Per un olio di qualità, l’olivo ha costi fisiologici altissimi: ecco quali

Con la raccolta precoce, il frutto dell'olivo esprime il massimo potenziale biochimico. Ma la pianta è sottoposta ad enormi stress che richiedono gestione attenta e interventi mirati di protezione
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La produzione di oli extra vergini ad alto valore sensoriale e nutraceutico si basa sempre più sulla raccolta precoce, spesso anticipata alle prime fasi dell’invaiatura. In questo momento, il frutto esprime il massimo potenziale biochimico, ma la pianta non ha ancora completato i processi fisiologici che facilitano il distacco e proteggono i tessuti. La ricerca della qualità, dunque, si intreccia con un inevitabile costo fisiologico per l’olivo, che deve affrontare traumi meccanici, stress metabolici e un aumento della vulnerabilità ai patogeni. Comprendere i meccanismi biochimici che governano la qualità dell’olio e la risposta della pianta è essenziale per gestire in modo sostenibile questa fase critica.

Biochimica della qualità

invaiatura

Durante l’invaiatura, il metabolismo secondario del frutto raggiunge il suo apice. I secoiridoidi glicosilati, tra cui l’oleuropeina, rappresentano il principale serbatoio fenolico dell’oliva. La loro concentrazione è massima nelle fasi precoci e diminuisce progressivamente con la maturazione. Questi composti sono responsabili delle note amare e piccanti dell’olio e svolgono un ruolo determinante nella stabilità ossidativa.

Parallelamente, la via della lipossigenasi (LOX) è particolarmente attiva nelle olive verdi e invaiate. L’enzima LOX catalizza l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi (principalmente acido linolenico e linoleico), generando idroperossidi che vengono successivamente trasformati da idroperossido-liasi (HPL) in aldeidi e alcoli C₆. Questi composti volatili sono responsabili dei sentori erbacei, vegetali e fruttati tipici degli oli di alta qualità. Con l’avanzare della maturazione, l’attività della LOX diminuisce e il profilo aromatico perde intensità.

I tocoferoli, in particolare l’αtocoferolo, raggiungono concentrazioni elevate nelle fasi precoci e contribuiscono alla protezione antiossidante dell’olio, interagendo sinergicamente con i fenoli per prevenire l’irrancidimento.

La formazione dell’oleocantale

raccolta oliveUn aspetto cruciale riguarda la formazione dell’oleocantale e dell’oleaceina, due dei principali composti bioattivi dell’olio extra vergine. Queste molecole non sono presenti nel frutto come tali, ma si formano prevalentemente durante la frangitura e la gramolazione. La rottura dei tessuti cellulari libera βglucosidasi che idrolizzano l’oleuropeina e il ligustroside, generando agliconi instabili. Questi agliconi subiscono successivamente riarrangiamenti chimici e ossidazioni enzimatiche (esterasi, ossidoreduttasi), dando origine a oleocantale e oleaceina.

La quantità finale di questi composti dipende da tre fattori principali: la concentrazione dei precursori nel frutto, l’integrità delle olive e la gestione tecnologica della molitura.

I danni meccanici alle drupe, attivando polifenolossidasi (PPO) e perossidasi (POD), accelerano l’ossidazione dei precursori fenolici e riducono la formazione di oleocantale. Questo spiega perché una raccolta troppo aggressiva o un trasporto non accurato possano compromettere la qualità nutraceutica dell’olio. Se la biochimica del frutto spiega perché si raccoglie presto, la fisiologia della pianta chiarisce perché questa scelta comporti un costo strutturale.

La resistenza al distacco

La raccolta precoce si scontra con un limite fisiologico, la resistenza al distacco. Nelle prime fasi dell’invaiatura, la zona di abscissione non è ancora differenziata e la suberina, polimero idrofobico che sigilla i tessuti e facilita il distacco del frutto, non è ancora presente. In assenza di questo “sigillo naturale”, l’impiego di abbacchiatori richiede un’energia meccanica maggiore, con conseguenti lacerazioni della corteccia, rottura di branchette e perdita di gemme a fiore. Questi traumi non solo compromettono la produzione dell’anno successivo, ma rappresentano anche punti di ingresso privilegiati per i patogeni. Da considerare, però, che la sensibilità ai traumi e la velocità di cicatrizzazione variano molto tra cultivar.

