“La potatura dell’olivo? Una scienza morta, ecco perché”

Un utile decalogo suggerito dalla Scuola Potatura Olivo "Giorgio Pannelli"
Tecnica e Ricerca
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Antonino Filippo Lonobile
Vice-direttore di Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli

Stando ai fatti in questione, alle numerose fonti bibliografiche esistenti, ai numerosi articoli e libri editi negli ultimi 100 anni potremmo definire che la potatura dell’olivo è una scienza morta.

Una scienza morta proprio perché, dalla definizione del capo dell’ispettorato della prov. dell’Agricoltura (1), fu definita già nel 1937 “l’esecuzione di una delle più complesse e difficili operazioni culturali” per la quale pratica necessitarono anni di osservazioni legate a risultati “indiscutibilmente tangibili”, ovvero studi e operazioni “ispirate ai fenomeni biologici più che ai tradizionali criteri geometrici”. Oggi questa definizione è ancora validissima nonostante tutti i passi fatti in avanti. Oggi si vogliono meccanizzare tutte le fasi di intervento rendendo gli operatori succubi esecutori di una tecnologia della quale non ne comprendono il funzionamento e tanto meno ne scorgono le reali finalità se non troppo tardi.

Il lettore che oggi leggerà una definizione del 1937 penserà che questi argomenti sono vecchi. Tutt’altro! Oggi lo stato di abbandono è talmente alto in Italia che lo pseudo-olivicoltore gioca ancora a ribasso sia per la potatura che per la raccolta; proprio perché manca la mano d’opera realmente specializzata. Non aprirò qui il capitolo che, ovunque vada in giro per l’Italia chiedendo umilmente di spiegarmi quale sia la potatura tradizionale dell’olivo (quindi quella degli “anziani che ci hanno insegnato”), me ne torno al 99% a casa senza averne una definizione razionale. Personalmente i concetti degli anziani sono validissimi tanto da farmene una regola solo se hanno fondamenti scientifici; cioè se mi si spiega perché avviene un determinato fenomeno e questi può aiutarmi nella gestione delle piante.

In un altro opuscolo risalente al 1929 che ho ritrovato in biblioteca (2), datato 1929 e curato dall’allora dott. Mario Marinucci (3), si leggono ammonimenti verso gli olivicoltori e i potatori di quell’epoca. Purtroppo ancora oggi questi moniti sono validi. Gli “insulti” erano diretti a coloro che rasavano la chioma dell’olivo. Dello stesso Marinucci si trova la stessa definizione del Roventini definita potatura alla garçonne, olivi simili a signorine moderne uscite dalle mani di Figaro (4). Un monito calzante ma in quanti lo avevano capito? In quanti leggevano o ascoltavano queste parole? (5)

Potatura irrazionale, probabilmente sono state stroncate solo le branche primarie per raccogliere da terra

Oggi più che mai la tendenza a tornare all’ovile con le tecniche cesorie che ci confortano è ampliata dal fatto che la scienza più che seguire i vari “desiderata” della pianta segue i desideri della macchina: numerosi cavalli vapore, gps incluso, climatizzazione della cabina, seghe rotanti appese ai trattori vedi agli elicotteri (6). Siamo giunti alla costruzione di macchine da guerra contro il mondo vegetale. Non dico che la meccanizzazione e la tecnologia non vadano prese in considerazione, tutt’altro! Scienza, tecnologia e macchine tecnologiche devono essere al servizio dell’uomo il quale deve utilizzare le proprie conoscenze per interagire umilmente con le piante seguendone le esigenze e mai provando a ridurle a schiavi obbedienti (ovvero conferendo loro una forma debilitante) con inutili torture ripetute (tagli grossi), e poi pretenderne tanti frutti e vita lunga.

Giovane impianto di Nocellara Messinese secondo i criteri della Scuola Potatura Olivo. Impianto di anni 15 in irriguo e inerbimento permanente.

Quindi, come fare a non costringere una pianta (in questo caso parliamo di olivo) ad obbedirci? una pianta in cui gli interventi sono sempre stati errati da anni, casuali, in cui da parte degli operatori a-culturati in materia si è sempre propeso a favore di geometrie personali e non di fisiologia? Il concetto non è poi così difficile se si conosce l’olivo. Ci sono alcune regole cui non possiamo sottrarci se vogliamo iniziare a fare bene. Seguitemi.

