Spesso ho la fortuna di parlare di extravergine a pizzaioli provenienti da tutta Europa. Sono fortunato perché i pizzaioli che incontro comprendono perfettamente che il lievito è importante come lo sono il pomodoro e l’extravergine in quanto una “buona” pizza può essere fatta solo se tutti gli ingredienti sono “buoni”.
E spesso ragioniamo insieme sul come dare maggior valore all’extravergine.
Iniziamo dal menu. “Margherita: mozzarella, pomodoro, basilico, olio”. Fermo restando l’obbligo di indicare gli ingredienti, sappiamo più o meno tutti cos’è una Margherita: anche e soprattutto gli stranieri. Perché non stimolare l’attenzione del cliente descrivendo il sapore dell’extravergine, la sua consistenza, la sua provenienza? “Margherita: mozzarella, pomodoro, basilico, olio extravergine monocultivar Frantoio, che profuma di erbe di campo e ha il sapore del carciofo”. In fondo al menu si riporta il nome del produttore e la provenienza. Una volta pronta e portata al tavolo il cameriere davanti al cliente versa l’olio dalla bottiglia direttamente sulla pizza bollente che immediatamente fa esplodere i profumi decritti nel menù, stupendo i commensali.
Il cliente legge il menu, vede la bottiglia, rimane impressionato dal profumo e quando arriva alla cassa per pagare se trova la stessa bottiglia di olio in confezione più piccola e venduta a un prezzo importante la acquista, perché a casa vuole provare a ricreare la stessa emozione vissuta in pizzeria. E il prezzo deve essere importante perché in questo modo si fa capire al cliente il “valore” messo sulla pizza e se ne giustifica in pieno il costo, qualora ce ne fosse bisogno.
E quando tornerà – perché tornerà certamente – cercherà sicuramente altri abbinamenti con altri oli o con il cibo.
Nel menù antipasti, invece di “Caprese: mozzarella di bufala, pomodori freschi e basilico” perché non si osa un po’ di più scrivendo magari “Caprese di extravergine: mozzarella di bufala con monocultivar Tonda Iblea, che ha il profumo delle foglie di pomodoro, della maggiorana, delle erbe aromatiche”? Quando arriva la mozzarella a fette, il cameriere versa l’olio… E alla cassa un’altra bottiglia è venduta. Perché il figurone di offrire agli amici una caprese senza pomodori non è cosa di poco conto!
Qualcuno sicuramente si starà chiedendo: quanto costa tutto ciò? Ipotizzando un extravergine che costi al ristoratore € 18,00 al litro (per dare un numero): sulla pizza si versano dai 6 agli 8 grammi e sulla caprese dai 10 ai 14 grammi di olio. Fatti due conti sulla pizza ci saranno dagli 11 ai 14 centesimi (centesimi!) di euro e sulla caprese dai 18 ai 25 centesimi.
Quando il cliente entra nel ristorante e si accomoda, riceve immediatamente il primo impulso dal menu, che lo stimola in tre modi differenti: innanzitutto la descrizione di un sapore, cosa del tutto inusuale in un menù da pizzeria.
Il secondo stimolo è dato dalla provenienza dell’olio, che offre un’identità precisa, che descrive un luogo ne richiama alla mente le nostre percezioni positive, qualunque esse siano. Il terzo e non meno importante è il riuscire a far percepire all’avventore che in quella pizzeria l’extravergine non è un semplice grasso, un semplice e anonimo condimento, ma un “prodotto consistente”, che vive di luce propria, fondamentale per il piatto e che se non ci fosse lui non ci sarebbe nemmeno la pizza a cui è legato.
Pertanto, il menù diventa davvero un pungolo molto intenso per i sensi del cliente, il quale nel porsi inconsapevolmente alcune domande su quello che legge, attiva una serie di stimoli che, nonostante si trovi davanti alla scelta di un prodotto conosciuto e confortevole quale è la pizza, non riescono a fargli prefigurare il prodotto finito, lasciandolo in una condizione di piacevole sorpresa.
Il momento più delicato e importante per l’organizzazione della sala e del servizio è sicuramente quello gestuale/passionale del cameriere che versa l’extravergine. Dopo aver appoggiato il piatto prende la bottiglia dell’extravergine abbinato, la apre con delicatezza e con un gesto rapido e sicuro ne versa la giusta quantità sulla pizza, avendo cura di interagire con la parte più calda di essa. Una volta versato deve essere immediatamente richiuso davanti al cliente, per far capire l’importanza del gesto appena compiuto.
A questo punto tocca ai sensi del cliente che, stimolati intensamente dapprima dai profumi dell’olio che il calore della pizza esalta e poi dall’amaro/piccante percepiti in bocca a cui si sommeranno le sensazioni retronasali, daranno un’eccitazione inaspettata che fisserà nella mente un modo insolito di approcciarsi alla pizza.
Buona pizza a tutti!
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