L’argomento che tratterò – e cioè la lavorazione delle olive con le macine in pietra – è un po’ delicato, e pertanto faccio alcune premesse: il mio obiettivo è evidenziare come il progresso nella tecnica di frangitura si sia evoluto, permettendo di abbandonare strumenti che 100 anni fa erano di uso comune; esprimo ovviamente un mio pensiero personale e non è mia intenzione convincere chi usa le macine in pietra a cambiare sistema.
Nell’immaginario del consumatore questo sistema per produrre l’olio è detto a “ciclo discontinuo”, a “pressione” o “tradizionale”. È costituito da due o più macine in granito, di forma cilindrica, dette molazze, che sono poste a diversa distanza dall’asse centrale e, ruotando in tondo su un basamento circolare in pietra e pareti di metallo, producono lo schiacciamento delle olive formando una polpa; appositi raschiatori rimuovono la pasta dalle macine e dalla vasca e pale mescolatrici la riportano sotto lo scalzo delle molazze.
Una volta che la polpa si è formata può rimanere nella vasca o essere spostata in una gramola per completare la fase di coalescenza delle gocce d’olio: questo dipende dall’impostazione del frantoio. Successivamente la pasta è stesa su dischi in polipropilene a trama intrecciata forati al centro, detti fiscoli. Si impilano uno sopra l’altro avendo cura di alternarli ogni 4 o 5 con un disco metallico. La torre così composta s’infila sotto una pressa che la comprime, facendo uscire dalla polpa un mosto composto da olio e acqua che è successivamente travasato in una centrifuga per la separazione: da una parte uscirà olio e dall’altra l’acqua di vegetazione. La polpa rimasta – detta sansa –-è poi rimossa dai fiscoli, che sono lavati e subito riutilizzati per una nuova spremitura.
Cerchiamo di comprendere il perché questo tipo di lavorazione è andato in disuso, analizzandone sommariamente i pregi (pochi) e i difetti (molti).
Aspetti positivi
- La frangitura delle olive avviene senza troppe sollecitazioni meccaniche, riducendo notevolmente la formazione di emulsione acqua/olio.
- Con la pietra non c’è il rischio d’inquinamento da metalli;
- Il rumore prodotto durante tutto il ciclo di lavorazione è molto ridotto;
- La pasta – nocciolo compreso – può essere franta nelle dimensioni volute, allungando o diminuendo i tempi di lavorazione.
- La rottura dei vacuoli delle drupe è molto profonda essendo prolungata; le gocce di olio che si formano sono più grandi rispetto a quelle di un frangitore meccanico e tempi lunghi di lavorazione possono sostituire il passaggio in gramola.
- La lavorazione a bassa velocità non provoca significativi aumenti di temperatura.
- Il processo evoca tempi passati ed offre la possibilità di vedere la trasformazione oliva/olio in ogni singolo passaggio: un aspetto di marketing emozionale unico.
Aspetti negativi
Innanzitutto sono macchinari ingombranti che necessitano di ampi spazi per poterli usare, inoltre deve essere previsto uno spazio ampio dove lavare dopo ogni estrazione i fiscoli e un area refrigerata ove conservarli in caso di non utilizzo. La lavorazione è lenta e discontinua, con ridotte capacità di carico. Ma questi sono aspetti che tutto sommato non incidono direttamente sull’olio. I veri punti critici sono altri.
- Molti frantoti non prevedono lavatrici/defogliatici, perché eventuali materiali estranei non pregiudicano i macchinari e perché le foglie spesso rimangono integre nella pasta che rimane nei fiscoli.
- In fase di macinatura non è possibile controllare in alcun modo la temperatura del processo: se le olive sono calde non possono essere raffreddate con il rischio di fermentazioni e se sono troppo fredde non possono essere scaldate, con il rischio che i processi enzimatici di formazione dei profumi non si attivino.
- Il tempo di permanenza nelle macine è solitamente lungo e non vi è nessuna protezione dal contatto con l’ossigeno, che innesca processi di ossidazione ancor prima dell’estrazione, facilitati dal continuo rimestamento della pasta che favorisce l’inglobamento di aria al suo interno.
- Se le olive sono asciutte, la pasta tende a disporsi sulle pareti della vasca con spaccature dovute alla secchezza e quindi si deve aggiungere acqua per staccarla.
- È impossibile lavare correttamente e in profondità le mole e il piatto a ogni frangitura: questo comporta residui sulle porosità della pietra che si ossidano e fermentano, contaminando le successive lavorazioni – e se il cliente prima di me aveva olive difettate (mosca, per esempio) il residuo della sua lavorazione contaminerà sicuramente le mie olive.
- La posa della pasta sui fiscoli – anche se fatta con apposito stratificatore – avviene anch’essa senza alcuna possibilità di controllo della temperatura e dell’ossigeno.
- I fiscoli devono essere accuratamente lavati a ogni utilizzo: ricordo che i fiscoli per il materiale con cui sono fatti sono e devono rimanere bianchi. Se si usano fiscoli che sono scuri è unicamente perché sono sporchi ed esausti ed il loro uso contamina la pasta di olive.
- I dischi, il palo, le presse devono essere sempre puliti, privi di ruggine e perfettamente verniciati, altrimenti l’olio si contamina.
- L’estrazione dell’olio avviene attraverso la pressione: la pasta non può essere troppo liquida altrimenti la sansa esce insieme all’olio e all’ acqua.
- A mano a mano che la pressa comprime la torre, la pasta è sottoposta a pressione sgocciolando dai bordi dei dischi metallici e dalla parte interna attraverso i fori del tubo centrale, raccogliendo il liquido nella vasca posta infondo alla torre: tutto questo avviene senza alcuna possibilità di controllo della temperatura, dell’ossigenazione e della composizione del liquido.
- Più si comprime e più la pressione aumenta, poiché la resistenza alla compressione diventa sempre maggiore e l’olio che esce è sempre meno: si possono raggiungere anche 400 atmosfere di pressione. E a differenza di quello che si crede, più la pressione incrementa e più la lavorazione è accelerata e più la temperatura dell’emulsione olio/acqua aumenta in modo lineare superando con facilità i 40 gradi.
- Non ultimo tutte le lavorazioni avvengono a cielo aperto e quindi eventuali contaminanti nell’aria, odori, polvere, sporco, residui… sono liberi di entrare in contatto con la polpa e fissarsi nel vostro olio.