La potatura è un argomento “spinoso”, sempre al centro delle discussioni degli olivicoltori. Una semplice osservazione: nel mondo olivicolo, si nota che l’offerta didattica media della maggior parte dei corsi riguarda la potatura. Difficilmente si trova un corso che insegni i modi e i tempi di raccolta delle olive o di produzione e conservazione dell’olio.
Questo induce il coltivatore a pensare che nell’olivicoltura moderna la potatura sia l’aspetto più importante nell’intero processo di produzione dell’olio! Eppure se potessimo confrontare due piante identiche, ottenute per talea dalla stessa branca, messe a dimora nello stesso terreno, con la stessa esposizione, concimazione e irrigazione, di cui una sottoposta a corretta potatura annuale e una non sottoposta ad alcuna operazione di taglio, si potrebbe facilmente osservare che:
– l’olivo non potato ha una produzione di drupe uguale o superiore (e comunque non inferiore) a quello potato;
– la resa in olio è simile e solo in particolari annate è inferiore nella pianta non potata;
– l’alternanza di produzione rimane pressoché invariata;
– l’olivo non potato diventa più alto e folto, presentando un aspetto vegetativo più florido di quello potato;
– le spese di raccolta delle olive nella pianta non potata superano del doppio quelle per la pianta potata;
– le spese di potatura in genere hanno un’incidenza di costo inferiore rispetto alle spese di raccolta.
Ovviamente questa è una barbara semplificazione. La potatura in sostanza deprime la pianta, non incrementa la produttività di frutti né la resa in olio e non modifica l’alternanza produttiva. Questo vuol dire che l’incremento produttivo si ottiene in altro modo e cioè con la specializzazione della coltivazione, le lavorazioni del terreno, la lotta ai parassiti e alle malattie, la concimazione, la selezione dei frutti, l’eliminazione dell’alternanza e l’irrigazione (confronta: B. Alfei, G. Panelli, A. Ricci, Olivicoltura di qualità, Ediagricole Il sole 24 Ore, Bologna 2003, pp. 151-154)
Oltre a ciò si deve tenere in considerazione che la potatura è l’operazione più costosa nell’intero processo produttivo dopo la raccolta e pertanto deve essere razionalizzata e agevolata, tenendo ben presente che un errore di lavorazione può compromettere i frutti della pianta per diversi anni.
Perché allora tanta importanza alla potatura?
– A mio giudizio personale uno degli aspetti più importanti della potatura (insieme a quello di facilitare l’esecuzione delle operazioni di campo) è quello di uniformare e migliorare l’intercettazione della luce, evitare l’ombreggiamento reciproco delle foglie causato da chiome troppo vicine o folte, favorire l’arieggiamento che inibisce la formazione di umidità e quindi riduce l’incidenza dei parassiti e consente la penetrazione nella vegetazione degli eventuali trattamenti antiparassitari soprattutto se si usano atomizzatori. È bene ricordare che quando l’illuminazione della chioma scende sotto al 20-30% della massima irradiazione luminosa possibile i processi di fotosintesi, lo sviluppo dei germogli, la crescita e l’inolizione dei frutti si riducono proporzionalmente. Gli studi in campo sono concordi nell’affermare che in presenza di valori inferiori del 30% rispetto alla massima intensità luminosa disponibile l’induzione a fiore non avviene o è molto ridotta. E se le nuove foglie che si sviluppano nell’anno della potatura, non ricevono la massima insolazione per tutto il ciclo di sviluppo, oltre a subire una riduzione dell’attività fotosintetica non sono in grado di raggiungere una capacità fotosintetica pari a quelle cresciute in condizioni di buona illuminazione.
– La potatura è poi importante perché serve a costruire un corretto rapporto tra foglie e legno e tra attività vegetativa e produttiva, mantenendo quel l’equilibrio vegeto-produttivo che consente da un lato la crescita di nuovi rami negli spazi lasciati liberi e dall’altro lo sviluppo senza intralci dei rami già pronti per fare frutto.
– Consente la formazione di un’impalcatura solida per sostenere il peso dei frutti e dell’eventuale neve senza rischi di rotture delle branche: questo grazie alla possibilità di disporre i rami secondari in modo equilibrato lungo l’asse principale nel monocono o lungo le branche principali nel policonico, organizzandone la posizione nello spazio, ma anche e soprattutto la dimensione, da quelli più grandi e strutturati nella parte bassa fino ai più sottili nel settore più alto della chioma.