1. Spazio e luce

Se l’olivo non ha lo spazio necessario per conquistare il mondo attorno a sé, in rapporto a nutrizione, acqua ed età, i problemi sorgeranno già dopo il settimo/decimo anno di età circa. L’olivo, specie sempreverde, andrà a cercarsi la luce in alto e inizieranno per lui gli anni del “dolore cronico indotto”. I rasatori (7) inizieranno ad affilare le lame dei loro rasoi a motore. Invece … Per ben partire servono distanza e suolo ricco.

2. Acqua

Troppa acqua è nemica dell’olivo. La giusta acqua è amica dell’olivicoltore che vuol far produrre frutti al suo amico olivo. L’irrigazione deve essere fatta secondo l’approccio del bilancio idrico. La migliore acqua è quella che viene dal cielo.

3. La paura di tagliare

La paura di tagliare è un’ottima cosa, per chi la possiede, perché è segno di atteggiamento attento e rispettoso. Perché è segnale di persona che non conosce le parti da asportare. Perché piuttosto che tagliare o dare da tagliare a chi non ne ha competenza è meglio lasciare la pianta in pace. La conclusione è: “Meglio non tagliare se non si sa cosa tagliare”.

4. Il coraggio di tagliare

I più coraggiosi, nell’immaginario collettivo, sono gli eroi che si si buttano nella mischia e tentano la sorte, quelli disposti al sacrificio più grande. In olivicoltura questo coraggio inutilmente eroico è sempre stato perdonato dall’olivo che, appunto rinasce, anche dopo severi, assurdi, incoerenti tagli fatti dagli eroi, ma eroi sugli olivi di altri. Ne possiamo concludere che Il vero eroe in olivicoltura è colui che crede nell’olivo per trarne i frutti, non colui che taglia e sperimenta alla cieca, ripeto, credendosi artista sugli alberi di altri.

5. Quando tagliare?

Prima di tagliare bisogna “apprendere” (quindi studiare), poi bisogna “comprendere” (fase seconda dello studio in cui si osservano i fenomeni in modo scientifico) e poi, solo poi, “agire”. La conclusione è apprendere, comprendere, agire. Taglio solo se so spiegare perché sto eseguendo quel determinato taglio.

6. Quanto tagliare?

Non si taglia poco o molto in base alle nostre paure o al nostro coraggio (o la nostra incoscienza). Se si conosce l’olivo si sa che anche dopo una gelata questi riparte dal pedale. Dopo l’asportazione di un intero albero questi rinasce rigoglioso. Quindi nell’olivo a nulla vale il calcolo della percentuale di chioma da asportare se va fatta una riforma severa. La riforma è trovare il primo punto di ripartenza per adattare la pianta al progetto che abbiamo compreso e che dobbiamo sempre tenere in mente. Se per trovare questo punto di ripartenza dovremo togliere poco taglieremo poco o nulla; se invece questo punto di ripartenza richiede totale asportazione di una branca (vuoi per disseccamento, vecchiaia, rottura o, quasi sempre, per criteri illogici di gestione del legno da parte dei sedicenti esperti violentatori di legno) il taglio dovrà essere severo. La conclusione è a seguito dei punti 1. 2. 3. 4. 5. e 6. faccio i tagli che servono, senza se e senza ma (8).

7. Perché potare?

Potare vuol dire gestire correttamente una pianta, facilitarne la crescita, non infliggerle grossi danni. Potare vuol dire invitarla (9) a produrre, mantenerla sana. Non si interviene su una pianta per geometrizzarla a proprio piacimento o perché al proprietario piace in un modo o nell’altro (il giardino all’italiana è “un altro sport”, a me personalmente non piace), o peggio, per paura di ricevere insulti o critiche infondate. La conclusione che ne deriva è: l’olivo assieme a noi vuole frutti e bellezza. Una volta ottenuti l’uno e l’altro delle critiche del restante mondo che ci circonda, chi se ne importa!

