Acetamiprid e olio d’oliva: ecco le nuove norme sulla tossicità

L'insetticida più utilizzato contro i parassiti dell'olivo (a cominciare dalla mosca), base dei due formulati autorizzati - Epik SL e Kestrel - è stato oggetto di una revisione normativa che include un altro elemento nella valutazione del rischio.
AIPO
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L’Acetamiprid è un insetticida, da alcuni anni è impiegato nella difesa dell’olivo contro fitofagi, come la mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), la tignola (Prays oleae), la sputacchina (Philaenus spumarius) e la cecidomia fogliare (Dasineura oleae).

Nel panorama italiano sull’olivo sono autorizzati due formulati a base di Acetamiprid, l’Epik SL e il Kestrel. È consentito un massimo di due trattamenti annui, con possibilità di alternanza tra i due prodotti, per una dose massima di 1,5 L/ha nel primo caso e 0,5 L/ha nel secondo.

Dal 19 luglio 2025, l’Acetamiprid è oggetto di una revisione normativa e tossicologica.

Il Regolamento (UE) 2025/158 ha abbassato il Limite Massimo di Residuo (LMR) per le olive da tavola da 3,0 a 0,9 mg/kg, mentre ha confermato il valore di 3,0 mg/kg per le olive destinate alla produzione di olio.

La novità di questo Regolamento è l’inclusione, nella definizione di residuo, anche del metabolita dell’Acetamiprid IM-2-1, infatti, il considerando (3) del Regolamento recita: “L’Autorità ha incluso il metabolita IM-2-1 nella definizione del residuo per la valutazione dei rischi dell’Acetamiprid nelle colture frutticole e di ortaggi a foglie.”

Il metabolita IM-2-1

Non si valuta più soltanto il principio attivo Acetamiprid, ma anche i prodotti della sua trasformazione, che possono originarsi per effetto di processi biologici, come il metabolismo della pianta d’olivo, o ambientali, come l’esposizione alla luce e alle variazioni climatiche.

Una delle principali cause della trasformazione dell’Acetamiprid è la degradazione ossidativa, un processo in cui la molecola reagisce con l’ossigeno presente sia nell’ambiente (aria, acqua superficiale) sia nei tessuti vegetali dell’olivo, dando origine al metabolita IM-2-1.

Pur derivando dall’Acetamiprid, IM-2-1 possiede proprietà chimiche e tossicologiche differenti; è più persistente nell’ambiente e mostra una maggiore lipofilia, cioè una tendenza a legarsi ai grassi.
Questo comportamento ne facilita l’accumulo nei tessuti vegetali ricchi di lipidi, come le olive, con conseguente trasferimento nell’olio d’oliva.

Altro elemento critico per IM-2-1 è il suo potenziale bioaccumulo, ossia la capacità di accumularsi progressivamente nei tessuti adiposi degli organismi viventi. In questo modo, assunzioni ripetute di IM-2-1, anche a dosi molto basse, possono portare, nel tempo, a concentrazioni interne più elevate.

Il rischio associato a questo fenomeno è lo sviluppo di tossicità subcronica, cioè di danni agli organi esposti nel medio termine. Studi tossicologici hanno evidenziato che accumuli del metabolita IM-2-1 possono causare alterazioni del sistema nervoso e del fegato.

La formazione del metabolita IM-2-1 non è casuale, ma neppure costante: si tratta di un processo probabile, influenzato da fattori ambientali (luce, ossigeno, clima) e biologici (metabolismo della pianta). La sua comparsa dipende anche dal tempo trascorso dopo il trattamento, dalle condizioni climatiche e dallo stato fisiologico dell’olivo.

Una volta formato, IM-2-1 non è stabile nel tempo, può degradarsi attraverso meccanismi biologici (metabolismo vegetale e attività microbica) e ambientali (fotolisi, idrolisi, ossidazione).
In condizioni favorevoli, si trasforma in composti semplici come anidride carbonica, acqua e metaboliti secondari idrosolubili a basso impatto tossicologico, se sfavorevoli, invece, scarsa luce o ridotta attività microbica, può persistere più a lungo.

Questo spiega perché le autorità europee hanno rivisto i limiti di sicurezza associati all’uso dell’Acetamiprid.

Comportamento chimico e trasferimento nell’olio

Dal punto di vista chimico, l’Acetamiprid non mostra una spiccata tendenza a legarsi ai grassi. Il suo valore di log Kow, che esprime la propensione di una sostanza a dissolversi nei lipidi rispetto all’acqua, è di circa 0,8, collocandolo tra le sostanze moderatamente idrofile, più solubile in acqua che in matrici lipidiche come l’olio d’oliva.

Si può ipotizzare, pertanto, che la maggior parte dell’Acetamiprid venga trascinata via con le acque di vegetazione durante le fasi di frangitura e separazione a decanter, riducendo significativamente la sua presenza nell’olio. Si riporta una tabella che fornisce un’idea generale, i valori sono approssimativi a scopo dimostrativo:


In sintesi, il valore di log Kow conferma che l’Acetamiprid tende a non accumularsi nei tessuti grassi né a migrare facilmente in matrici lipidiche come l’olio d’oliva. Il suo metabolita IM-2-1, però, mostra una maggiore capacità di unirsi ai lipidi, pertanto, può trasferirsi più facilmente nell’olio.
Anche se non si dispone di un valore preciso di log Kow, è ipotizzabile che IM-2-1 si collochi in una fascia superiore a quella dell’Acetamiprid, probabilmente superiore a 1 ma inferiore a 3.

Conclusioni

L’Acetamiprid conserva un ruolo nella difesa fitosanitaria dell’olivo, ma è ora inserito in un quadro normativo e tossicologico più restrittivo. L’inclusione del metabolita IM-2-1 nella valutazione del rischio impone maggiore cautela e richiede ulteriori ricerche. Da considerare che, in condizioni di corretto impiego e nel rispetto delle buone pratiche agricole, i residui nell’olio extra vergine risultano generalmente molto bassi.

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

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Tags: Acetamiprid, in evidenza, insetticida olivo, Mosca dell'olivo, olio di oliva, olivicoltura

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