Occhio di pavone è data da un fungo, lo Spilocaea oleaginea, che provoca le caratteristiche macchie sulle foglie di olivo, rotondeggianti, di colore bruno scuro, contornate da un alone giallastro. Le foglie infette cadono precocemente e, se la presenza del patogeno nella pianta è elevata, sono interessati all’infezione anche i rametti e le stesse olive. Spilocaea oleaginea si sviluppa con temperatura tra 10 e 25°C, ideali sarebbero 18-20°C.
Le spore fungine, i conidi, prodotte per la riproduzione di Spilocaea oleaginea sono disseminate dalla pioggia. Di conseguenza le maggiori infezioni avvengano in corrispondenza di precipitazioni. La diffusione del patogeno è limitata a brevi distanze dalla sorgente di inoculo, ossia dalla foglia infettata, e, nell’oliveto, la propagazione della malattia è lenta.
Le foglie maggiormente sensibili alle infezioni sono quelle giovani, che hanno i tessuti più teneri e succosi, dove il patogeno, mediante i conidi, penetra con facilità e formano colonie di ife subito sotto la cuticola.
Dalle ife si formano nuove spore, che, mediante la rottura dell’epidermide della pagina superiore delle foglie, escono e infettano altre foglie. Inizialmente le macchie, più o meno diffuse sulla superficie fogliare, presentano una colorazione bruno scuro per la presenza dei conidi del fungo, successivamente assumono un aspetto tipico, con aree clorotiche concentriche sulla pagina superiore di dimensioni molto variabili, 5-12 mm, in relazione al tempo di incubazione e alla dimensione delle foglie.
Spilocaea oleaginea non si addentra all’interno del mesofillo fogliare, ma rimane subito sotto la cuticola, in quanto l’olivo per difendersi produce una delle sostanze fenoliche, come l’oleuropeina, che frenano l’approfondimento delle ife nei tessuti fogliari.
Il periodo d’incubazione del fungo varia secondo il periodo di infezione, da due a tre mesi nel periodo primaverile estivo meno in quello autunnale, circa 20 – 30 giorni.
L’occhio di pavone si manifesta con maggiore forza negli impianti dove la compattezza delle chiome favoriscono l’accumulo di umidità e, di conseguenza, lo sviluppo del fungo.
Le misure agronomiche preventive limitano lo sviluppo del fungo, come le potature annuali, che favoriscono l’arieggiamento della chioma e ridurre le zone ombreggiate, la gestione in maniera ottimale delle concimazioni, evitando eccessi di azoto e irrigazioni.
L’azione di contrasto all’Occhio di Pavone dovrebbe avvenire quando si riscontra il 30-40% di foglie infette, soprattutto dopo 2 o 3 giorni di pioggia continua, elevata umidità ambientale e temperature comprese tra i 5 e i 20 ° C.
In base alla gravità dell’infezione in campo, è possibile intervenire con rame, che ha funzione preventiva, o dodina, che ha funzione curativa, a queste sostanze attive è possibile aggiungere Tebuconazolo + Trifloxystrobin; Difenoconazolo + Azoxystrobin; Difenoconazolo; Pyraclostrobin; Fosfonato di potassio.
La cura dell’Occhio di Pavone in agricoltura biologica prevede, oltre all’utilizzo dei prodotti rameici, il Bacillus subtilis ceppo QST 713, il Bicarbonato di sodio e potassio, che hanno dimostrato di essere adeguate alternative per prevenire e contenere questa fitopatia.
Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli