Da un lettore che chiede di rimanere anonimo riceviamo e pubblichiamo:
Con Decreto ministeriale (del 18 settembre 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 settembre), il Ministero dell’Agricoltura impone a partire dal 1° luglio 2025 l’obbligo per i commercianti di olive di registrare sul SIAN e consegnare le partite ai frantoi entro sei ore dall’acquisizione da parte degli olivicoltori. La misura si inserisce nell’attuazione dell’art. 9 della Legge 206/2023 sul Made in Italy, con l’obiettivo dichiarato di aumentare trasparenza, rintracciabilità e qualità nella filiera dell’olio di oliva vergine.
Le perplessità
Il provvedimento, però, solleva perplessità e critiche dal mondo della logistica e del commercio agricolo. Secondo diversi operatori, le restrizioni temporali risultano eccessivamente rigide e inapplicabili in contesti interregionali.
Basti pensare a una compravendita tra Puglia o Calabria e Liguria, ma pure semplicemente nel Lazio, dove i tempi di viaggio superano facilmente le sei ore, anche senza considerare le soste obbligatorie per gli autisti professionisti imposte dal codice della strada e dalla normativa europea.
La norma, poi, non distingue tra piccoli commerci locali e operatori interregionali, penalizzando i secondi.
I frantoi non sono soggetti agli stessi obblighi se acquistano direttamente olive e poi le rivendono. Questo apre la strada a una possibile concorrenza sleale, con i commercianti costretti ad operare in condizioni meno favorevoli.
Le sanzioni
Il principio del libero mercato, tutelato sia dalla normativa italiana che da quella comunitaria, potrebbe risultare indebitamente limitato da un vincolo temporale così rigido.
Sebbene il decreto non espliciti direttamente le sanzioni, si rinvia alle disposizioni generali previste dal DM 10 novembre 2009 e successive modifiche (DM 23 dicembre 2013, DM 8 luglio 2015), che inquadrano gli obblighi di tenuta del registro telematico degli oli. In caso di violazione delle disposizioni sulla tracciabilità e registrazione possono scattare sanzioni amministrative pecuniarie e, in caso di false registrazioni o dichiarazioni, anche sanzioni penali. Il mancato aggiornamento dei registri nei tempi previsti può comportare sospensioni o limitazioni dell’attività commerciale.
Il decreto prevede che il commerciante registri l’orario di acquisizione (arrotondato all’ora successiva) e quello della cessione; annoti questi dati nel campo “Note” dei codici telematici previsti, rispetti il termine massimo di 6 ore per la consegna al frantoio e per la registrazione sul SIAN. Nel caso di partite miste (acquisti da più olivicoltori), il tempo decorre dall’orario della prima acquisizione.
A oggi, il decreto non impone un obbligo simmetrico ai frantoi che acquistano olive per rivenderle o lavorarle in differita. Questo elemento introduce una disparità strutturale che potrebbe favorire integrazioni verticali e penalizzare le figure intermedie, tradizionalmente fondamentali per l’equilibrio del mercato.
A mio parere, questa norma, se non accompagnata da un’adeguata flessibilità o da deroghe per distanze superiori a un certo limite, potrebbe causare una contrazione della rete dei commercianti di olive indipendenti; un aumento del potere contrattuale dei frantoi integrati; una difficoltà logistica e organizzativa per le imprese che operano su scala nazionale o internazionale.
Certamente queste disposizioni andrebbero riviste con l’introduzione di deroghe per le distanze superiori ai 100 o 200 km.
Se l’intento del decreto è legittimo, migliorare la tracciabilità e garantire la qualità, la sua applicazione pratica rischia di creare squilibri nel mercato delle olive, cioè nella fase agricola e commerciale che precede la trasformazione in olio. Senza modifiche o chiarimenti, il rischio è che il provvedimento crei più problemi che soluzioni, in un settore già fragile e strategico per l’economia agroalimentare italiana.