Dopo la Tunisia e la Turchia, anche il Portogallo punta a diventare il secondo produttore mondiale di olio di oliva dietro alla Spagna. Obiettivo ambizioso, ma su cui convergono gli operatori – oltre 200 professionisti e 30 esperti nazionali e internazionali – che si sono ritrovati nella cittadina di Porto Maior per discutere le principali sfide e opportunità che il settore dell’olio d’oliva portoghese si trova ad affrontare, con la regione dell’Alentejo protagonista, visto che qui insiste oltre il 50% della produzione olivicola, sostenuta dall’irrigazione della diga di Alqueva.

I temi principali della conferenza, come ha ricordato Mercacei, sono stati:
- le nuove sfide ambientali, sociali e di governance del settore;
- l’identità dell’olio d’oliva portoghese: marchio e origine;
- il percorso dell’olio d’oliva nell’alta gastronomia.
Partendo dal presupposto che “l’identità dell’olio d’oliva portoghese sia essenziale per il consolidamento e successo nel mercato globale”, sono state evidenziate le sfide che persistono e che devono essere affrontate, come la valorizzazione dell’olio d’oliva portoghese di alta qualità, la creazione e la rivitalizzazione di un marchio nazionale, la sostenibilità e l’adattamento alle nuove esigenze del mercato in un contesto caratterizzato da instabilità e incertezza.
Le nuove sfide
Pedro Santos, CEO di Consulai, la maggiore società di consulenza nei settori ogricolo e sviluppo rurale del Portogallo ha presentato gli ultimi dati sulla produzione mondiale e portoghese, evidenziando la significativa crescita registrata nell’ultima campagna e il ruolo strategico degli oliveti nella trasformazione e modernizzazione dell’agricoltura nazionale. Ha spiegato che il Portogallo ha registrato un aumento del 10% della produzione di olio d’oliva nel 2024, avvicinandosi alle 200.000 tonnellate, con esportazioni superiori a 1,5 miliardi di euro, senza aumentare la superficie coltivata. “Questo riflette chiaramente l’efficienza e la modernizzazione del settore, che potrebbero catapultare il Portogallo a diventare il secondo produttore europeo entro il 2030”, ha affermato.
Nonostante l’aumento della produzione globale, con particolare attenzione a Spagna (+66%) e Grecia (+36%), ha spiegato che i prezzi dell’olio d’oliva sono scesi ai livelli del 2021/22, il che potrebbe “minacciare i modelli di produzione tradizionali. Ciò richiede un nuovo equilibrio tra prezzo e apprezzamento del prodotto“.
Il relatore ha individuato quelle che, a suo avviso, sono le quattro principali sfide che il settore si trova ad affrontare oggi: la creazione di valore, che implica un maggiore impegno nella differenziazione e nel turismo dell’olio d’oliva; la competitività, con particolare attenzione alla sostenibilità e all’adeguamento agli standard europei; l’organizzazione del settore, con l’Associazione interprofessionale dell’olio di oliva (AIFO) come ente chiave nella promozione e nel finanziamento per investire nel marchio “Portogallo”; e l’adattamento, che include la risposta ai cambiamenti climatici, la digitalizzazione e l’attrazione dei giovani.
In conclusione, Santos ha anche affermato che la strategia “Acqua che unisce”, con un investimento fino a 9 miliardi di euro, potrebbe ampliare le superfici irrigate e apportare benefici diretti agli oliveti, rendendo essenziale la professionalizzazione del settore e la valorizzazione delle aree rurali.
Un’opportunità strategica
Nel dibattito che ne è seguito, tutti i relatori hanno convenuto che il Portogallo ha un’opportunità strategica per consolidare il suo olio d’oliva a livello internazionale e hanno sottolineato l’importanza di creare e promuovere il marchio “Portogallo” per l’olio d’oliva confezionato, in uno sforzo collettivo per differenziare e valorizzare il prodotto nazionale. Nel corso del dibattito, è emersa la necessità di investire nell’organizzazione del settore, nella formazione, nella sostenibilità, nella promozione e nell’internazionalizzazione dell’olio d’oliva portoghese.
Inoltre, l’esperienza spagnola, presentata durante il dibattito, ha rafforzato l’importanza di un’azione coordinata e strutturata per stimolare i mercati internazionali e incoraggiare il consumo interno. A loro avviso, questo esempio dimostra l’impatto positivo di un’associazione interprofessionale “solida e attiva”, un aspetto necessario anche in Portogallo. Secondo i relatori, il Portogallo sta attualmente attraversando un nuovo ciclo di crescita e trasformazione nel settore dell’olio d’oliva, trainato da sfide strategiche e nuove opportunità, in cui è fondamentale controllare la volatilità dei prezzi, senza perdere di vista l’obiettivo di valorizzare l’olio d’oliva portoghese e capitalizzare l’evidenza del valore che i consumatori attribuiscono a questo prodotto.
Nel corso del dibattito è stata sottolineata la notevole modernizzazione del settore portoghese negli ultimi anni, che ha portato “il 98% dell’olio d’oliva prodotto ad essere classificato come vergine o extra vergine e tre dei frantoi più all’avanguardia al mondo ad essere ubicati in Portogallo, segnali inequivocabili della qualità e dell’innovazione che caratterizzano il settore in Portogallo”.