8. Bellezza

La bellezza cos’è? in natura è una cosa tutto sommato semplice ma è regolata da leggi crudeli. La bellezza naturale in natura si chiama libertà. La libertà però ha delle costrizioni severe di sopravvivenza, non essendo curata dall’uomo, i rischi di morte in natura sono alti, sopravvivono solo i più forti (10). In natura ci sono azzeramenti produttivi in certi periodi, probabilità di malattie, insomma, rischi naturali. In olivicoltura la libertà non esiste o esiste fino ad un certo punto, entro certi limiti appunto. Olivo e uomo sono liberi ambedue fino ad un certo punto. L’uno perché in coltivazione, quindi situazione domestica (quindi allevamento), l’altro perché deve prendersi cura dell’olivo (quindi deve investire il suo tempo e denaro nella cura dell’olivo). Bellezza in olivicoltura è avere alberi sani, pieni di foglie, niente legno superfluo, cime rigogliose signoreggianti (11) e molti frutti facili da raccogliere. Si chiama oliveto da reddito.

9. Tempo

Non si può prescindere dal fattore tempo in olivicoltura (vale in agricoltura). L’olivo ci risponde una volta l’anno. Spesso per avere una risposta dobbiamo avere la pazienza di aspettare dai 3 ai 5 anni. Mi chiedo chi oggi ha la pazienza di aspettare cinque anni? Il buon olivicoltore deve possedere grande pazienza e rispettare i tempi dell’olivo. Chi non possiede queste due doti cambi mestiere.

10. Velocità di esecuzione

Quando avremo capito i punti precedenti capiremo che per fare reddito dovremo far presto le operazioni richieste. Gli interventi da fare dovranno essere essenziali, veloci, precisi e da terra. Serve esercitarsi a potare. Il segreto del buon potatore (dopo aver osservato i nove punti sopra riportati) è: potare, potare, potare….

Parafrasando uno dei miei defunti Maestri (sempre il buon prof. Mario Marinucci), eh si! si possono avere maestri defunti… ne sono venuti fuori volutamente dieci comandamenti da usare in olivicoltura. Marinucci scrisse: “Olivicoltori, osservateli se volete essere assolti… dall’olivo!”

Potatura di un olivo secolare di varietà sconosciuta a portamento assurgente effettuata in Abruzzo durante un corso base

Non si potrà con la potatura risolvere tutti i problemi dell’oliveto improduttivo, ma certamente si potranno avere piante più sane. La gestione del suolo e la sua sanità oggi hanno una importanza che negli anni passati veniva sottostimata riducendolo ad un mero supporto colturale da riempire con abbondanti elementi chimici (un po’ come si fa col carbone nel forno di una locomotiva). Molte cose sono cambiate dal passato e l’esigenza primaria che deve imporsi l’olivicoltore moderno è quella del sapere, della conoscenza.

Solo attraverso la cultura si fa ciò che è giusto mentre senza la cultura si fa solo ciò che è facile. La scienza dei primi del ‘900 non aveva certamente la tecnologia di oggi, allora si era all’oscuro di una enormità di dati che oggi conosciamo bene. La scoperta del DNA del 1953 grazie ai lavori si R. Franklin, M Wilkins, J. Watson e F. Crick che ha rivoluzionato anche il nostro mondo (anche botanico intendo) e il nostro modo di vedere e di agire, di classificare. Dalla classificazione botanica di Linneo (1764), da quella sistematica di De Candolle (1884) agli studi di morfologia dei cromosomi condotti da Taylor (1945) ad oggi, tempi in cui si è concluso l’immane lavoro di sequenziamento del genoma della varietà Leccino (12), enormi passi sono stati fatti in avanti grazie alla conoscenza, alle nuove metodiche e agli strumenti sempre più evoluti di laboratorio. Oggi nei laboratori più all’avanguardia si propaga l’olivo per dna, si brevettano le nuove varietà. Negli ultimissimi anni siamo riusciti a capire molto della dominanza apicale nelle piante e negli alberi mentre i biologi evoluzionisti ci hanno spiegato molti perché delle cose. Si sono scoperti ceppi primordiali di olivastro in Europa, i fisici in questi ultimi anni hanno scoperto un’altro dei tasselli fondamentali sul funzionamento della fotosintesi.

Rimane un fatto però, che l’olivo è lì. Egli ci guarda e nulla può contro la nostra momentanea brutale forza. Egli ha imparato a difendersi dai peggiori attacchi tecnologici rimanendo in vita, risorgendo nuovamente e per sempre. Scriveva Gabriele D’Annunzio:

Chiaro leggero è l’arbore nell’aria.
E perché l’imo cor la sua bellezza
ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo
non sa l’ulivo.

