“Il messaggio del presidente Stefano Caroli è stato estremamente chiaro. Ma dal momento che nel dibattito che si è aperto alla vigilia della raccolta delle olive, qualcuno potrebbe avere frainteso, è opportuno ribadirlo: quando parliamo di acquisto di olive a 90 euro al quintale, ci riferiamo al meglio della produzione: varietà di elevato valore come la Coratina, drupe perfettamente sane, una resa di 14/15 chili”.
Il vicepresidente dell’Associazione Frantoiani di Puglia, Sabino Angeloro (nella foto), vuole mettere i puntini sulle “i” in una campagna che nella regione si preannuncia buona, così come in tutto il sud Italia che copre oltre l’80% della produzione nazionale.
Angeloro, perché ritiene importante precisare questo aspetto?
“Perché dobbiamo partire da un dato di fatto: ci troviamo in una situazione completamente nuova, con prezzi a scaffale che hanno raggiunto livelli mai visti. E questo ha subito portato ad una forte contrazione dei consumi. Ci piaccia o meno, è il consumatore finale che poi alla fine decide se comprare l’olio di oliva o indirizzarsi ad altri prodotti. L’intera filiera, e dunque tutti gli anelli che la compongono, dagli olivicoltori ai frantoiani per finire all’industria olearia, non può cambiare le regole del mercato. Il mercato reale ci indica che il consumatore è disposto a pagare l’olio di oliva fino ad un determinato prezzo. Oltre non va. E questo dobbiamo ricordarlo tutti”.
Dunque?
“Dunque, quando sento parlare di oltre 100 euro al quintale al prezzo di olive – aggiunge Angeloro – per poi avere una resa sotto il 10% ed un prezzo che già in uscita dal frantoio, comprensivo dei costi, di molitura arriva a 15 euro, sappiamo fin da ora che non troverà nessun appeal da parte del consumatore. Già vediamo ora che le borse merci registrano un calo dei prezzi scesi da 9.50 agli 8.50 euro al chilo di olio proprio per assenza di compratori”.
Insomma. Gli olivicoltori si sono creati false aspettative?
“Ognuno deve fare i conti in casa propria come è giusto che sia. Per me che rappresento i frantoiani dico che già anticipare i soldi per pagare le olive è difficoltoso perché le aziende non hanno a disposizione liquidità, secondariamente se non riesco a produrre un olio che mi rientra dentro i 7 euro chilo faccio fatica a trovare una sua collocazione sul mercato. In un caso o nell’altro il frantoio rischia di chiudere”.
Cosa si sente di proporre?
“Condivido il pensiero di Caroli e dico che i 90 euro i frantoiani sono disposti a pagarli con una resa di 14/15 chili che mi fa stare dentro i 7 euro. Ma se le olive sono danneggiate o se la resa è minore, le pretese degli olivicoltori non possono arrivare a quelle cifre”.
Non tema una frattura tra olivicoltori e frantoiani che sono oggettivamente gli ultimi due anelli della filiera e gli ultimi anche nella catena del valore?
“Sono realista, qua c’è produzione, tra una decina di giorni si entrerà nel vivo della campagna. Poi saranno le contrattazioni tra le parti a determinare il prezzo. Ma non credo che si possa superare di molto quello dello scorso anno, tra i 70 ed 80 euro al quintale ma con rese intorno ai 12 chili. E mi sento di aggiungere due considerazioni finali”.
Quali?
“La prima. La grande distribuzione come intende comportarsi? Vuole cominciare ad aprire un dialogo nella filiera o pretende di continuare a fare la voce grossa strozzando i produttori? Serve un condiviso senso di responsabilità, perché continuando di questo passo è l’intero comparto olivicolo-oleario che rischia di scomparire”.
E la seconda?
“Bisogna guardare il mercato globale dove la Spagna ha corretto al rialzo le proprie stime sulla nuova produzione che non è più di 600/700 mila tonnellate, ma si aggira intorno al milione di tonnellate. E, tenuto conto che la Spagna non ha alcun interesse a tenere i prezzi alti o comunque uguali a quelli italiani, c’è il rischio che poi il consumatore, davanti allo scaffale, si indirizzi proprio verso l’olio di origine iberica”.