Qual è lo stato di salute dei frantoi italiani? La domanda è pertinente in vista dell’emanazione a fine mese, da parte di ciascuna Regione, del bando per l’ammodernamento dei frantoi. Una veloce panoramica con le varie associazioni di riferimento delinea un quadro con luci ed ombre.
Intanto, ecco i numeri: su circa 4.700/4.800 frantoi attivi oggi in Italia, un migliaio di impianti sono ancora quelli cosiddetti tradizionali, vale a dire con molazze e presse idrauliche; circa 1500, pur essendo a ciclo continuo, hanno una tecnologia di oltre 20 anni fa. Dei restanti 2300 circa, appena 500 sono stati realizzati negli ultimi 5 anni.
Per oltre la metà dei frantoi, dunque, siamo in presenza di una obsolescenza tecnica che si traduce in un prodotto finale che non potrà mai raggiungere i parametri organolettici e qualitativi di chi ha innovato recentemente il proprio parco macchine.
Alcuni sintetici esempi. Una moderna frangitura oggi è insonorizzata, a velocità controllata (sulla base della varietà delle olive o sul loro grado di maturazione) e soprattutto con un controllo della temperatura che esalta i flavours. Le gramole di ultima generazione, che lavorano tutte in assenza di ossigeno, hanno aumentato la flessibilità operativa e l’efficienza energetica. I decanter sono stati calibrati in funzione della durata della campagna olearia: si è passati dai 60/90 giorni di un tempo, ai circa 40 giorni di oggi e dunque è stata aumentata la capacità lavorativa dagli iniziali 600/800 a 5.600 kg/ora. I nuovi separatori assicurano una cattura nettamente maggiore del solido sospeso nell’olio.

In questo scenario, come detto, si inseriscono i nuovi bandi regionali per l’ammodernamento dei frantoi. Con quali aspettative?

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