– Conserva il corretto rapporto tra superficie fogliare, estensione delle radici e volume complessivo della chioma, aspetto molto importante soprattutto nelle piante secolari dove la massa legnosa è spesso importante.
– Elimina porzioni malate o attaccate da parassiti evitando la morte della pianta.
– Favorisce il rispetto della forma di allevamento e dello scheletro della pianta, che sono funzionali al tipo di impianto e al metodo di raccolta: per esempio in caso di utilizzo di agevolatori si deve garantire una buona trasmissione delle vibrazioni. In casi di scuotitrici si deve invece predisporre la pianta ad un’azione meccanica sul tronco.
– Altro aspetto sostanziale della potatura, è quello di facilitare l’esecuzione delle operazioni colturali, in particolare la raccolta, riducendone notevolmente i costi: un conto è la raccolta delle olive da una pianta alta due/tre metri con una chioma aperta e ben diradata che può agevolmente essere svolta da terra con pettini manuali; un altro è raccogliere le olive da una pianta alta quindici metri con la chioma molto sviluppata e folta.
Ricordo che la potatura, dovrebbe essere fatta da terra con svettatoi o potatori o forbici o motoseghe installate su aste telescopiche. L’uso di questi accessori ha il vantaggio di garantire la sicurezza degli operatori che non devono salire su scale, scalette o peggio arrampicarsi sull’albero, ma anche e soprattutto ha un valore economico importante perché riesce a limitare l’intervento di potatura e pulizia entro un limite di 10 minuti a pianta (o meno: dipende delle dimensioni e della condizione dell’albero) e di conseguenza i costi di lavorazione in campo.
Ci sono poi due aspetti, quello emotivo e quello edonistico/estetico, che pur non avendo nessun legame con le pratiche colturali, né con la produzione, né con la qualità del prodotto, sono comunque condivisi dalla maggior parte degli olivicoltori e per questo non possono essere ignorati.
Il primo aspetto è quello emotivo, che innesca un normale rapporto di legame tra l’olivicoltore e la sua pianta, che con la potatura la domina e la cura.
Il secondo è invece di carattere estetico/edonistico, dove la bellezza dell’oliveto diventa sia oggetto di confronto tra gli olivicoltori che elemento caratterizzante del paesaggio. Cosa sarebbero le colline toscane senza oliveti o i laghi lombardi senza i terrazzamenti ricoperti di olive? E che dire delle secolari piante della Puglia o gli olivi Siciliani che fanno da sfondo ai templi? E potrei citare non so quanti esempi solo in Italia.
Ogni quanto si pota un olivo?
La tradizione impone che l’olivo vada potato tutti gli anni, perché ciò consente una gestione ordinata e puntuale della pianta, senza interventi troppo drastici: un lavoro che spesso si riduce a pochi tagli, che può essere svolto in 5-10 minuti per albero, a seconda della sua dimensione. Questa scelta temporale ovviamente dipende dalla propria organizzazione e dalla mano d’opera disponibile.
La potatura biennale è forse quella oggi più diffusa. Si interviene con forbici e seghe ogni due anni, obbligando ovviamente a un intervento un po’ più impegnativo, dovendo tenere conto dello sviluppo vegetativo di due stagioni di crescita, impegnando un po’ più di tempo (una decina di 10 minuti) e di risorse (rami più grossi e maggior scarto).
I costi in sé rispetto alla potatura annuale ovviamente sono più alti, ma vengono spalmati su due anni, rendendo questa pratica economica sotto tutti i punti di vista.
È possibile anche effettuare interventi di potatura ogni tre o quattro anni come nell’ottocento, ma deve essere una scelta ben ponderata e in accordo con le strategie aziendali, perché comporta dei rischi agronomici (oltreché disattendere i vincoli della Pac). La potatura poliennale prevede ovviamente interventi pesanti sulla pianta che accentuano l’alternanza di produzione.
Al primo anno ci sarà una bassa o nulla produzione, al secondo una produzione modesta/media e al terzo anno una abbondante produzione e così al quarto: se questo da una parte conferma che l’olivo non potato ha una produzione di drupe uguale o superiore a quello potato, dall’altra ci fa comprendere che se nel terzo anno avvengono fenomeni meteo-climatici avversi con impatto sulla pianta e quindi sulla sua produttività, l’intero ciclo di produzione pluriennale risulta economicamente compromesso.
Sfoglia gratuitamente L’OlivoNews cliccando qui.