Aveva ragione, dell’olivo ancora molto non sappiamo nonostante egli ci tocca il profondo del cuore, e il non sapere rende maggiormente affascinante questa specie arborea.

Chi desidera saperne di più sull’Olivo, su come curarlo, su come invitarlo a crescere e a produrre ci può raggiungere. Chi inizierà il proprio iter con la nostra Scuola (Scuola Potatura Olivo “Giorgio Pannelli” srl – impresa sociale) partirà da conoscenze di base che mireranno inizialmente a non fare sbagli. Ci focalizzeremo in seguito sulla pratica in campo dando anche a chi prosegue uno sbocco lavorativo in un settore dove la carenza è tanta. Il progetto della Scuola oltre a divulgare cultura dell’Olivo è creare figure professionali colte. La Scuola negli ultimi anni è stata chiamata dai più importanti enti regionali, nazionali e ultimamente extra nazionali per far conoscere il suo metodo scientifico-pratico (13). La Scuola si avvale di certificazione ISO 9001:2015 per la erogazione di corsi di formazione e aggiornamento professionale. Nella Scuola si insegna a lavorare da terra rispettando la parte di interesse della legge 81/2008 per la tutela e la sicurezza del lavoratore. Potete seguire i nostri passi sul calendario del sito www.scuolapotaturaolivo.it e leggere ogni tanto qualche news sui social e sull’OlivoNews.

Il primo invito rivolto a chi vuol diventare Potatore certificato della Scuola o iniziare a curare i propri olivi è quello di iniziare e di finire di leggere (e di comprendere) un articolo nella sua interezza. Il secondo è quello di non andare più “a caso”, “per sentito dire”, “a cercare di capire cosa fare guardando le foto sui social”, di non andare più “in oliveto per fare legna” o “a cercare di crearsi con le branche un appoggio per la scala”. Il terzo (invito), il quarto e così via arriveranno da soli man mano che si procederà col metodo scientifico-pratico.
Solo così la morte culturale della scienza che contempla la cura dell’olivo risorgerà, come una gemma latente solleticata dai raggi del sole.

Bibliografia: 

1 cfr. prof. Pancrazio Zappelli, diresse la Cattedra ambulante di agricoltura di Perugia negli anni ’30 del ‘900. A seguire divenne ispettore provinciale dell’agricoltura direttamente dipendente dal Ministero.
2 Gli errori della Olivicoltura Laziale, Mario Marinucci, 1929, Roma, tipografia “Le massime”
3 Mario Marinucci era in questo periodo direttore della R. Scuola Agraria Media di Roma. Divenne in seguito professore straordinario all’Università di Perugia. Fu chiamato nel 1936 dall’allora preside prof. Carlo Fuschini il quale gli affidò l’insegnamento delle coltivazioni arboree. Nel 1939 vinse la cattedra assumendone la direzione fino al 1955 e rimanendo in ambiente universitario fino al 1960, anno in cui la cattedra fu affidata al prof. Nestore Jacoboni, maestro del direttore della Scuola Potatura Olivo, Giorgio Pannelli, già primo ricercatore e direttore incaricato del CRA-Oli di Spoleto (PG).
4 Oggi diremmo usciti dalle cesoie di “Edward mani di forbice” (titolo originale, Edward Scissorhands, regia di Tim Burton, 1990
5 … in quanti leggeranno questo articolo fino alla fine?
6 non è uno scherzo! basta digitare su youtube “potatura meccanica olivo” per rendersi conti degli oltraggi fatti ai poveri olivi. Per l’elicottero ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=Mfz1YrpMbBg
7 insisto volutamente nell’usare questo termine, non mio, ma dei proff. Roventini e Marinucci.
8 cit. Giorgio Pannelli
9 Ho introdotto questo termine (invitare un albero a) già da anni durante i miei corsi perché penso che la potatura scientifica non debba essere vista come un’operazione crudele ma risolutoria delle problematiche a venire. Invito è, per me, il lemma più confacente.
10 cfr “La selezione della specie”, On the origin of the species by means of natural selection, Charles Darwin, 1859
11 cfr. Alfredo Roventini
12 http://olgenome.crea.gov.it/
13 Fortemente voluto a due mani da Giorgio Pannelli e dal sottoscritto.

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Tags: in evidenza, potatura, Scuola Potatura Olivo Giorgio Pannelli

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