Patogeni epifitici e clima

La superficie dell’olivo ospita costantemente microrganismi epifitici, tra cui batteri e funghi. In condizioni normali, la corteccia integra rappresenta una barriera efficace. Tuttavia, le ferite meccaniche create durante la raccolta precoce diventano porte d’ingresso ideali, soprattutto in presenza di condizioni climatiche tiepido-umide.

Pseudomonas savastanoi, agente della rogna dell’olivo, penetra rapidamente nelle ferite fresche, soprattutto in presenza di pioggia o nebbia. La sua capacità di muoversi attivamente nell’acqua rende particolarmente rischiosa la raccolta in condizioni di elevata umidità.

Allo stesso modo, funghi come Spilocaea oleaginea e vari agenti dei marciumi trovano nelle lacerazioni della corteccia un ambiente favorevole per l’insediamento.

Il costo energetico della riparazione

La riparazione dei tessuti danneggiati richiede un notevole investimento energetico. La callogenesi, ovvero la formazione di nuovo tessuto cicatriziale, utilizza zuccheri, amido e composti azotati accumulati nei mesi precedenti. Questo processo avviene in un momento critico per l’induzione fiorale, che richiede un equilibrio ormonale preciso.
Lo stress meccanico e fisiologico aumenta la concentrazione di acido abscissico (ABA), l’ormone dello stress, e riduce quella delle gibberelline, fondamentali per la differenziazione delle gemme a fiore. Ne deriva un rischio concreto di alternanza produttiva, con riduzione significativa della produzione nell’anno successivo.
Strategie di mitigazione

Per proteggere l’oliveto dopo la raccolta precoce, la tempestività del trattamento è fondamentale. La scelta del rame dipende dalle condizioni climatiche. In presenza di giornate secche e stabili, l’idrossido di rame è la formulazione più efficace, poiché libera rapidamente ioni rame attivi che disinfettano le ferite fresche. In condizioni di elevata umidità, nebbia o piogge imminenti, è preferibile utilizzare ossicloruro di rame o poltiglia bordolese, formulazioni meno solubili che aderiscono meglio ai tessuti e garantiscono una protezione più duratura.
Per favorire la cicatrizzazione e sostenere il recupero energetico della pianta, molti tecnici associano al rame l’impiego di amminoacidi vegetali o idrolizzati proteici, che forniscono alla pianta i mattoni necessari per la chiusura delle micro-ferite.
In alcuni casi, l’aggiunta di zolfo bagnabile contribuisce ad asciugare le superfici lesionate e potenzia l’azione contro alcuni funghi epifitici.

Un’attenzione particolare va riservata alla rogna: Pseudomonas savastanoi può penetrare nelle ferite in meno di sei ore in presenza di acqua libera. In queste condizioni critiche, la rapidità del trattamento è più importante della formulazione scelta.

Conclusioni

La raccolta precoce rappresenta una straordinaria opportunità per ottenere oli di eccellenza, ma impone alla pianta un costo fisiologico significativo.

Solo una gestione agronomica consapevole, basata sulla comprensione dei meccanismi biochimici del frutto e delle risposte fisiologiche dell’olivo, può garantire la sostenibilità produttiva nel lungo periodo. Una raccolta tecnicamente attenta, seguita da interventi mirati di protezione e supporto, è la condizione necessaria per coniugare qualità dell’olio e salute dell’oliveto.

È importante ricordare che la ricerca della massima qualità sensoriale comporta inevitabilmente un aumento degli interventi necessari per mantenere la salute dell’oliveto.

Una pianta sottoposta a stress meccanici e fisiologici richiede più trattamenti, più energia metabolica e, talvolta, un maggior impiego di prodotti fitosanitari e fertilizzanti di soccorso. Questo significa costi più elevati per l’azienda e un potenziale incremento dell’impatto ambientale, soprattutto se la gestione non è pianificata in modo integrato e preventivo.

La qualità dell’olio, dunque, non può essere disgiunta dalla qualità della gestione agronomica e dalla sostenibilità complessiva del sistema. L’olivicoltura del futuro non sarà solo una questione di qualità dell’olio, ma di qualità della cura verso la pianta.

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

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Tags: in evidenza, olio di oliva, oliveto, olivo

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